Sindaco Roma: la crisi complica scelta candidati

Tanto centrosinistra che centrodestra in difficoltà nel trovare chi dovrà correre per il Campidoglio

Sia nel Pd che nello schieramento di centrodestra non si è ancora addivenuti alla scelta del candidato da schierare nella corsa per il Campidoglio. I motivi sono più di uno: il coronavirus che continua ad imperversare a Roma come in tutta Italia; la crisi politica a livello nazionale che è implosa con il ritiro dal governo della delegazione ministeriale di Italia Viva; e la possibilità che a giugno si torni alle urne per elezioni politiche anticipate.

A ciò si aggiunge la difficoltà nel trovare una personalità in grado di rappresentare non solo i partiti, ma anche la società civile,  e la consapevolezza che, se il virus non rallenterà la sua corsa, molto difficilmente le elezioni comunali si terranno prima dell’estate (il rinvio delle regionali per la Calabria è lì a dimostrare che il voto potrebbe essere posticipato).

Se le elezioni amministrative  slittassero a settembre-ottobre, ci sarebbero in effetti più mesi a disposizione per scegliere il candidato-sindaco e per stilare le liste per il Consiglio comunale capitolino.

Resta il fatto che in campo, al momento, ci sono solo Virginia Raggi, sindaca uscente, Carlo Calenda, leader di Azione, e Vittorio Sgarbi, critico d’arte e politico eclettico. Quello che è certo, e che nemmeno i candidati attualmente schierati possono essere certi di giocare fino in fondo la partita per il Campidoglio.

Tutto dipende se Cinquestelle e Partito Democratico riusciranno a trovare un accordo elettorale per correre insieme non solo a Roma, ma anche a Milano, Torino, Napoli, Bologna ed altri centri importanti della Penisola. La volontà di stringere alleanze è stata già manifestata sia dai pentastellati che dal segretario del Pd, Nicola Zingaretti. Tuttavia le autocandidature della Raggi a Roma e di Giuseppe Sala a Milano non facilitano l’eventuale accordo. La prima, infatti, è invisa al Pd, mentre il secondo al M5S.

Tanto convincere entrambi a fare un passo indietro che i rispettivi elettorati ad ingoiare il rospo di una candidatura indigesta sembra impossibile. Anche se in politica vale “mai dire mai”. A Roma, poi, c’è anche il problema Calenda. Il leader di Azione non sembra in alcun modo intenzionato a farsi da parte; tantomeno accetterebbe, qualora il Pd si dichiarasse disposto ad appoggiarlo, di allargare la maggioranza ai cinquestelle, che ricambiano la sua avversione.

Un bel “pantano”,  dunque che rischia di diventare molto più vischioso se si andrà ad elezioni politiche anticipate con Partito democratico e pentastellati che si dovessero presentare in ordine sparso.

Ma anche il centrodestra non naviga in acque migliori. Per il momento ha messo in atto una politica attendista, ovvero vedere quello che avviene alla sua sinistra,  prima di scegliere il nome del proprio candidato. Fermo restando che l’ultima parola dovrebbe comunque spettare a Fratelli d’Italia e quindi a Giorgia Meloni.

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