A Roma una targa ‘un sacco bella’ per i 100 anni di Mario Brega

Nel Municipio XI inaugurata da Gialtieri e Verdone nel palazzo dove abitò

Almeno due generazioni sanno recitare a memoria le sue battute e i suoi monologhi e da oggi, nel centenario della nascita, una targa lo ricorda lì nel quartiere Marconi di Roma dove ha vissuto per trent’anni.

La Capitale celebra così Mario Brega, l’indimenticabile caratterista che con oltre settanta film in carriera (era anche nella ‘trilogia del dollaro’ di Sergio Leone) è diventato cult con Carlo Verdone e i suoi successi degli anni ’80. Ed è stato l’attore e regista, accolto da un autentico bagno di folla entusiasta a via Oderisi da Gubbio 18, che insieme al sindaco Roberto Gualtieri ha scoperto la targa, sulle note di ‘L’ultima luna’ di Lucio Dalla, colonna sonora di ‘Borotalco’. Lì Brega interpretava il suocero manesco di Verdone, ma fu anche il padre ‘comunista così’ dell’hippy di ‘Un sacco bello’ e poi Er Principe, il camionista di ‘Bianco rosso e Verdone’, quello con la mano che ‘po’ esse fero e po’ esse piuma’. “Zio era così – l’ha ricordato la nipote Francesca – Viso burbero e occhi buoni, generoso. Era ‘Er Principe’ del popolo”.

“Era un uomo senza paura, un pazzo, portò se stesso sul set, non si capiva mai quanto recitasse – lo ha ricordato Verdone – Lo conobbi a casa di Leone, mi mancava l’attore per il padre dell’hippy. Entrò questo omone con la camicia aperta, una grande croce d’oro: ‘a Sergio, vengo dar mercato, t’ho portato i carciofi’ – l’ha imitato Verdone – Era perfetto. Se quei film hanno avuto tanto successo è grazie anche a lui e a Elena Fabrizi, gli ultimi grandi caratteristi di Roma, ne sono orgoglioso. Il cinema ha questo: rende immortali”. A lanciare l’idea di una targa per Brega è stato lo scrittore Dario Puntuale, vicino di casa al civico 18, che ha coinvolto il minisindaco dell’XI Municipio Gianluca Lanzi, oggi alla cerimonia con una maglietta col volto dell’attore. “Brega – ha detto il sindaco Gualtieri – ha saputo cogliere l’identità di Roma in modo apparentemente esagerato, ma sempre con un elemento di dolcezza. Tutti i romani hanno subito colto qualcosa che ci rappresentava, aveva colto qualcosa di noi. Un simbolo della Roma che non c’è più ma c’è sempre dentro di noi. Se ci saranno altre iniziative simili? Noi vogliamo una Roma consapevole delle sue radici e della sua storia – ha risposto – Non è una città anonima: noi vogliamo dare identità ai quartieri ricordandone la storia e in questo caso le personalità che li hanno vissuti”.

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