Festa del Cinema, il giorno di Stronger, Abracadabra e Phil Jackson

Presentato anche ad Alice nella Città e in anteprima mondiale di Mazinga Z Infinity. Anche Fiorello protagonista di un incontro ravvicinato

Jeff Bauman e Jake Gyllenhaal in posa per il bellissimo Stronger © by Vittorio Zunino Celotto/Getty Images)

Sabato la Festa del Cinema non si ferma, oggi è stato il giorno di Stronger, lo spagnolo Abracadabra e dei due incontri ravvicinati Phil Jackson e Fiorello. Se questo vi sembra poco, ad Alice nella Città è stato presentato in anteprima mondiale di Mazinga Z Infinity.

Partiamo proprio da Mazinga Z, il film ha portato a Roma il suo mitico creatore Gō Nagai:

“L’accoglienza in Italia di Mazinga Z e degli altri robot mi ha sempre sorpreso. L’avevo creato pensando ai bambini giapponesi non pensavo minimamente che avrei attraversato il mare e sia arrivato fino a qui, a tutt’oggi ne sono molto felice e vi ringrazio”.

Mazinga Z Infinity è ancora un film per bambini, ma anche per adulti:

“Sicuramente anche i protagonisti e quello principale sono diventati più grandi, sono cresciuti e a che fare con tematiche diverse. Rimangono comunque i temi del passato come la lotta contro il male”.

Una risposta che farà felici i moltissimi fan del maestro e del genere Gō Nagai non ha alcuna intenzione di andare in pensione:

“Ho sempre pensato al futuro, lo stile nuovo di Mazinga Z dà adito a nuove battaglie e ci saranno grandi sviluppi. Mi hanno chiesto se voglio creare qualcosa di simile agli Avengers, indubbiamente vorrei fare qualcosa del genere”.

Il ritorno del Dottor Inferno è legato all’incapacità di gestire la pace: “Siamo in una società diversa, più difficile e complessa, le diversità di opinioni può essere pericoloso”.

Pablo Berger torna al cinema dopo Blancanieves, rilettura della favola dei Grimm ambientata nel mondo delle corride, con Abracadabra un film che parla di rinascita e di una donna vittima della violenza del marito.

La bellissima Carmen (tutte le mie protagoniste si chiamano così) è interpretata da Maribel Verdú, uno dei volti più amati e “usati” del cinema spagnolo, già protagonista di Blancanieves.

Protagonista di Abracadabra, l’ipnosi: “È legato a qualcosa che mi è veramente successo anni fa, ero in una discoteca con un amico e c’era stato un uomo che ipnotizzava il pubblico, un amico decise di farlo e funzionò. Per me però è anche la funzione stessa del cinema”.

Ipnotico come molti dei suoi altri film, Abracadabra può contare su Maribel Verdú:

“Sono felicissima delle opportunità che mi ha dato Pablo, è da 35 anni che faccio questo mestiere e faccio sempre lo stesso ruolo. A Blancanieves mi ha fatto fare un personaggio cattivo, la matrigna, ed è stato bellissimo per me che sono specializzata nella guerra civile spagnola!”.

Scherza l’attrice perché spesso interpreta ruoli in film ambientati in quegli anni. Finalmente cambia pelle e lo fa per ben due volte sotto la guida di Pablo Berger:

Carmen è una tamarra, una donna di un quartiere periferico, ma è la rappresentante di moltissime Carmen del mondo. Pablo prometto che ti dirò di sì a tutti i film… anche senza leggere il copione”.

Juan Mota è l’ipnotizzatore nel film ha detto di sì al pluripremiato Berger perché:

Abracadabra è una favola deliziosa, è un racconto su una cosa orribile: il maltrattamento femminile. Mi ha dato l’opportunità di fare il Sancho Panza di Maribel Verdú”.

La donna protagonista è comune, potrebbe essere la vostra vicina di casa, Berger aveva le idee chiare:

“Mi ha detto, non voglio caricature. Carmen è tutto il contrario della matrigna di Blancanieves”.

A interpretare il marito violento, Antonio De La Torre, grande assente di oggi, protagonista de La vendetta di un uomo tranquillo.

Stronger era uno dei titoli più attesi della 12esima edizione della Festa del Cinema di Roma. Il film americano è stato prodotto e interpretato da Jake Gyllenhaal e ha portato a Roma il suo protagonista: Jeff Bauman, uno dei sopravvissuti all’attacco terroristico durante la Maratona di Boston nel 2013.

Jake Gyllenhaal ha raccontato perché ha voluto portare sullo schermo questa storia:

“Alcune storie servono perché impariamo qualcosa su di noi. Quando ho letto il libro di Jeff, a pagina 4 già ridevo a crepapelle ed ero sorpreso. Ci sono delle storie che ci insegnano a lottare e le decisioni ci ispirano e ho deciso che volevo esserne parte”.

Il primo incontro fra i due è ironicamente avvenuto in un ristorante italiano a Boston e scatta l’applauso che fa sorridere un distratto Jake Gyllenhaal che era intimorito da Jeff, considerato dal 2013 a oggi un simbolo di speranza ed eroe:

“Aveva più qualità di qualsiasi persona conosca e ho pensato: non ce la faccio. Gli ho stretto al mano e ho capito che è il ragazzo più dolce al mondo e siamo amici da allora”.

Gyllenhaal ha imparato qualcosa da Stronger:

“Ho imparato che i gesti più importanti che facciamo per qualcuno sono quelli più piccoli, come essere lì per la persona che amiamo”.

Jeff Bauman, accolto da applausi, è ritornato sul motivo per cui si trovava alla maratona di Boston: far vedere un cartellone d’incoraggiamento per riconquistare la sua ex Erin. La forza con la quale ha superato il momento drammatico della perdita di entrambe le gambe l’avevano fatto diventare un simbolo di forza e speranza.

“Non mi piace essere considerato un eroe, ci sono altri eroi nella vita, per esempio le persone che mi hanno salvato, chi si prende cura di me. Amo mia moglie e la mia bambina. Quella di Boston era la prima maratona che seguivo e sono triste che il mio splendido cartellone sia andato perso. Penso che non puoi dare le spalle all’amore… e sono solo un ragazzo normale”.

L’incidente l’ha reso un uomo migliore: un padre e un compagno perfetto per la sua amata Erin.

“Non bevo da sei mesi e vedo un terapista, voglio essere un padre eccezionale. Mi prendo cura di me, sono un papà… è pazzesco”.

Per Jake Gyllenhall, protagonista domani di un incontro ravvicinato, la chiave di tutto è la resilienza:

“Jeff ha lottato, ha provato molto dolore, ma era importante per noi mostrare come appartiene tutto a un lungo percorso legato alla resilienza e al trionfo dello spirito umano che però non possono avvenire senza il casino”.

Phil Jackson è un mito per tutti gli appassionati di basket: ha conquistato 11 titoli NBA sei con i Chicago Bulls di Michael Jordan e i restanti cinque con i Los Angeles Lakers di Kobe Bryant, giusto per dire due dei giocatori simbolo che ha guidato come coach.

Jackson, 203 cm, è qui però a parlare di cinema e lo fa mostrando alcune clip di film con tematica sportiva come Colpo secco e Colpo vincente, il film nominato a due Oscar dedicato a una piccola squadra dell’Indiana.

“Hoosiers, il titolo, è il termine che si usa per indicare un abitante del stato dell’Indiana. Ci sono vari tipo di campionati scolastici, bene in questo stato c’è solo la classe A. In questo film ci sono tutti gli studenti di una classe che prendono parte al campionato, in questo momento il coach sta preparando la squadra. Nello spogliatoio ci sono molti elementi in bilico. Ho usato la mindfulness, la consapevolezza di sé, eravamo in testa in una serie di play off, un assistente disse: basta pensare a schemi, punti di forza, sediamoci e riflettiamo e per cinque minuti l’abbiamo fatto qualcosa di molto simile avviene in questa scena”.

L’altra scena è ispirata al mondo dell’hockey, “uno sport molto fisico” e Jackson la rapporta alla sua guida dei Chicago Bulls, quando certe squadre iniziarono a diventare più fisiche:

“I Knicks comprarono una serie di giocatori molto fisici, dicevamo che giocassero un basket alla francese e il loro colpo migliore era ‘un’aggrappata al sedere’”.

Le scene non di film sportivi sono tratte, invece, da Le ali della libertà e da Pulp Fiction e sono legate alla lunghissima carriera di Jackson:

“Quando guidavo i Bulls ho iniziato a usare la tecnica del montaggio”, il coach di basket per eccellenza montava scene emblematiche di film mixate con musica di Talking Heads o A Dark Side of The Moon.

“Usavo Bond per parlare di fughe e azioni spettacolari, usavo anche scene de Il mago di Oz per far capire ai giocatori quali erano i veri valori che dovevano mostrare in campo: cuore, cervello e coraggio.

La clip di Pulp Fiction è emblematica:

“È realizzato come una serie di vignette e lo usavo spesso. Ma la battuta della scena l’ha pronunciato un coach Tex Winter, quando festeggiavamo l’ultima vittoria dei Bulls: adesso possiamo farci i p*****i a vicenda”.

Show di Fiorello, invece, durante il suo incontro. Il mattatore televisivo e radiofonico ha fatto sorridere e sganasciare dalle risate tutti i presenti, ha parlato dei film che vedeva da bambino e quelli che ha girato d’attore… e quando ha detto di no ad Harvey Wenstein.

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