La Diseducazione di Cameron Post, Desiree Akhavan presenta il suo film

Ispirato all’omonimo best seller, tratta delle centri di conversione dell’omosessualità. È stato presentato alla Festa del Cinema di Roma ed è distribuito da Teodora

La Diseducazione di Cameron Post arriva al cinema l'atteso film di Desiree Akhavan, la regista lo presenta

Arriva in sala La Diseducazione di Cameron Post, il film di Desiree Akhavan è ispirato all’omonimo romanzo di Emily M. Danforth ed è stato uno dei più belli visti all’ultima Festa del Cinema di Roma. La regista americana ha presentato il suo film alla stampa parlando di John Hughes, sessualità e sul perché è così importante fare un film del genere adesso.

Siamo nel Montana nel 1993, Cameron è una ragazza liceale del Montana, che viene scoperta in atteggiamenti intimi con un’altra ragazza nella sera del ballo di fine anno del suo liceo. La zia di Cameron decide di inviare la ragazza in una clinica per farsi curare l’omosessualità. A ispirare il film è stato il best seller di Emily M. Danforth, un libro che ha colpito la regista ancora prima che venisse pubblicato:

“Del romanzo mi ha colpito soprattutto come viene trattata l’adolescenza e come tratta la formazione sessuale della protagonista. Mi ha ricordato i film di John Hughes, soprattutto nel modo in cui Danforth ha approcciato una fase così complessa della vita”. 

Desiree Akhavan ha anche curato la sceneggiatura insieme alla produttrice e co-sceneggiatrice Cecilia Frugiuele:

“Ho curato l’adattamento con lei, abbiamo avuto parecchie difficoltà: all’inizio avevamo pensato di tradurre il libro in forma di sceneggiatura, ma dopo averlo fatto ci siamo rese conto che non era molto emotivo. Ci abbiamo messo un anno a capire come tradurre le emozioni sul grande schermo mantenendo l’integrità della storia, abbiamo fatto dei cambiamenti messi in atto per mantenere l’emozione del testo. Il libro è composto da 500 pagine, ci siamo concentrati solo sull’ultima parte che narra di Cameron a 17 anni e volevamo dare una voce differente a ognuno dei ragazzi di God’s Promise”. 

Al centro della storia un campo di conversione per giovani omosessuali:

“Abbiamo aggiunto anche dei dettagli sulla terapia di conversione degli omosessuali, sulla terapia e il linguaggio usato, ci siamo concentrati sul libro, ma ne abbiamo approfondito le tematiche”.

Le teorie citate nel libro sono state oltraggiate dagli psicologi italiani, ma funzionano ancora negli USA:

“Sì esistono ancora, penso che più 700mila persone abbiano seguito una terapia di conversione e i centri esistono ancora anche in città liberali come New York e Los Angeles e in pochi stati sono stati proibiti. Sono centri di matrice religiosa che curano ‘ragazzi problematici’ ma pubblicizzano anche terapie di conversione per giovani gay, in alcuni Stati è illegale mandarci i minori. Sono difficili da chiudere perché per restare aperti si appellano alla libertà di pensiero”.

Anche Boy Erased tratta delle stesse tematiche e Akhavan spiega perché è necessario parlarne oggi:

“Quando ho iniziato a lavorare al film, ho visto questi centri come una metafora e non erano rilevanti e Trump non era ancora presidente. Per me sono una metafora dell’essere adolescente, non importa ciò che tu sia, ma se ti allontani dai cammini tracciati viene visto come una malattia e devi cambiare ed essere come gli altri. L’ho visto come i film di John Hughes, un film che potesse essere visto da ogni adolescente. Abbiamo poi capito che la questione era rilevante, non volevamo che diventasse una risposta a problematiche importanti. Non posso parlare per Boy Erased, ma penso che sia un tema interessante e ricco e capisco perché sia al centro di due film”.

L’impatto del regista americano John Hughes non si esaurisce qui, già dalle prime scene si capisce che la regista si è ispirata a Un Compleanno da Ricordare e Bella in Rosa per girarlo, fra le altre ispirazioni per Akhavan:

“C’è Safe di Todd Haynes girato in un centro di riabilitazione per la tecnica dei tableau e poi Morven Collar di Lynn Ramsay per l’uso dei silenzi, Cameron è una protagonista molto silenziosa”. 

Alla regista Akhavan è servito anche aver passato un periodo in un centro di riabilitazione per un problema alimentare:

“Se hai un rapporto difficile con il cibo potrebbe essere un segnale di un problema differente. Ero fiduciosa del lavoro dei medici, ma ho dovuto mettere da parte la mia libertà e mi sono sentita un po’ come Cameron”.

Akhavan ha incontrato delle persone che hanno preso parte a questi trattamenti solamente dopo aver iniziato le riprese:

“Quando ho letto il libro, Cameron per me era la mia ragazza: un’atleta del Sud che e non ha fatto coming out prima di compiere 33 anni e questo film l’ho fatto per lei”.

Al centro di La Diseducazione di Cameron Post c’è anche l’identità non solo sessuale, una tematica che le sta al cuore visto anche le sue origini:

“Parte del mio lavoro si concentra sulla ricerca dell’identità, anche i social network oggi fanno un lavoro pazzesco e inquietante allo stesso tempo. È tutto una questione personale, gran parte della mia vita è trovare un senso alla questione identitaria: sono cresciuta in USA, i miei genitori sono iraniani, sono bisessuale e sono sempre temi che ci guidano nel descrivere le nostre storie. È un discorso serio, ma anche divertente, oggi con Instagram siamo ridotti a un hashtag. E quello che amo di Cameron Post, è che alla fine Cameron è un’adolescente arrapata”.

La Diseducazione di Cameron Post sta avendo moltissimo successo in tutto il mondo, e fra i suoi temi c’è anche l’intimità femminile:

“È profondamente complicato parlarne: negli USA appena mostri il piacere femminile in un film la MPAA ti dà il divieto NC-17 (quello per i film solo per adulti, ndr) è troppo esplicito per il cinema. Pensa a tutte le volte hai visto in una scena una donna fare una fellatio a un uomo in un film… per me è un’immagine altresì esplicita e insultante per le donne. Per l’omosessualità al maschile ci sono stati titoli come I segreti di Brokeback Mountain e Chiamami col tuo nome, è ok essere gay, ma se sei lesbica i film devono essere diretti da un uomo come La vita d’Adèle o Carol, ci sono poche storie dirette e scritte da donne che affrontano questa tematica. È stato difficile produrre questo film, ma per me è fondamentale da donna raccontare i desideri delle donne”.

Due sono le donne protagoniste del film, Cameron interpretata da Chloë Grace Moretz e la direttrice del centro, interpretata da Jennifer Ehle:

“Volevo combattere contro gli stereotipi, Chloë può rappresentare una principessa e sono andata contro quest’idea, con Jennifer è successa la stessa cosa. Per me era Liz Bennett, sono cresciuta guardando Orgoglio e Pregiudizio della BBC con le mie zie, e usarla come villain di questa storia è stato fantastico per me come regista, non voglio che il ruolo della persona sia definito dal loro volto Non avrei mai voluto che i miei attori si sentissero come marionette, abbiamo parlato delle storie dei personaggi, ho voluto dare dignità alle loro storie e non mostrarli come stereotipi”.

Desiree Akhavan ha avuto il coraggio di raccontare una storia che andava raccontata nonostante le difficoltà:

“C’è un potere nel sentirsi rappresentati, c’è del potere nel vedere la sessualità femminile sullo schermo, sono cresciuta con il dubbio di avere qualcosa di sbagliato in me perché non mi sentivo rappresentare da quello che vedevo. Ho ricevuto una lettera da una fan che ha visto il film otto volte e ha portato anche la madre, dice che anche se si è sentita a disagio ha fatto capire alla madre chi fosse veramente. Se aiuto anche solo una ragazza a essere quello che è, allora sono soddisfatta”.

La Diseducazione di Cameron Post vi aspetta al cinema distribuito da Teodora Film.

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