“Molti maschi pensano che siamo tutte come il soldato Jane. Ma non è così, non siamo eroine. Siamo donne e mamme innamorate di quello che facciamo, che cercano di conciliare il lavoro con la vita quotidiana. Ci vuole volontà e capacità di sacrifico. Due cose che non ci mancano“. Il maggiore Giulia Cornacchione – “Maggiore, per favore, ‘Maggiora’ è cacofonico e non si può sentire” – è a pranzo a Roma con 24 colleghe dell’Esercito.
Sono le prime donne entrate nelle forze armate e festeggiano i 20 anni da quel giorno che, come dice il ministro della Difesa Lorenzo Guerini, ha segnato una “svolta epocale, che ha arricchito” il mondo militare.
Un anniversario che sarà il tema anche del calendario dello Stato maggiore della Difesa, che verrà presentato il 4 novembre a Napoli. “Effettivamente il nostro ingresso ha segnato un cambio radicale, non c’è dubbio – ride il maggiore – Abbiamo portato il nostro imprinting tra i militari, perché abbiamo un modo di rapportarci con le persone che è completamente diverso da quello maschile”.
Giulia Cornacchione, un marito pilota d’elicotteri dell’Esercito dal quale ha avuto un bambino che oggi ha 5 anni, è figlia d’arte: suo padre è il generale Giorgio Cornacchione, ex consigliere militare del presidente del consiglio, ex comandante del Coi ed ex comandante del contingente italiano in Afghanistan, ora in pensione. La vita militare, insomma, la respira fin da bambina. “Ma la scelta l’ho fatta quando avevo 10 anni – racconta – e mio padre era il comandante del IX battaglione alpini a L’Aquila. Ho cominciato a vivere la vita di caserma, l’alzabandiera, l’adunata. Poi siamo andati a Modena, sono rimasta folgorata dall’Accademia, dall’uniforme storica, da quella formalità. In quel momento mi è cambiata la vita”.
Quando ha fatto la scelta di entrare a sua volta in quell’accademia, però, al padre non l’ha detto. “L’ho messo di fronte al fatto compiuto, era in missione a Timor Est e quando è tornato gli ho detto che avevo fatto la domanda. Non era molto d’accordo, conosceva i sacrifici che questa vita comporta, poi però mi ha vista contenta e soddisfatta. Mia madre, invece, ha creduto in me fin da subito”.
Il maggiore Giulia, che oggi lavora alla scuola sottufficiali di Viterbo e si occupa dell’addestramento dei marescialli che diventeranno comandanti di plotone, sostiene di non aver mai avuto problemi con i colleghi maschi. Allora e adesso, “che ho alle dipendenze solo personale maschile”. “Non ho mai sentito discriminazione nei miei confronti – dice convinta – Le barriere sono state abbattute fin da subito. Quando ci siamo arruolate eravamo in plotoni misti, abbiamo sofferto con loro e come loro”.
Giulia si ferma un attimo. “Anzi forse un po’ di più visto che obiettivamente abbiamo un altro fisico e lo zaino pesa alla stessa maniera. Ma questo ci ha messo fin da subito sullo stesso piano. Poi, una volta arrivati ai reparti c’è stata tanta curiosità, come è normale che fosse, ma quello che conta è la preparazione, la volontà e il sacrificio che uno mette in quel che fa, lottiamo tutti per lo stesso obiettivo”.
Il maggiore Cornacchione dice che il momento più bello di questi 20 anni è stato quando ha indossato per la prima volta la divisa. “Era come se avessi raggiunto un grandissimo traguardo, una emozione fortissima, anche se sapevo benissimo che quello era solo l’inizio di un percorso lungo e difficile“.
Ma ci sarà stato un momento brutto? “Brutto no, duro sì. Sono stati i primi due anni di Accademia, non facili dal punto di vista fisico e mentale, ma è giusto che sia stato così, dovevamo imparare molto. E’ stata dura, ma ce l’ho fatta”