Venezia 74, giorno 4: Suburbicon, Diva! e la cella di Vince Vaughn

Presentato anche La Mélodie, il film italiano dedicato a Valentina Cortese e la sorpresa Brawl in the Cell Block 99

Julianne Moore e Matt Damon diretti da George Clooney in Suburbicon

Il quarto giorno a Venezia 74 è all’insegna di George Clooney e il suo nuovo film Suburbicon. Presentato in Concorso anche Foxtrot del regista Samuel Moez, mentre Fuori Concorso arrivano Diva! il film di Francesco Patierno dedicato alla diva Valentina Cortese interpretata da una serie di attrici italiane, sempre Fuori Concorso presentato anche Brawl In Cell Block 99 di Sean Craig Zahler con Vince Vaughn e La Mélodie di Rachid Hami.

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Diva!

Diva! è un film di Francesco Patierno dedicato alla diva italiana Valentina Cortese. L’attrice di teatro rivive in questo film interpretata da otto grandi attrici: la sua autobiografia, Quando sono i domani passati, prende vita in questo film.

Valentina Cortese ha recitato anche in Effetto Notte di François Truffaut, e il regista la ringraziò quando fu premiato con l’Oscar. Francesco Patierno ha cambiato qualcosa rispetto alla biografia di Valentina Cortese: “Diva! è molto fedele al libro, ma ho fatto una grande operazione drammaturgica, il libro si apre con un colpo di scena che io ho messo alla fine. Abbiamo iniziato con Effetto Notte e poi abbiamo parlato della sua infanzia che è una sorta di buco nero”.

A interpretare Valentina Cortese: Anna Foglietta, Isabella Ferrari, Barbora Bobulova, Silvia D’Amico, Anita Caprioli, Carlotta Natolie da Michele Riondino. Anna Foglietta è Séverine, la Cortese in Effetto Notte: “Sono stata fiera e intimorita, Francesco ci ha chiesto di essere narratrici, dovevamo spogliarsi di tutto. Alla fine ero Anna a raccontare Valentina Cortese”.

Nessuna delle attici ha visto il film, e anzi c’è di più. Isabella Ferrari ha sottolineato: “Francesco ci ha detto di non cercare nulla su Valentina su internet per non influenzare l’inconscio. Mi sono ritrovata due monologhi che ho sentito molto vicini a me”. Isabella Ferrari sarà l’attrice durante la sua infanzia a Napoli.

Barbora Bobulova, invece, la rappresenta a Hollywood: “Non sapevo che esistesse questa sua parte hollywoodiana, sapevo fosse un’attrice di teatro, la diva con il foulard in testa”. Silvia D’Amico, invece, ha definito Diva! un esperimento: “Per chi lo fa e chi lo guarda dà poche aspettative. Sono entrata a far parte di un contenitore e mi sono lasciata andare, ringrazio Francesco per averci detto di essere libere, di non fare un’imitazione. Siamo state attraversate dalla sua luce. Ognuna di noi aveva un collegamento con la sessione di Valentina che voleva raccontare.

Per Francesco Patierno Diva! è stato frutto della causalità. Anita Caprioli, invece, è Valentina Cortese in teatro: “Ho evocato delle sfumature, dei pezzetti di vita di questa donna. L’esperienza bella è stata quella di non avere regole”. Per Carlotta Natoli, Valentina Cortese è stata “un’artista piena di ombre e di vita. La sua vita è legata a un trauma grande. Otto di noi fanno una di lei”. Anche Michele Riondino l’ha interpretata: “Rappresento la sfera affettiva, il rapporto con Giorgio Strehler. Definirlo amore è riduttivo, con loro c’è stato un rapporto che va al di là del l’affetto”. Valentina Cortese, oggi splendida 90enne, potrebbe fare una sorpresa oggi al cast sul red carpet: “Volevo attrici che volevano mettere in scena la pancia, vi ho chiesto di fare un salto mortale senza rete. Sono state straordinarie dal punto di vista umano. Diva! è una cosa piccolina, all’inizio non doveva neanche finire su YouTube e ora siamo a Venezia”.

Foxtrot

Samuel Maoz presenta Foxtrot, la vita di Michael e Dafna è sconvolta dalla morte del figlio Jonathan, un soldato dell’esercito.

“Non ho interesse a fare un film realistico sull’ambiente militare, è un parte della società, una parte distorta di un trauma storico. Il film parla di repressione, di nascondere quello che facciamo: ho fatto questo in modo surreale perché non volevo che il pubblico lo facesse a parte e per far loro comprendere l’allegoria. Il film è un puzzle filosofico che cerca di mettere ordine al tema del destino, la spina dorsale del film”, ha spiegato il regista israeliano.

Foxtrot affronta il trauma di due generazioni: “Esistono due generazioni che sono sopravvissute all’Olocausto, i primi sono gli effettivi sopravvissuti, i secondi sono quelli che ne pagano le conseguenze. Io non volevo dare spazio agli incubi dei sopravvissuti, volevo far notare che possono avere successo, ma restano comunque delle ferite. Nel mio Paese tutti camminano con una X sul volto”.

In Foxtrot il vento assume un significato di speranza: “ Il sentimento e il vento possono cambiare la realtà. La gente preferisce seppellire quello che ha creato piuttosto che parlare dei problemi, affrontarli le cose senza nasconderle dietro queste X e sopprimerle”.

Maoz ha parlato del suo protagonista Lior Ashkenazi: “Tutti i giorni dal mattino alla sera, ha dovuto interpretare un padre che aveva perso il figlio, per farlo devi far uscire l’anima. Ho un modo mio di dirigere, parlo con l’attore, lo faccio in modo personale. Direi che va a finire che le riprese diventano un’ossessione quando si vive una difficoltà si finisce per vivere quel momento. Quando giro il mio approccio è semplice, inizio e poi l’unico scenario possibile per farmi smettere ed è essere spostato da un’ambulanza”.

La Mélodie

Fuori concorso La Mélodie, il film di Rachid Hami parla di come la musica e l’arte possano cambiare la vita di un bambino cresciuto in una banlieue parigina. A presentarlo il regista e quattro dei suoi protagonisti: Kad Merad, Samir Guesmi, Alfred Renély e Youssouf Gueye.

“L’arte e la musica possono cambiare la vita delle persone, è molto importante per noi mostrare il film qui. Sono convinto che l’arte e la musica siano emozioni, non importano la provenienza sociale o la tua classe sociale, sono universali e danno speranza”, ha spiegato il regista.

Kad Merad si ritrova a interpretare un ruolo drammatico: “A prescindere del genere io sono un interprete in senso lato. Ho iniziato dalla commedia per via di Jerry Lewis e lui è venuto in Francia e ha raccontato che per tutta la sua vita è stato considerato un clown. E ha raccontato che quando ha fatto King of Comedy, dopo 60 film è stato scoperto come attore: per me è lo stesso. Do sempre del mio meglio e provo di farlo, imparo sempre qualcosa nei film, mi piacciono i film come La Mélodie. Mi piace parlare dei sentimenti”.

La Mélodie è a metà strada fra La Classe e Whiplash: “Si lì ho visti entrambi, l’approccio di Cantat è molto scolare e Whiplash è un film sulla musica, noi volevamo parlare di musica e di altro. È un po’ della classe, ma ha una dimensione fantastica, questa è la differenza con gli altri due film”, ha spiegato il regista Hami.

A parlare anche i due giovani protagonisti: “L’arte e la musica cambiano la vita, se non fosse stato per la musica io non sarei qui, spero che i bambini imparino a suonare, con la musica non esiste il colore della pelle e tutti possono fare musica”, ha detto Youssoouf Gueye fra gli applausi del pubblica. “Prima di questo film non sapevo cosa fare della mia vita, grazie a La Mélodie l’ho scoperto”.

Brawl in the Cell Block 99

Presentato come il film più violento di Venezia 74, Brawl in the Cell Block D. 99 ha per protagonisti Vince Vaughn e Jennifer Carpenter, diretti da S. Craig Zahler, il regista del film di culto Bone Tomahawk.

La violenza nel film non è però fine a se stessa: “La violenza nei film dovrebbe essere drammatica, mentre in questo film, Thomas ha tanta violenza dentro di sé e per lui è un’esperienza catartica”. Le scene violente sono tutte perfettamente coreografie: “È una tradizione iniziata con Astaire e poi con Chang, c’è un performer. Qui c’è un ex pugile”.

L’ex pugile è Bradley e ha il volto di Vince Vaughn, l’attore americano non ha mai avuto paura sul set. Attore comico, Brawl in the Cell Block D. 99 è qualcosa di diversa per lui: “La commedia non è scomparsa, ma ho la fortuna di fare cose diverse. È bello fare percorsi diversi, il film Bone Tomahawk è il mio preferito. L’azione nel film, Craig mi ha chiesto come farla, devi allenarti come per buttarti da una scogliera”.

Il suo personaggio non si fa piegare dalle avversità: “È come se cercasse di tenere la testa fuori dall’acqua senza farsi sommergere dalle esperienze negative della vita. Lui combatte con delle cose nella vita reale. Lo stesso succede a me e a Jennifer, i due credono nel rapporto, hanno commesso errori, ma in quel momento c’è empatia”.

Entrambi gli attori sono pronti a tutto per proteggere quello che amano. Vince Vaughn è stato convinto dalla storia a prendere parte a questo film: “È pazzesca, questa storia è bella, è una sfida lavorare con lui. È veramente un premio far parte di un film del genere”. Anche Jennifer Carpenter è stata convinta dalla storia scritta da Zahler: “Se guidi una macchina, vuoi provare quella più veloce, questo film è proprio questo”.

Suburbicon

Suburbicon, il nuovo film diretto da George Clooney, chiude la giornata odierna di Venezia 74. A presentarlo l’attore e regista americano, Matt Damon e Julianne Moore. Con loro anche il co-sceneggiatore Grant Heslov il premio Oscar e autore della colonna sonora Alexandre Desplat. Matt Damon è già al Festival con Downsizing, mentre Alexandre Desplat ha realizzato la colonna sonora per The Shape of Water.

Ambientato in una periferia di una città immaginaria nell’America nel 1959: George Clooney ha diretto questo copione scritto dai fratelli Coen, il motivo che l’ha spinto a farlo è che l’America di oggi non è poi così diversa da quella di Suburbicon:

“Ho visto molti video di campagna e pensavo ad altri momenti storici simili. Quando ho letto la sceneggiatura ho pensato che l’America aveva bisogno di essere di nuovo grande solo durante l’era Eisenhower. Quell’America ha gli stessi problemi di oggi”.

Matt Damon è un padre caratterizzato da una lucida follia, spiega così il suo personaggio il regista Clooney: “È l’America degli anni ’60. Abbiamo dovuto crescere dopo il peccato originale della schiavitù, finiamo per incolpare gli afroamericani di tutto. Diamo la colpa alle minoranze, i Myers nella storia si prendono la colpa di tutto, mi sembra giusto aver realizzato un film che guarda nella direzione sbagliata”.

“Non potevamo pensare filmando le rivolte razziste che sarebbe succsso qualcosa come Charlotteville, ma è vero che queste tematiche non spariranno finché non ci sarà un riconosicmento onesto”, ha sottolineato Damon.

Matt Damon gli fa eco: “A causa dei privilegi dei bianchi, si poteva girare con la bici sporca di sangue in un quartiere di neri senza essere notato”. E per la prima volta Matt Damon si scopre cattivo: “Ho fatto molti ruoli, ma dipende da chi dirige e George è uno dei miglior registi. Ho avuto poche volte la possibilità di fare i cattivi, ma ne ho fatti tanti. Forse ho l’aspetto di un americano medio, penso di essere stato utile a George”.

Julianne Moore, premiata ieri con il Franca Sozzani Award, ha il ruolo di due sorelle: “M’interessava vedere come una sorella di potesse riflettere nell’altra. Maggie sogna la vita di Rosie ed è per questo che invita Nicky a giocare con il bimbo di colore perché lei stessa si sente emarginata”.

Il produttore e sceneggiatore Grant Heslov racconta: “La famiglia tradizionale fa paura, i vicini di casa e la classica famiglia americana fanno delle cose terribili. Quando abbiamo iniziato a lavorare alla sceneggiatura, Trump parlava di costruire muri e di isolare determinate persone”.

Donald Trump è tornato spesso durante la conferenza stampa: “Ci metti due anni a fare un film e devi pensare dove eravamo e come stavamo nel passato quando li abbiamo girati. L’America di oggi è arrabbiata al massimo, c’è una nube nera che la copre. Sono ottimista penso che giovani e le istituzioni riescano a risolvere questa situazione,. Molti si noi siamo arrabbiati per come va il mondo e come va il nostro Paese, volevamo essere buffi e un po’ cattivi”.

I due cattivi nel film sono due “mostri”, ma secondo George Clooney non sono molto diversi dai cattivi tipici dei film dei Coen: “Sono dolcissimi! I veri mostri sono altri, hanno i baffi e sono cattivi, ma compiono errori stupidi”.

George Clooney ha specificato che però non è un film che parla di Trump: “Le periferie, come quella di Suburbicon, fanno sempre parte della nostra vita, puoi comprare una casa con giardino e piscina se hai soldi”. “E se sei bianco”, aggiunge Damon. “Volevo questo, non è un film su Trump, volevo fare un film sulla gente con un livello di istruzione e cultura”.

Nel film, in una scena si vede una bandiera degli Stati Confederati, un emblema dell’America razzista: “Vengo dal Kentucky e facevamo spesso delle riprese storiche delle battaglie della Guerra Civile, prendevamo le posizioni senza capire cosa significasse. Oggi in America dobbiamo venire a patti con queste cose, non possiamo mettere una bandiera confederata su un edificio pagato anche dalle tasse degli afroamericani”.

Julianne Moore interviene: “Il mio liceo era dedicato a un ‘eroe’ degli Stati Confederati, quando hai 15, 16 anni non te ne rendi conto, ma oggi c’è una petizione per fargli cambiare nome e sono coinvolta in questo”.

 

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