Venezia 74, giorno 9, Mektoub, My Love: Canto Uno e Soldini fuori concorso

Presentati il primo capitolo dei nuovi film di Kechiche; Cuba and the Cameraman, Angels Wear White e Il Colore Nascosto delle Cose

Il giovane protagonsta di Mektoub: My Love Canto Uno, Shaïn Boumedine

Oggi è il giorno di Abdellatif Kechiche a Venezia 74: è stato presentato Mektoub, My Love: Canto Uno, il primo capitolo del nuovo film del discusso regista franco-tunisino. A Venezia oggi sono stati presentati Cuba and the Cameraman di Jon Alpert e Il Colore Nascosto delle Cose fuori Concorso e Mektoub, My Love: Canto Uno di Abdellatif Kechiche e Angels Wear White di Vivian Qu entrambi in concorso.

Cuba and the Cameraman

Jon Alpert ha girato per 45 anni materiali video della Cuba di Castro, tanto che Fidel Castro lo conosceva e si faceva riprendere solo da lui. Il documentario è stato prodotto da Netflix:

“Nel documentario seguo cosa è accaduto al Paese, Cuba adesso sta vivendo un momento importante”, ha spiegato il regista. Il film si apre con la scena girata in una scuola, un contrasto fra l’educazione pubblica a Cuba e privata e a pagamento in USA.

Parla anche il produttore del film Matthew O’Neill: “Parlare con Jon del suo progetto è dare forza alle voci e avere un libero accesso ai suoi ultimi 45 anni. Quando il film sarà concluso, sarà quando Jon ne parlerà”. Jon Alpert ha ringraziato pubblicamente Netflix dove il film sarà trasmesso: “Quando gli ho detto che giravo un film da 45 anni, mi ha detto che erano interessati a scoprirne di più. Da anni non incontravo qualcuno così interessato al mio lavoro”.

L’ultima volta che ha incontrato Fidel Castro è stata nel 2016 e prima l’aveva visto nel 1992, perché tutti questi anni di assenza: “A dire il vero devo ringraziare anche l’Italia , il partito di Rifondazione Comunista era a Cuba per incontrarlo e mi hanno invitato ad andare con loro. Fidel mi ha guardato sorpreso, mi aveva autorizzato a riprenderlo nel suo 80esimo compleanno, ma non ce l’ha fatta a festeggiarlo”.

Lo sguardo che mostra “è meno quello del Comandante e più quello di Fidel”. Quando realizza un film Alpert ha in mente uno spettatore in particolare: “Penso a mia madre che guarda il mio film”.

Angels Wear White

Il primo film in concorso di oggi è Angels Wear White della regista cinese Vivian Qu: “Ho lavorato alla stesura un anno, per me la scrittura è importante. Il film rispetta la realtà, mi è capitato di entrare in questo tempo, inoltre nel film c’è la relazione fra gli adulti e gli adolescenti”.

Angels Wear White s’inserisce bene anche nella Cina odierna, seppure sia incentrato su una storia molto femminile: “È qualcosa che interessa il nostro Paese, l’abbiamo anche notato alle proiezioni pre-Festival”. Nel cast una conoscenza nota ai fan di Venezia, l’attore Geng Le: “La sceneggiatura mi ha toccato anche se non capivo come potessi interpretare il padre di una ragazzina alle medie. In più sono tornato a Venezia”.

Il Colore Nascosto delle Cose

Fuori concorso Il Colore Nascosto delle Cose, l’ultimo film di Silvio Soldini. Silvio Soldini è al terzo progetto che riguarda una cecità: “La vista ci porta a giudicare, si assiste a una scansione di quello che vediamo”, ha spiegato il regista.

“Viviamo in un mondo fatto di apparenza, ho dato attenzione all’ascolto, il senso sviluppato nei ciechi, ho dato attenzione a questo ascolto nella preparazione di questo film. Ho conosciuto cinque o sei amiche cieche ed è la prima volta che sento un ascolto più profondo. Ho parlato con una di loro e mi continuava a dire che aveva visto Pani e Tulipani e io pensavo a quel ‘visto’”.

La sceneggiatrice Doriana Leondeff ha parlato di com’è nata la relazione fra la non vedente Emma e Teo: “Abbiamo parlato con molte coppie, ma erano formate da una donna vedente e un uomo non vedente. Abbiamo parlato con alcune donne non vedenti e ci hanno spiegato l’importanza che si dà dell’ascolto, così si dà attenzione ad altre cose che, invece, sfuggirebbero”.

“Abbiamo descritto le persone non vedenti senza cadere nelle emozioni”, ha aggiunto il co-sceneggiatore Davide Lantieri. Il Colore Nascosto delle cose non è però un film che parla d’integrazione: “Non è tanto quello, ho parlato con persone non vedenti e mi hanno raccontato di quanto sia stato scioccante perdere la vista. Mi attraeva la forza che queste persone hanno avuto, la forza di reagire con vitalità: devo vivere la vita anche se non vedrò, ma si vive uguale”.

Soldini aveva già parlato di una storia d’amore difficile in Un’anima divisa in due sulla storia d’amore fra un italiano e una rom: “In quel caso era un incontro fra culture, sullo stare nel mondo in modo diverso”.

Valeria Golino ha parlato delle difficoltà di calarsi nel ruolo di Emma: “Non vedere vedendoci è stato difficile. La seconda difficoltà era non usare gli occhi come veicolo di emozioni è il contrario di quello che sei abituato a fare”.

Adriano Giannini è Teo, un uomo che è anche – in un certo senso – non vedente: “Ero io il vero cieco, recitavo con un’attrice che non mi guardava negli occhi. Il mio personaggio è un disgraziato, un pubblicitario che passa da letto a letto. Un uomo in fuga dal suo passato e che l’incontro con Emma cambierà”.

Mektoub, My Love: Canto Uno

Secondo film in concorso Mektoub, My Love: Canto Uno. Abdellatif Kechiche porta a Venezia il primo capitolo di una lunga storia di un gruppo di giovani a Setès. Il cineasta ha spiegato il titolo del film:

“Il titolo riguarda tutte le implicazioni del destino, è il Mektoub. Il film, nel suo insieme, parla delle questioni del senso del destino. L’amore è associato al senso del destino. È composto da una serie di volumi, ne abbiamo girati due e stiamo iniziando le riprese del terzo”.

Il film di Kechiche può contare su un cast di giovani e talentassi attori: Shaïn Boumedine, Ophélie Bau, Lou Luttiau, Salim Kechiouche, Alessia Chardard e il gradito ritorno di Hafsia Herzi, la star di Cous Cous.

“Ho cercato i migliori attori per questo film, molti sono agli esordi. Abbiamo fatto un lavoro di ricerca, ripetizione, esitazioni, dubbi. Anch’io mi sono affezionato al loro talento, del dono che mi hanno fatto”.

A prendere la parola è uno dei giovani protagonisti, Salim Kechiouche: “È stato un onore lavorare con lui, ci ha dato molta libertà”.

Mektoub, My Love: Canto Uno è ambientato nel 1994, Kechiche ha spiegato così la scelta di quell’epoca: “Gli anni ’90 rappresentano la fine di un secolo precedente che io ho conosciuto ed è utile per comprendere il presente. Le persone vivevano in modo diverso prima dell’inizio del 2000, grazie a quegli anni si comprende meglio la realtà che viviamo”.

A questo punto, il regista francese viene bombardato da una serie di domande polemiche, seppur mal poste. Una giornalista gli chiede dell’oggettificazione delle donne nei suoi film:

“Per me non c’è, non c’è nessun maschilismo, anzi descrivo delle donne forti, indipendenti, vive e potenti. Se lei ha interpretato così mi dispiace. Di 2500 riprese che ho realizzato, 2050 sono volti e altre sono i loro corpi. Forse non ha guardato il film con occhio critico, ma non è colpa mia se lei ha visto un altro film”.

Il personaggio principale in Mektoub, My Love: Canto Uno è il giovane Amin, ma il regista giura che non si tratta del suo alter ego:

“No, non lo è. Il romanzo di François Bégaudeau mi è servito da ispirazione, l’ho letto e riletto e l’ho fatto mio per rendere i personaggi ancora più attinenti. È difficile rispettare il procedimento di uno scrittore, ma non è un’autobiografia. Ci sono errori, emozioni, analisi, canzoni che ci sono rimaste nel cuore”.

Un altro giornalista di essere un regista in declino, educatamente il franco-tunisino risponde:

“Non giudico la sua opinione, si potrà ricredere guardando il secondo e il terzo capitolo. Quando giro un film faccio un certo lavoro per far entrare il mio telespettatore nel film. Sul declino? C’è molto da discutere, ho ancora da vivere e tanto da raccontare, spero mi dia una seconda chance”.

Nel film si cita spesso un personaggio, Clément, che lavora in zone di guerra: “Lo vedrete nel secondo capitolo, È bello lasciare le cose aperte e scoprire ancora qualcosa di nuovo, nuovi incontri, nuovi nodi drammatici che si snoderanno. Clément apparirà nel secondo capitolo”.

Torna a recitare con lui Hafsia Herzi, la star di Cous Cous: “Sono molto contenta, ma avevo anche un po’ di paura. Sono passati 12 anni da Cous Cous, ma ho avuto l’impressione che tutto continuasse. Rym continua a vivere 12 anni più tardi!”.

Una delle scene più belle riprende la nascita di alcuni agnelli, qual è il senso: “Non mi piace rispondere a queste domande, preferisco che sia il pubblico a comunicarmi cosa gli ha lasciato il film. Ho diluito il film, ma non l’ho fatto per ragioni contemplative: voglio che sia il pubblico a spiegarmi cosa vede nel film”.

“Sì, si può definire un omaggio alla vita, ma è perché lei a definirlo”, conclude il regista. Kechiche ha poi risposto all’ennesima domanda critica sui costi eccessivi della post-produzione: “È il mio film, sono io a decidere… anche quando spendo”.

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