Sono tempi duri per i tanti cittadini messicani che provano a cercare fortuna negli Stati Uniti d’America. Con l’arrivo alla presidenza degli States di Donald Trump, infatti, sono tornati di moda slogan come “stop all’asilo” o “via libera alle deportazioni di massa”. Anche Google Maps si è adeguata al nuovo corso, rinominando il Golfo del Messico “Golfo d’America”. Eppure, se dall’altra parte dell’Atlantico si chiudono le frontiere al Messico, qui a Roma (sorprendentemente) si spalancano le porte alla cultura messicana. Per commemorare i 150 anni delle relazioni diplomatiche tra Messico e Italia, il Museo di Roma in Trastevere e l’Ambasciata del Messico in Italia celebrano l’anniversario fino al 9 febbraio 2025 con la mostra fotografica “Testimoni di una guerra. Memoria grafica della Rivoluzione Messicana”.
Nel quartiere più simbolico di Roma sarà possibile vedere Pancho Villa che sorride su un destriero, il tiranno Porfirio Diaz posare come un uomo dell’Ottocento, o Emiliano Zapata con il suo sguardo intenso ed enigmatico coperto dal sombrero e dai suoi lunghissimi baffi neri. Le fotografie provengono dal celebre Archivio Casasola, pioniere nel reportage fotografico in America Latina acquisito dal Governo Messicano negli anni Settanta ed ora custodito presso l’ex Convento di San Francisco, a Pachuca, in Messico.
Un’occasione imperdibile per gli amanti della storia contemporanea che avranno anche la possibilità di vedere, all’interno della mostra, un documentario di un paio d’ore che ripercorre la storia della Rivoluzione messicana attraverso filmati originali dell’epoca, accompagnate da un piacevole e coinvolgente sottofondo musicale. Un po’ come rivedere il western ‘Giù la testa’ di Sergio Leone ma con le immagini dei veri rivoluzionari che volevano dare al Messico un governo democratico, ‘campesino’ e popolare.













