Il Giardino degli Aranci è il regno dell’abbandono

Polvere, erba secca, piante morte, alberi mai curati e bagnati e degrado. Questo è diventato il Giardino degli Aranci

Nato per aggiungere quiete e bellezza ad uno degli scorci più sorprendenti della Capitale, il Giardino degli Aranci, ha attraversato troppi momenti di degrado.

Progettato nel 1932 dall’architetto Raffaele de Vico doveva, nella sua lineare semplicità, accompagnare attraverso i viali e il verde il visitatore verso l’inatteso e meraviglioso belvedere su Roma. Un luogo di pace e di suggestione a cui dovrebbero fare da cornice alcuni pini marittimi e un gran numero di piante di aranci amari. Lungo i viali panchine si alternano a vasi di oleandri. Doveva essere un luogo incantato, oggi invece, è diventato un altro esempio di totale abbandono e di ingiuria profonda nei confronti del verde e della Città stessa.

Ce lo ricordiamo, quando nel 2016 fu restituito alle autorità e a tutta Roma, dopo il restauro e il recupero grazie all’intervento di restyling e di valorizzazione della Fondazione Sorgente Group. Un impegno notevole e sostanziale che riportò quella porzione di Aventino (circa 8000 metri quadrati) alla sua originaria valenza.

E’ stato un momento importante vedere il prato nuovamente verde, l’arredo del parco nuovamente ripristinato con le panchine “orgogliose” delle sedute in travertino nuovo e lustro. Furono ricollocati (e resi leggibili) i cartelli con divieti e norme di comportamento, rimesso in funzione l’impianto di irrigazione e i viali ritrovarono il loro brecciolino chiaro. Gli aranci, dopo le tante cure, si presentarono guariti e bellissimi. Aprire il grande cancello sul parco ritrovato è stata una grande vittoria del mecenatismo….

Ci siamo tornati ieri (a 3 anni dall’inaugurazione) e lo stato di abbandono, incuria, inciviltà e sofferenza degli alberi fa piangere il cuore.

Con la gestione nuovamente passata al Campidoglio, ora, non c’è più verde nei prati ma, erba secca alternata a zone di sola terra. Gli aranci sono tutti talmente malati da farne prevedere una rapida e triste fine. Anche un occhio non esperto capisce che gli alberi non sono mai stati concimati, trattati e bagnati. Anche alcuni oleandri nei vasoni sono già morti per mancanza di acqua e cure.

I pochi frutti portano le stimmate della sofferenza e sono come fasciati da ragnatele e parassiti. Tutto è polvere, cani che vanno e fanno quello che vogliono, cartacce per terra.

Ci raccontano che c’è una sola persona che, di primissimo mattino, arriva e cerca di pulire quello che riesce. Non è un addetto del Comune, nè, tanto meno, un giardiniere ma…una barbona! Il suo riparo è a pochi metri dal cancello del parco. Buttato lì sul marciapiede, fra le auto in sosta.

Evidentemente Lei il Giardino degli Aranci lo ama, lo sente cosa anche sua e lo vive come un dovere civico.

E’ una dura lezione per tutti: organi preposti in prima fila.

Possiamo dire che, dopo aver calpestato l’arsura di questo parco, è sempre più evidente che solo l’impegno del privato lungimirante può salvare, non solo gli aranci ma, la Capitale intera!

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