Ama, investimenti a picco. In cinque anni solo sei milioni

Negli ultimi 5 anni Ama ha realizzato (bilancio) solo 6 dei 78 milioni di euro di investimenti programmati (piano finanziario) per gli impianti di gestione dei rifiuti a Roma. L'allarme di Assoambiente

Senza investimenti si muore. Ma soprattutto si affoga nei rifiuti. La prova? Negli ultimi 5 anni Ama, la municipalizzata dei rifiuti nella Capitale, ha realizzato (bilancio) solo 6 dei 78 milioni di euro di investimenti programmati (piano finanziario) per gli impianti di gestione dei rifiuti a Roma. I dati impietosi emergono dalla Relazione annuale 2018 sullo stato dei servizi pubblici locali e sull’attività svolta a cura dell’Agenzia per il controllo e la qualità dei servizi pubblici locali di Roma Capitale.

Gran parte degli impianti attivi nella Capitale è stata realizzata fra il 2002 e il 2008, anno dopo il quale gli interventi si sono limitati alle manutenzioni straordinarie, mentre gli investimenti si sono sostanzialmente fermati e la programmazione non è stata più rispettata. Dal 2016 il blocco è totale. La totale assenza di pianificazione di impianti, accompagnata dai recenti episodi di cronaca (tra questi, la chiusura dell’impianto di Tmb Salario) condanna un sistema vulnerabile e fragile, totalmente dipendente da impianti collocati fuori dal territorio comunale e dalla Regione. La stessa Relazione del’Agenzia evidenzia come “una raccolta differenziata scarsa in quantità e in qualità allontana nel tempo la prospettiva dell’economia circolare, così che un’impiantistica progettata per il modello ideale di economia circolare che non tenga adeguatamente conto dei tempi e delle difficoltà della transizione diventa la causa principale del fallimento dell’intero progetto”.

A Roma si producono circa 2,3 milioni di tonnellate di rifiuti, quasi 534 kg pro-capite (media nazionale circa 489 kg pro-capite). Di queste, 1 milione sono raccolte in modo differenziato (45%): la frazione organica, la voce principale, rappresenta circa il 38% (circa 400mila ton), segue carta/cartone con 290mila ton (28%), il vetro con circa 150mila ton (15%) e infine altri rifiuti (imballaggi, legno, costruzione e demolizione, ingombranti). Oggi la frazione organica viene quasi tutta portata fuori dalla Capitale, dove i sei impianti di compostaggio presenti nel 2017 hanno gestito solo 33mila tonnellate.

A Roma i rifiuti raccolti in modo indifferenziato, 1,3 mln di ton, vengono gestiti principalmente negli impianti di TMB (trattamento meccanico-biologico). Questi impianti sfruttano l’abbinamento di processi meccanici a processi biologici e, secondo i dati medi nazionali registrati da Ispra, separano alcuni materiali per il riciclo (10% di materiali ferrosi/non ferrosi/plastica e frazione organica biostabilizzata, usata soprattutto per copertura delle discariche) dalla restante parte avviata in parte a recupero energetico come combustibile solido secondario – CSS (38%) ed in parte smaltita in discarica (62%).

“Oggi quasi l’80% dei rifiuti prodotti a Roma”, dichiara Chicco Testa – Presidente FISE Assoambiente (Associazione delle imprese di igiene urbana, gestione, recupero e riciclo di rifiuti urbani e speciali ed attività di bonifica), “viene trasportato fuori dalla Capitale per essere gestito. Dopo dieci anni di mancati investimenti è fondamentale tornare a prevedere e poi realizzare concretamente gli impianti necessari per chiudere il ciclo di gestione dei rifiuti. Senza questo passaggio gli obiettivi dell’economia circolare sono destinati a restare sulla carta, con negative ricadute ambientali ed economiche per i cittadini romani”.

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