Atac: aspettando il concordato, tutti i piani B del Comune

Dalla gara pubblica al possibile coinvolgimento delle Ferrovie. Ma il M5S difende il concordato

Spuntano altre opzioni per il salvataggio di Atac, sulle quali si starebbe ragionando nelle segrete stanze, mentre il M5S continua a difendere il concordato. Quando mancano meno di due mesi all’udienza in tribunale, si starebbe lavorando a un piano B per affrontare un’eventuale bocciatura che esporrebbe l’azienda al rischio di fallimento.

Gli scenari che potrebbero aprirsi, scrive il Corriere, sono molteplici: da una partnership con Fs, che fornendo treni e bus consentirebbe alla municipalizzata di garantire la continuità del servizio, fino all’extrema ratio della messa a gara con la società di trasporto ferroviario in pole position per aggiudicarsi il bando. In alternativa Fs potrebbe fornire gli strumenti finanziari necessari, dopo i rilievi della procura, per la tenuta del piano e il ristoro del debito, entrando come gestore (totale o parziale) della mobilità capitolina.

Ipotesi delle quali, a Palazzo Senatorio, i Cinque stelle non vogliono sentir parlare. Insiste il presidente della commissione Trasporti, Enrico Stefàno: «Se non avessimo scelto il concordato le uniche soluzioni sarebbero state il fallimento o la ricapitalizzazione, ma senza una pianificazione corretta della gestione, le risorse sarebbero continuate a finire in un buco nero». Perché chiudete a Fs? «Il punto sono le infrastrutture, non a chi viene affidato il servizio», risponde Stefàno. Bergamo ha ammesso che la capacità di spesa del Comune è fortemente compressa, dove pensate di trovare i soldi? «Andiamo avanti con il Piano urbano della mobilità sostenibile (Pums) e stiamo collaborando con le altre istituzioni». Per il consigliere grillino Pietro Calabrese l’eventualità di una bocciatura da parte del tribunale «è fuori discussione».

Le ragioni del suo scetticismo? «Dopo aver puntato sull’alta velocità, perché adesso dovrebbero investire in linee locali a bassa redditività?». Dall’opposizione la dem Michela Di Biase ritiene che il Comune avrebbe dovuto cercare di risanare la partecipata anche tramite la valorizzazione degli immobili. Mentre Stefano Fassina (Sinistra per Roma), che ha inaugurato il comitato per il «No» al referendum, ricorda: «Abbiamo chiesto da 10 giorni un consiglio straordinario, ma ancora non ci hanno risposto».
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