Atac, viaggio tra i numeri di un disastro romano

Dietro i dati su perdite e debito ci sono altri numeri che certificano il collasso di un'azienda. A cominciare da investimenti e patrimonio

Come è stato possibile far arrivare la più grande municipalizzata dei trasporti d’Europa sull’orlo del baratro? La verità è, ancora una volta, nei numeri. Per la precisione in quelli contenuti nel bilancio 2016, pubblicato da Atac in clamoroso ritardo rispetto ai termini di legge. Certamente molto ha influito la procedura di concordato all’esame del Tribunale, ma ciò non giustifica mesi di silenzio sui conti Atac. Perdite (213 milioni) e debito (1,3 mld) sono arcinoti, ma è nelle altri voci che si nasconde la vera origine del disastro Atac.

Dietro un anno di guasti, collassi della rete e corse soppresse ci sono innanzitutto investimenti in pauroso calo. Lo scorso anno gli investimenti di Atac sono scesi da 33 a 24 milioni di euro. Per il solo parco mezzi la spesa è scesa da 16 a 11 milioni rispetto al 2015 mentre per quanto riguarda le attrezzature si è passati da 1,2 a 900 mila euro. “Le criticità finanziarie cui è esposta la Società hanno inevitabilmente condizionato le politiche ed i  programmi d’investimento dell’ultimo triennio: il valore complessivo degli interventi realizzati è infatti  oscillato da euro 25,4 del 2014, a euro 33,8 nel 2015, fino a euro 24,5 del 2016”, sentenzia il bilancio.

Ma è il dato sul patrimonio a fare davvero paura. Qui le cose vanno se possibile ancora peggio. Lo scorso anno infatti il patrimonio netto è risultato negativo per 50 milioni, mentre l’anno prima era risultato positivo per 162 milioni di euro. Un crollo verticale che ben spiega l’accelerazione di Atac verso l’abisso, a un passo dal fallimento. Non è finita. Qualcosa si sarebbe potuto salvare valorizzando a dovere parte del proprio patrimonio immobiliare. Da tempo infatti l’azienda chiede all’azionista Campidoglio un piano articolato di alienazioni. Operazioni che avrebbero fruttato un po’ di cassa. E invece tutte le principali cessioni, sono rimaste al palo.

“La società ha ribadito ai competenti uffici capitolini l’importanza strategica di procedere alla definizione  del complesso delle attività che condurranno all’alienazione dei cespiti urbanisticamente e  funzionalmente convertiti auspicando il riavvio dell’iter tecnico-amministrativo finalizzato all’assunzione,  da parte dell’Amministrazione Capitolina, dei relativi formali provvedimenti”. Appello a quanto pare caduto nel vuoto. Non sorprende dunque che la disponibilità di cassa di Atac si sia mantenuta anche per l’esercizio passato ben al di sotto dello zero, ovvero negativa per 1,4 milioni di euro.

Un ultimo dato. Nel 2016 i ricavi di Atac si sono fermati a 932 milioni ma i costi per la produzione del servizio pubblico sono saliti a 1,1 miliardi dal miliardo dell’anno prima. Dunque ad Atac è costato di più garantire le corse, a fronte di entrate al contrario diminuite.

 

 

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