Chissà cosa avrebbero pensato nella britannica Alfrenton, oltre due secoli fa, riguardo la polemica che sta investendo in questi mesi i tram Roma in previsione del Giubileo 2025. Ed è infatti in quella cittadina della Contea di Derbyshire che, a metà Settecento, nacque il signor Benjamin Outram, ingegnere inglese e padre – più nel nome che nella sua applicazione più fortunata – dei tram. Outram è stato l’inventore del primo prototipo di ferrovia tranviaria: blocchi di carrozze legate ai cavalli e posizionati poi su rotaie. L’ingegner Outram innanzitutto sarebbe piacevolmente sorpreso di scoprire che la sua invenzione, ormai vintage, venisse considerata ancora oggi una soluzione per la mobilità adottata da tantissime città del mondo. E si sarebbe divertito di fronte alle polemiche sulle tranvie romane che stanno andando in scena in questi mesi.
Già, perché a Roma i tram sono quotidianamente messi alla berlina da giornali e da categorie produttive ancora convinte che tutto ciò che non faciliti l’uso del mezzo privato – che siano ciclabili, preferenziali o tranvie – sia un nemico degli affari. La storia dei tram, sin dalle sue origini, ci racconta di come questo mezzo antico ed ecologico abbia dovuto combattere per decenni contro le lobby dell’automotive e del petrolio. Una storia costellata di successi, crolli e risalite che ha inizio in Germania, negli anni Ottanta dell XIX secolo, per poi espandersi nel Vecchio Continente e nel resto del mondo. In Italia la prima linea del tram è datata 1890 e univa Firenze e Fiesole. Nell’attuale capoluogo toscano, all’epoca, ci fu un’importante sviluppo delle tranvie fino ad arrivare a ben 24 linee. Per spiegare la dura vita riservata alle tranvie dallo strapotere di alcune lobby, ci dobbiamo spostare negli Stati Uniti degli anni Trenta del Novecento. Qui la General Motors, coadiuvata da Firestone e Standard Oil, acquistò tutte le compagnie di tram elettrici delle città e li sostituì indovinate con cosa? Con le linee bus della General Motors, rigorosamente alimentate a benzina. Nel 1949 questo colpo di mano fu ritenuto criminale dalla Corte Federale di Chicago che condannò le tre compagnie per il reato di cospirazione, di violazione delle leggi antimonopoliste e al pagamento di una multa.
Ma oramai i bus a benzina avevano culturalmente sostituito il mezzo ideato da Benjamin Outram, in America come in Europa. In Italia Benito Mussolini arrivò a definire “stolta contaminazione tranviaria” la presenza delle tranvie sulle strade della Capitale dell’Impero. Nel dopoguerra, il boom economico fece il resto: l’abitudine di vedere per le strade il servizio pubblico servito dai bus e l’esigenza della piccola borghesia nascente di avere una macchina con cui muoversi per qualunque spostamento, rese il tram un mezzo antico, poco funzionale e legato ad un mondo che non esisteva più.
Negli ultimi decenni il tram è al centro di progetti di mobilità sostenibile in tutto il mondo, dalla Germania al Qatar. A Roma i progetti più interessanti sono stati definiti un po’ approssimativamente ‘i tram del Giubileo’ anche se vedranno la luce dopo il grande appuntamento del 2025. Parliamo della linea Verano-Tiburtina, della tranvia Togliatti, della Termini-Vaticano-Aurelio, della Termini-Tor Vergata (l’ex Laziali-Giardinetti) e, forse, del tram che passerà su Viale Marconi. Progetti ambiziosi, importanti, che toglieranno spazio ai mezzi privati e lo daranno alla collettività e a chi prediligerà l’uso del trasporto pubblico.
L’intuizione di Sir Outram, in fondo, non era poi così male.