Breve storia della Metro B di Roma, da Mussolini allo scontro Raggi-Gualtieri

Riflettori puntati sulla linea ‘blu’ della Capitale: basse frequenze e necessità di revisione dei treni

“I treni della Metro B non avevano fatto la revisione. Noi stiamo facendo la revisione ai treni perché la revisione era scaduta e all’inizio ci avevano detto che non potevano neanche circolare”. Con queste poche parole, laconiche, il sindaco di Roma Roberto Gualteri ha recentemente spiegato a Tgcom24 le ragioni del disastro che si sta abbattendo sulla Metro B di Roma in questa calda primavera del 2023. Un disastro fatto di banchine piene, treni affollati e tempi d’attesa superiori ad un treno urbano che collega – ad esempio – Roma Tuscolana con Roma Tiburtina. In sintesi: l’attuale amministrazione PD accusa quella precedente, guidata da Virginia Raggi, di aver “lasciato Roma senza rotabili: non hanno fatto le revisioni ai treni delle metro A, B e C” per una “situazione da Terzo Mondo” dove ci vorrà tutta una cosiliatura per una “ricostruzione completa dell’armamento dei binari, delle banchine, degli impianti antincendio, cose di cui si sarebbero dovuti occupare anni fa. Se non hai fatto nulla e arrivano le scadenze di manutenzione e revisione le autorità di regolamentazione vengono e fermano la linea”, per usare le parole pronunciate un anno fa dall’assessore ai Trasporti del Comune di Roma, Eugenio Patané. Accusa rispedita al mittente dall’ex presidente della commissione trasporti dell’era Raggi, la grillina Linda Meleo, oggi consigliera comunale, secondo cui il M5S romano sarebbe “partito da zero, ossia da una situazione in cui non c’erano soldi e progetti”. Sono stati preparati “progetti e si è ottenuto dal Governo un finanziamento per 425 milioni di euro, per il tramite dei fondi per il trasporto rapido di massa. Risorse che sono tardate ad arrivare a causa di un ricorso sulla ripartizione dei fondi statali a livello nazionale”.

Tuttavia, lo scontro tra Virginia Raggi e Roberto Gualtieri – una guerra per procura, dove a parlare spesso sono le seconde linee – è solo la punta dell’iceberg di una storia antica, quella della Metro B, che affonda le proprie radici nel Ventennio fascista e che appare certamente più interessante delle beghe politiche del presente.

Non tutti sanno che la Metro B, nonostante il nome possa trarre in inganno, è nata prima della linea che collega Battistini con Anagnina. Siamo negli anni Trenta del secolo scorso e il regime fascista guidato da Benito Mussolini decide di progettare una metropolitana che collegasse il centro della Capitale d’Italia con l’EUR, all’epoca chiamato E42. Motivo? L’Esposizione Universale che si sarebbe tenuta a Roma nel 1942 e che avrebbe richiesto un’opera infrastrutturale eccezionale, su ferro, che per l’appunto si sarebbe dovuta chiamare ‘Ferrovia dell’E42’. Ma l’Italia entra in guerra nel 1940 e il progetto si blocca: i tunnel sino ad allora costruiti – nella tratta compresa tra Termini e Piramide – vengono usati come rifugi antiaerei dalla popolazione. I lavori riprendono faticosamente nel 1948 ed è solo nel 1955 che ci sarebbe stata l’inaugurazione della Metro B, alla presenza del Presidente della Repubblica Luigi Einaudi. La Metro B postbellica collega Roma Termini con Roma Laurentina passando per Cavour, Colosseo, Circo Massimo, Piramide, Garbatella, San Paolo, Magliana, Palasport, Fermi e Laurentina. Nel 1980, in occasione dell’inaugurazione della Linea A, l’allora primo cittadino Luigi Petroselli decide di chiamare la ‘Ferrovia dell’E42’ ‘Metro B’ e ‘Metro A’ la metropolitana nuova di zecca. Ecco svelato il mistero sul perché una linea nata prima non abbia il nome da primogenita.

Solo nel 1990 (35 anni dopo la prima inaugurazione, sic!) sarebbe poi stata completata la tratta Termini-Rebibbia.

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