La Corte dei conti del Lazio nei giorni scorsi ha ipotizzato un danno erariale da 251,6 milioni di euro per una presunta cattiva gestione finanziaria nella realizzazione della Nuova Fiera di Roma. I giudici contabili hanno chiesto a otto manager di Investimenti spa, società che dal 2004 gestisce il polo fieristico capitolino, di rispondere delle scelte economiche operate tra il 2008 e il 2020.
La richiesta dei magistrati arriva, però, dopo quindici anni in cui il valore dell’ex Fiera andava a picco, imbrigliato in ritardi e ripensamenti da parte dell’amministrazione del Comune capitolino, mentre quello della Nuova Fiera cresceva, invece, grazie a numerosi successi di pubblico e d’incassi: basti pensare alla recente manifestazione Romics 2022 che si è chiusa lo scorso fine settimana e ha visto il passaggio, nei soli primi due giorni, di 400 mila visitatori.
È il 2006 quando Investimenti spa – partecipata da Camera di Commercio al 60 per cento, Regione Lazio al 20 per cento, Roma Capitale al 19 per cento e da Città metropolitana di Roma Capitale e Unindustria per quote residuali – per realizzare la Nuova Fiera contrae un mutuo con Unicredit per 200 milioni di euro (di cui a oggi restano da pagare solo circa 20 milioni), e nel progetto di spesa da 355 milioni di euro considera di coprire il resto del finanziamento con i ricavi previsti dalla cessione dell’ex Fiera, stimata attorno ai 250 milioni di euro.
È indicativo il fatto che nello stesso anno, mentre nella Capitale la Nuova Fiera apre i battenti e il Comune di Roma, in attesa di approvarne il cambio di destinazione d’uso, occupa l’ex Fiera con servizi sociali, a Milano si firma il rogito per la vendita dell’area ex fiera: quella nuova è stata inaugurata nel 2005, quando il Comune di Milano ha anche adottato il Piano integrato di intervento sull’ex fiera, definendo alcuni ampliamenti del progetto che passa dai circa 255.000 mq ai circa 366.000 mq e apportando migliorie ai collegamenti.
La procedura, simile a quella romana, nuovo polo e cessione del vecchio, a Milano si conclude definitivamente nel 2008, quando la giunta comunale approva la variante, cui segue la stipula della convenzione urbanistica tra Comune di Milano e Citylife spa. A Roma, invece, il sindaco in carica, Walter Veltroni, si dimette prima di portare in Assemblea capitolina la variante che ipotizza un ampliamento del 40-50 per cento di cubatura edificabile e che avrebbe reso possibile valorizzare sul mercato l’immobile, attorno ai 250 milioni di euro. L’indirizzo della giunta, che si fermerà a un accordo di programma, riconosce tra demolizione e ricostruzione circa 288.000 metri cubi edificabili e prevede una variante al piano regolatore di allora per lo sviluppo di manufatti al 60 per cento residenziali, al 25 per cento non residenziali e al 15 per cento flessibili.
Dal 2008 inizia, dunque, il lungo travaglio dell’ex fiera, al centro dell’inchiesta della Corte dei conti. Quando alla guida di Palazzo Senatorio arriva Gianni Alemanno, riparte la discussione sulla variante che fissa la superficie edificabile ben al di sotto delle previsioni veltroniane, a 90 mila metri quadri: l’atto passa in giunta ma non arriva mai al vaglio dell’Assemblea capitolina che deve ratificarlo. Secondo le indiscrezioni, l’allora presidente di Eur spa, Riccardo Mancini, era in pressing per la chiusura della pratica e l’avvio delle procedure di vendita del bene. Il sindaco Ignazio Marino eredita quindi l’atto della giunta di centrodestra ma riavvia ex novo tutto l’iter e la giunta capitolina licenzia una variante in cui la cubatura viene ridotta a circa 67 mila mq.
L’atto viene ratificato dall’Aula Giulio Cesare nel 2015, ma con l’arrivo del Movimento 5 stelle e della sindaca Virginia Raggi, la giunta capitolina approva una delibera di controdeduzioni che riduce ancora più le cubature edificabili, portandole a 44 mila mq, di cui 36 mila con destinazione residenziale e 8 mila non residenziali. Nel 2020 anche la giunta regionale del Lazio approva la variante, e il successivo atto comunale conferma che l’80 per cento sarà destinato a edilizia residenziale (di cui il 20 per cento a edilizia popolare) e il 20 per cento a servizi.
È l’ultimo tassello di quindici anni di procedure amministrative, che hanno visto anche un riconoscimento in danno da parte della giustizia amministrativa in favore di Investimenti spa, per i continui cambi di destinazione d’uso e le progressive riduzioni di cubature edificabili, e che hanno causato una svalutazione dell’ex fiera da 250 a 100 milioni di euro, valore a cui il vecchio quartiere fieristico è stato ceduto alla fine del 2021. Perdita di valore che tuttavia non ha inciso sui bilanci di Investimenti spa, la quale ha chiuso gli ultimi due bilanci in utile, nonostante le recenti perdite dovute causate dalla pandemia al settore fieristico italiano e mondiale.