L’avanzata del Covid ha imposto alla nostra vita dei continui stop and go con veti e limitazioni che hanno profondamente segnato le abitudini radicate, l’economia e la socialità. Con i lockdown abbiamo vissuto in paesaggi spettrali dove la circolazione era ridotta quasi a zero e la maggior parte degli esercizi commerciali, con le serrande abbassate, trasmettevano un senso di abbandono e fallimento. E, a ben guardare, gli abbandoni e i fallimenti sono tantissimi con ripercussioni economiche incalcolabili.
L’allarme della Cna di Roma
La conferma viene anche dalla Cna di Roma che in un comunicato stampa parla di situazione “drammatica” per alcuni settori del commercio. Alcuni comparti economici rischiano seriamente di ridursi almeno del 40%. I più penalizzati sono: ristoranti, commercio in genere, estetica e acconciature (parrucchieri, ecc). Gli albergatori stimano un calo dell’85% seguiti dall’artigianato artistico, dal trasporto passeggeri (taxi), dal mondo dello spettacolo e dello sport. Ma il dato più tristemente indicativo riguarda i prodotti da forno, con chiusure previste intorno al 15% e calo del fatturato fra il 35 e il 40%. E dietro a questi numeri si intravedono diverse realtà, tutte ugualmente dolorose. I ristori previsti dal governo, se arrivati al destinatario, si sono rivelati assolutamente ininfluenti. A questo crollo generalizzato segue automaticamente la perdita di posti di lavoro che per l’Italia si calcola raggiunga la cifra di più di 1 milione.
Pensiamo, ad esempio, alla situazione romana dei b&b che stanno vivendo il vuoto totale, tanto che alcuni proprietari cercano di affittare i locali nel modo tradizionale e regolare. Questo quadro ha avuto un tale sapore di disfatta e sconfitta che ci ha fatto immaginare scenari di guerra e provare un’angoscia spesso totalizzante.
I giovani tra DAD e alienazione
Anche per i più giovani la vita è cambiata dall’oggi al domani e quello che era l’appuntamento quotidiano con la scuola e i compagni si è improvvisamente interrotto. Alla routine abituale si è sostituita la solitudine davanti ad uno schermo facente funzione di professore. La DAD è stata una grande soluzione che ha consentito di portare avanti, seppur parzialmente, il piano di studi. Ma la didattica a distanza ha aperto tali e tanti scompensi nei singoli come nella società che richiederanno mesi e anni per essere limati. L’arricchimento e la crescita si basano in gran parte sul confronto diretto e questo ai nostri giovani è stato negato. Dice in un’intervista la dr.ssa Elena Finotti*: “Negli ultimi mesi sono aumentante le richieste di valutazione neuropsichiatrica infantile per disturbi d’ansia e dell’umore, disturbi alimentari in ragazze sempre più piccole (11-12 anni), disregolazione comportamentale, fino a casi di autolesionismo”.
In effetti molti giovani si sono chiusi su se stessi arrivando ad idealizzare la vita virtuale e a sostituirla con il nulla cui si sono trovati di fronte. I ragazzi hikikomori (stare in disparte) che parevano un frutto esclusivamente orientale ma ce li siamo ritrovati, inaspettatamente, nelle nostre famiglie. Giovani chiusi nella loro camera, sempre in tuta, troppo disfattisti per affrontare una doccia, divisi tra le lezioni in DAD, l’uso compulsivo dei cellulari, della Tv e spesso con alterazioni del ritmo sonno-veglia. Difficile per gli adulti assumere uno stile educativo adatto alla grande prova che i giovani stavano affrontando nella quasi totale incomprensione. È stato chiesto troppo alla nuova generazione e i frutti di questa avventatezza li vedremo sul lungo periodo.
È come se il Covid avesse preso di mira scientemente le due generazioni estreme: i nostri vecchi e i nostri giovani.