Piangono miseria i grandi nomi dell’abbigliamento low cost.
Chiudono punti vendita a raffica e affidano immagine e cassa al flagship che dà maggior soddisfazione ai counter di ingresso.
Questo crollo del venduto va ricercato forse anche nel fatto che ci siamo stufati degli armadi pieni di indumenti che confessano già dal primo sguardo la loro anima cheap? O forse i tanto sbandierati abbinamenti super-brand/fast fashion non ci ispirano più? O davvero il lockdown ha modificato così tanto il nostro slancio verso l’acquisto che non sentiamo nemmeno più il piacere e l’entusiasmo per lo shopping?
In ogni caso i numeri parlano chiaro e dipingono un orizzonte desolato e desolante.
In tutto questo malandare abbiamo notato un approccio inusuale del low cost nei confronti della “pubblicità indiretta”.
Sempre più spesso, nelle varie rassegne stampa che riceviamo, appaiono degli enfatici articoli dedicati a questo o quel capo/accessorio presenti nelle collezioni di Zara, H&M, Cos, Primark, ecc. Naturalmente gli articoli sono stati pescati da riviste femminili di tutto rispetto.
Si passa dagli abiti da sposa, ai sandali “copiati” da Prada ma che vengono venduti a 9Euro!! Tutto con grande spolvero di immagini e giudizi incensanti sulla versatilità, sul grado altamente fashion delle collezioni (tanto da poter essere sfoggiate in tutto relax da varie teste coronate) e non ultimo sul prezzo proprio goloso.
Questi articoli sono davvero delle new entry quotidiane che fanno immaginare uno scenario pubblicitario più complesso e orientato di quanto fosse fino a poco tempo fa. Quasi una manovra “a tenaglia” preordinata che improvvisamente si occupa del low cost “scansando” i brand del lusso in maniera sistematica. Forse le rassegne pensano che il lusso non abbia bisogno di aiuto? o che ormai sia fuori dalla portata delle nostre tasche, scarnificate?
O più semplicemente è un puro conto economico che bada ai costi/benefici di questa inversione di tendenza? Perchè gli articoli pubbli-redazionali, di qualunque materia, generalmente hanno un costo o comunque un do ut des di tutto rispetto. Quest’ultima ipotesi ci pare, nel nostro caso, la più plausibile.
Le catene del fast fashion giocano questa estrema carta nella speranza che, il martellamento quotidiano, crei curiosità e interesse e di conseguenza l’aumento degli acquisti.
Quasi tutti abbiamo immaginato che questo momento storico ci avrebbe indirizzato, volenti o nolenti verso spese più “risparmiose”. E invece ci siamo sbagliati di brutto e a nulla hanno potuto le sventagliate di saldi, offerte e super-sconti. Siamo diventati “incorruttibili”, pubblicità o meno.
Un’aggiustatina al nostro trend di vita male non ci fa ma non dimentichiamo mai che l’economia deve girare in tutte le direzioni possibili per la sopravvivenza della Nazione.