Non è la fuga delle aziende, non solo almeno. Forse più un’economia col fiatone, che ancora non ce la fa a stare in piedi sulle sue gambe, a reggere, tanto per usare una metafora calcistica, i cosiddetti 90 minuti. Nella nuova odissea, piccola o grande che sia, che sta vivendo l’economia del Lazio c’è un po’ di tutto. Appalti, industria e manifattura. Qualcuno parla del classico autunno caldo e forse sarà proprio così, tra crisi aziendali, distretti industriali da rilanciare, precariato e tensioni legate a un mercato del lavoro diviso fra chi ha l’articolo 18, chi lo perde e chi ha un contratto flessibile.
Facciamo un po’ di ordine. Dopo la fuga di grandi aziende tra la fine del 2017 e l’inizio del 2018, adesso sono precisi segmeneti del mercato del lavoro a soffrire. Lo dicono i sindacati e non certo per esercizio di stile. A Roma e dintorni la crisi coinvolge piccole e medie imprese di servizi. Come la vigilanza privata: il settore è in difficoltà e i lavoratori accusano turni di 13 ore e ritardi negli stipendi. A lanciare l’allarme è la Uil, che elenca i posti a rischio: 400 dipendenti di Sipro, 70 di Securpol, 160 di Città di Roma. I primi licenziamenti, oltre 150, sono in programma a partire da ottobre.
La crisi dei servizi riguarda anche società come Ericsson dove, secondo la Uil, sono a rischio quasi 200 dipendenti; o la Sogin, società di pulizia industriale, con quasi 30 addetti; o i 163 dell’ippodromo di Capannelle e i 250 di Condotte in attesa di conoscere il loro destino. La crisi non risparmia il distretto di Pomezia dove 80 addetti della B.E. Solution, azienda di servizi IT, rischiano il posto perché senza clausola di salvaguardia: se finisce una commessa, si va a casa.
A preoccupare i sindacati è anche il destino delle società partecipate dal Comune, soprattutto Multiservizi, Farmacap e le aziende di ristorazione scolastica e servizi Atac: un bacino di quasi 10mila lavoratori dal futuro incerto che la sindaca Raggi è chiamata a risolvere al più presto. Il punto critico è il sistema degli appalti senza clausola sociale e garanzie contrattuali: il confronto è aperto — spiega l’Osservatorio della Cgil — siamo pronti ad azioni di lotta.
Fuori Roma la crisi coinvolge manifattura e industria. Come il distretto del travertino di Guidonia: dopo anni e anni di estrazione, le imprese vendono la pietra all’estero e i laboratori di lavorazione chiudono. Nei mesi scorsi il Comune ha revocato le prime licenze a scavare e sono partiti i licenziamenti: la Filca Cisl ne conta circa 100 da aprile a oggi. A rischio c’è un indotto da 2mila lavoratori e 400 artigiani diretti, da giorni in sciopero a oltranza in tenda sotto la sede del Comune.
Fin qui le crisi industriali. Volendo dare uno sguardo macro, l’occupazione nel Lazio aumenta del +1,2% nel secondo trimestre del 2018), leggermente al di sotto della media italiana, mentre il tasso di disoccupazione sale dall’11,7% all’11,9%, ponendosi al di sopra del livello nazionale (10,7%). Meno male che il Lazio può permettersi ancora di vivere sulle spalle dell’export, che nel 2017 è aumentato più del doppio della media nazionale (7,4%), portando il Lazio ai primi posti per contributo all’incremento delle esportazioni nazionali. Ma può bastare?