Liberati (Bcc): serve fiducia per gli investimenti

Intervista al presidente della Banca di credito cooperativo di Roma. Iccrea? “Potevamo rimanere da soli, abbiamo i numeri per farlo. Ma hanno prevalso i valori del credito cooperativo”

Francesco Liberati, banchiere di lungo corso, è alla guida della Banca di credito cooperativo di Roma. Insieme al dg Mauro Pastore, tiene le redini del primo istituto cooperativo in Italia, reduce dall’adesione alla capogruppo Iccrea, ultimo atto della spartizione delle Bcc innescata con la riforma della cooperazione, nel 2016. Si capisce dunque che quando gli si chiede una valutazione sullo stato dei prestiti a Roma e dintorni, si vada certi di una pronta messa a fuoco del problema.

Presidente, secondo la Banca d’Italia il credito nel Lazio è in lieve ripresa, grazie a condizioni di finanziamento meno restrittive. Eppure gli imprenditori denunciano ancora scarso credito utile a sbloccare gli investimenti. Che succede?

Sicuramente i bassi tassi di interesse hanno un impatto positivo sull’erogazione del credito nella nostra Regione, soprattutto nei confronti delle famiglie. Per le aziende il discorso è diverso e le richieste continuano ad essere indirizzate prevalentemente al finanziamento del capitale circolante. Non credo che si possa imputare alla mancanza di credito la scarsità degli investimenti.

Dal bilancio 2016, appena approvato dai soci, emergono impieghi alla clientela per oltre 7 miliardi di euro, in crescita del 3,3% rispetto al 2015, contro una media del sistema bancario nazionale dello 0,4%. Siete in controtendenza, sembra…

È chiaro che le banche sono prudenti nell’erogazione dei finanziamenti, vista la mole di sofferenze accumulate, ma il loro mestiere è prestare denaro. Sono ben altri i fattori che bloccano gli investimenti nel Lazio e in genere in Italia, a partire dalla scarsa fiducia di imprese e famiglie sul futuro del nostro Paese. Se non c’è fiducia non si investe.

Però rimane il problema delle piccole e medie imprese, per cui il finanziamento bancario rappresenta ancora il primo strumento di sviluppo e investimento. Non crede che in certe situazioni possa essere utile ridurre la banca-dipendenza delle imprese, forse anche per ridurre il rischio di un credito incagliato?

Il problema di molte imprese, non sono io a dirlo,  è la scarsità di capitali propri. Finché le cose vanno bene, l’economia ‘tira’, non ci sono problemi. Un’azienda sottocapitalizzata, però, se l’economia peggiora si può trovare in grandi difficoltà. Indubbiamente in Italia il finanziamento bancario rappresenta ancora il primo strumento di sviluppo e investimento. Sono almeno 30 anni che si ripete come sia necessario trovare canali alternativi per il finanziamento delle Pmi, lo zoccolo portante della nostra economia; mi pare però che siamo sempre al punto di partenza, e cioè che le banche restino l’unica alternativa per una larga fetta di imprese.

Lei ha parlato di fiducia. Eppure le banche ne hanno persa parecchia negli ultimi tempi agli occhi del mercato. Cito i casi di Mps o delle due banche venete. Che cosa fa la Bcc di Roma per cementare il rapporto di fiducia con il retail?

Le rispondo ricordando che abbiamo chiuso positivamente anche l’esercizio 2016 con un significativo sviluppo degli impieghi creditizi a famiglie e imprese , un aumento del 3,3%, nettamente superiore a quella del sistema bancario che è cresciuto dello 0,4%. Ma c’è di più: nell’ultimo decennio i nostri impieghi sono aumentati del 130%, segno di un lavoro costante al servizio dei cittadini e delle imprese. Ciò significa che la nostra banca rimane un punto di riferimento essenziale per la tenuta dei territori in cui siamo insediati.

Siete un modello per il sistema?

La nostra cooperativa ha un grande patrimonio, che va oltre quello economico. Si tratta del patrimonio di relazioni che intrattiene saldamente con i suoi oltre 32mila soci e i suoi clienti, coi quali ha un rapporto diretto: noi il cosiddetto rating dei clienti richiesto dalle linee di Basilea 3 lo traduciamo non soltanto in freddi numeri, ma anche in conoscenza storica, lavorativa, morale.

Veniamo all’adesione al gruppo Iccrea. Il credito cooperativo si è spaccato dopo la riforma: che valore dà a tale operazione?

Grande. Dico innanzitutto che abbiamo deciso di aderire al gruppo Iccrea per ragioni di coerenza con la nostra storia e buon senso sul piano associativo e imprenditoriale. Siamo convinti, poi, che la nuova architettura del sistema del Credito Cooperativo italiano consentirà alle Bcc di svolgere ancora meglio il proprio ruolo al servizio delle economie locali. E lo farà migliorando la solidità di sistema e la capacità operativa, con un organismo centrale in grado di garantire la continuità del servizio delle BCC alle comunità locali. È importante sottolineare che la riforma non snaturerà la nostra Banca in quanto cooperativa a mutualità prevalente. La vocazione territoriale – come confermato dalla Banca d’Italia – rimarrà tale.

Qualcuno dice che potevate rimanere da soli, andare per la vostra strada.

Potevamo non aderire ad un gruppo bancario e restare da soli, perché avevamo i numeri per farlo. Non abbiamo voluto perseguire questa strada perché vogliamo restare una cooperativa di credito, in linea con i valori che hanno caratterizzato la nostra storia. Certo, sarebbe stata preferibile una soluzione unitaria per tutto il Credito Cooperativo, ma questo non è stato possibile.

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