Morte alla plastica entro il 2042

Il mondo decreta guerra alla plastica. Una guerra preventiva per salvare l'umanità ma senza proposte alternative

non biodegradabili

Un mondo senza plastica? Ad oggi sembra assolutamente impossibile. Ci si rappresenta uno scenario impensabile: un mondo semivuoto, senza tutte quelle cose che da decenni occupano il nostro quotidiano e che maneggiamo costantemente. Praticamente tutto quello che ci circonda, tutto quello che usiamo è di “plastica” e dietro a questa parola si nascondono migliaia di varianti.

La vera grande rivoluzione dei nostri tempi è nata in Inghilterra nel 1861, ha subito mille evoluzioni e migliaia di studi fino ad “esplodere” nel ‘900. Da quel momento parte la sua corsa e la diversificazione diventa pressochè infinita. Si rivela un elemento adatto ed adattabile a qualunque campo: dall’abbigliamento al mondo dell’auto.

L’uso monopolizzante della plastica è anche un simbolo del boom economico, della voglia di modernità. Fino a diventare un’icona dei “beati anni ’60”. E poi è l’elemento più logico, comodo e meno costoso che possa venir impiegato globalmente.

Ma ora e improvvisamente questo mondo sintetico dichiara guerra a se stesso e le campane a morto per la plastica risuonano da un continente all’altro. Quella che è stata una scoperta davvero, capace di modificare la nostra vita, deve sparire o sparirà poco per volta la nostra vita.

Finire soffocati dalla plastica, come tanti altri animali, è l’improvviso terrore che sta travolgendo stati e governanti. Dal 1° gennaio in Italia è iniziata la battaglia sui sacchettini per i prodotti ortofrutticoli. Battaglia dura e combattuta sul filo dei pochissimi centesimi di costo aggiuntivo (e con i guanti usati per “toccare” frutta e verdura come la mettiamo?). Alcuni supermercati notano, in questi primi giorni dell’anno, una diminuzione degli acquisti di prodotti sfusi a favore del preconfezionato. E questa la dice lunga sulla reale volontà individuale di migliorare l’ambiente! In questa guerra, parte a passo di carica il Regno Unito che si impegna a vedere l’Inghilterra “plastic free” entro il 2042.    25 anni per ripulire l’isola dalla plastica in eccesso, soprattutto da quella “sporca” cioè non biodegradabile. Le “trash island” che crescono negli oceani, gli scarti disseminati nei nostri mari, sulle spiagge, nei fiumi e lungo le strade è come se fossero apparsi all’improvviso sorprendendo e orripilando il mondo intero. Ora che si è presa coscienza della situazione è tutta una corsa al pentimento e alla paura. Chi prima arriverà con decreti e alternative valide figurerà come salvatore della terra. E tutti gli altri dovranno e di gran corsa adeguarsi.

Per ora si annunciano nuove imposte (ancora non si sa se per i produttori o per i consumatori), messe al bando di vari prodotti dai cotton fioc alle stoviglie usa e getta, dalle cialde per il caffè ai soliti sacchetti della spesa. Si calcola che ogni anno finiscano NON RICICLATI più di 8 miliardi di plastica sporca e per non riciclati intendiamo “seminati per il mondo”. Il problema è stato sottovalutato per troppo tempo ed ora la lotta è davvero titanica, tanto da non poter fare alcuna scommessa. Da oggi partono i divieti, gli appelli, i giri di vite sanzionatori ma, nell’insieme hanno il triste sapore del bando da campagna elettorale/populista (com’è di moda dire!). Nessuno finora ha avanzato soluzioni per sostituire la plastica con altri materiali, ne’ abbiamo letto di studi specifici in questo senso.

La tragedia sarà quando la politica (per motivi suoi), l’ambiente e il futuro delle prossime generazioni si dovranno confrontare con i colossi della produzione e con gli sceicchi del petrolio. Per ora siamo al punto molto italiano di #AboliamoQualcosa….

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