Pernigotti: nuova batosta per l’agroalimentare Italiano

Durissimo colpo per la filiera agroalimentare italiana. Chiusa e "turchizzata" l' azienda dolciaria, si riduce il mercato per: nocciole, zucchero e miele

Voluto dal MiSE si apre il 15 novembre l’ennesimo tavolo di lavoro, anzi di crisi. Come centrotavola i gianduiotti e tutti gli altri prodotti Pernigotti. Intorno tante poltrone con i tecnici del ministero, i sindacati, i rappresentati della proprietà e dei lavoratori. Nell’aria un tenue profumo di cioccolato e di nocciola e poi così tanto fumo che, probabilmente impedirà la vista alle parti convocate. Raramente l’industria semi/italica, in fase di smantellamento, ha incontrato un caso tanto nebbioso e incerto. La Pernigotti, fornitore della Real Casa dal 1882, ha perso da tempo e tragicamente la sua connotazione “familiare” ed ha cominciato a vagolare tra joint venture, acquisizioni e “stampelle” nazionali terminando la sua storica corsa in mano Turca! Il marchio è sempre e comunque stato percepito da mercati come COMPLETAMENTE nostrano, affidabile e di grande raffinatezza. Di più: una delle eccellenze italiane. La proprietaria Toksöz si sta dibattendo tra delocalizzazione e esternalizzazione (quindi su territorio nazionale) di tutti i cicli di lavorazione dei prodotti Pernigotti. In sostanza: prendere un’azienda, farle chiudere i battenti, mandare a casa gli operai, spacchettarla e subappaltare a ditte terze ogni momento della catena. Questa seconda ipotesi pare poco convincente e giocata per prendere tempo e valutare le reazioni delle forze chiamate in causa. Questa svolta nella lunga vita della Pernigotti (160 anni!) arriva come un fulmine a ciel sereno, prendendo tutti alla sprovvista e rendendo, in questo modo più difficile l’approccio al problema. Ha dell’incredibile che proprio nessuno ne sapesse nulla. E’ assolutamente vergognoso che ne’ i sindacati, ne’ il vice Premier Di Maio in qualità di MINISTRO DEL LAVORO e DELLO SVILUPPO ECONOMICO fossero all’oscuro delle manovre di Toksöz!!! Le due istituzioni hanno dato un fulgido esempio di professionalità e di impegno nel salvaguardare lavoro e territorio. In pratica, fino ad ora, NON hanno fatto nulla! Certo l’azienda dolciaria non navigava con bilanci positivi. Ma guarda caso, con il subentro dei Turchi si è arrivati ad accumulare 50 mln di perdita in 5 anni! Che pare proprio una cifra giusta per chiudere una fabbrica. A noi ricorda tanto la storia del Milan con l’arrivo dei Cinesi… E altrettanto crediamo in una delocalizzazione di Pernigotti nella nazione di Erdogan. E’ logico: la Turchia è il più grande produttore al mondo di nocciole (base fondamentale per creme spalmabili, cioccolatini, ecc). Non esistono grandi controlli sulla filiera come sui fitofarmaci impiegati per la coltivazione. La qualità, in genere, è di basso livello e non potrà MAI essere paragonata al prodotto italiano e laziale in particolare. La produzione nazionale subirebbe un colpo di portata incalcolabile. E si andrebbe, praticamente, verso un mercato monopolistico guidato da Ferrero. Altre produzioni, sempre in ambito alimentare, duramente colpite sarebbero lo zucchero, il miele e il latte italiano. Le parole, le dichiarazioni indignate, le “lacrime” delle istituzioni sono arrivate solo dopo l’annuncio di Toksöz. Dichiarazioni di una superficialità e di mancanza di polso da far rabbrividire. Nessun accenno al mercato e alla filiera agricola. Leggiamoli questi paladini dell’italianità: Capone (UGL) “…la produzione deve restare in Italia…” (gulp!); Prandini (presidente Codiretti) “…l’Italia deve difendere il proprio patrimonio agroalimentare…” (doppio gulp!); Presidente della provincia di Alessandria Baldi (presidente provincia di Alessandria) “…Siamo preoccupati…” (triplo gulp!); dal ministro Di Maio, solo l’eco del silenzio. Viste le premesse, il futuro di Pernigotti, dei suoi lavoratori, dei suoi prodotti e della sua italianità, pare già scritto. Dagli “accomodati” intorno al tavolo MiSE usciranno espressioni afflitte e irritate al punto giusto. Ma nessuna vera e forte discesa in campo, nessuna azione tangibile e attiva. Così il nostro made in Italy di cui tanto ci vantiamo diventerà sempre più “nomade” e “sradicato”. Con il placet silenzioso delle “astratte” e deboli istituzioni.

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