PIR: vantaggi e svantaggi del nuovo tipo di investimento

Il fervore bancario, e non solo, corre sull'unico nuovo strumento di investimento: i PIR. Se ne parla ovunque e comunque. Intanto le banche incassano le commissioni.

pensare prima di agire

E’ storia vecchia e sempre disattesa quella dei PIR (piani individuali di risparmio). Da anni annunciati come rivoluzionario fenomeno di investimento, solo ora, con la nuova Legge di Stabilità sono diventati effettivi e a disposizione del pubblico. Altri paesi europei li hanno adottati da tempo e presentati come alternativa ai soliti collocamenti di denaro privato. In questi ultimi tempi, poi, se n’è fatto un gran parlare e un gran scrivere. Naturalmente gli esperti hanno visioni del nuovo oggetto completamente divergenti. Ecco alcuni punti essenziali, secondo Radiocolonna

VANTAGGI
1) i Pir sono sostanzialmente dei “contenitori” di danaro dove a fronte di alune regole ben disciplinate si ottengono vantaggi fiscali che, in caso di buoni rendimenti, possono dare delle soddisfazioni;
2) prima di tutto la completa esenzione della tassazione sulle plusvalenze;
3) l’esclusione dal conteggio dell’imposta di successione;
4) durata dell’investimento che è previsto in di 5 anni;
5) limitazione degli importi investiti con un tetto di euro 30.000/anno ripetuti per 5 anni fino ad un massimale di euro 150.000. Un impegno economico che, tutto sommato, può intercettare molte fasce di privati;
6) la possibilità di reddito detassato, al contrario dei soliti conti correnti che, ormai, non solo non rendono nulla ma vedono crescere il loro costo di “manutenzione”;
7) e se può servire, l’italico conforto di dare una mano alla vivacizzazione dell’economia nazionale.  Perchè, va ricordato che i Pir hanno come sottostante le “azioni” delle PMI (piccole medie industrie) italiane NON QUOTATE IN BORSA.  Qualcuno definisce i Pir “una rivoluzione” nel campo degli investimenti, di fatto è un’ipotetico  smobilizzo dal classico risparmio privato (materasso, conto corrente, cassetta di sicurezza…) e un conseguente e vitale flusso di liquidità pronto a portare ossigeno alla piccola imprenditoria.
Da tempo, il sistema bancario, in piena crisi, ha chiuso il rubinetto dei finanziamenti trasformando l’accesso al credito (privato e aziendale) in un miraggio.

Con i Pir, in un certo senso, si conferisce ai risparmiatori il nuovo ruolo di finanziatori.

SVANTAGGI
1) i Pir hanno spesso alti/altissimi costi di entrata e di gestione (che limano i vantaggi fiscali) e che si traducono in ulteriori incassi per le banche;
2) sono strumenti tipicamente azionari rappresentativi di piccole e medie imprese, quindi come tali molto volatili ed estremamente rischiosi, senza garanzia di rendimento…anzi;
3) in caso di problemi della banca i PIR non rientrano nel bail in (come non rientrano i fondi comuni e altre forme di investimento) quindi in caso di insolvenza dell’istituto hanno una loro vita separata e non rientrano nel calderone del fallimento;
4) i Pir NON vanno visti come un’alternativa al conto corrente. In più sono vincolati ad un orizzonte temporale di 5 anni se si vuole accedere ai benefici fiscali.  A livello di volatilità si trovano agli antipodi del conto corrente;
5) una grossa incognita, poi, è data dall’andamento del mercato delle PMI nazionali, così fragile e sensibile alle continue variazioni di: Iva, tasse, incentivi, voucher…ecc.ecc. Di contro esistono da anni strumenti internazionali molto efficienti e testati che si muovono sullo stesso terreno dei Pir con NON ESTEMPORANEA conoscenza della materia ma, ahinoi senza dare vantaggi fiscali;
6) non ultimo il dubbio (convinzione ?) che una bella fetta di PIR finirà per ingrassare gli amici e gli amici degli amici, senza una reale spalmatura uniforme, disattendendo così alla loro mission fondamentale.

Se siete arrivati a leggere tutto il pezzo vi assicuriamo che è lontanissima da noi l’idea (e il ruolo) per dare consigli pro/contro PIR. Come per qualunque strumento finanziario e, con questo “scompiglio bancario” in atto, vale la regola della massima attenzione e del sano criterio di diversificazione degli investimenti.

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