“Non è difficile spiegare perché il trasporto romano versa in condizioni disastrose, metro o autobus che sia. Semmai il problema è trovare qualcuno che sull’origine del caos ci rifletta sul serio. Quello mi preoccupa”. Chicco Testa i trasporti capitolini li conosce bene, visto che, una volta accantonate le presidenze di Acea ed Enel, ha guidato per quattro anni, dal 2004 al 2008, Roma Metropolitane, la Spa che l’attuale amministrazione a trazione grillina voleva prima dismettere, salvo poi ripensarci e tenerla in vita. Dal terzo piano del suo ufficio che affaccia su via Bissolati, il manager bergamasco con un passato nel Pci racconta i buchi neri della metro romana, lontana anni luce dagli standard di metropoli come Berlino o Londra. E Milano.
A Roma il trasporto fa acqua da tutte le parti. Eppure siamo la Capitale d’Italia. C’è qualcosa che non va…
Sa perché la metro di New York trasporta fino a quattro milioni di persone al giorno mentre quella di Los Angeles ne fa 150 mila? La differenza è nella densità e a Roma ci sono seri problemi di dispersione territoriale. Significa reti troppo lunghe, che dopo un certo punto si perdono e non raccolgono più gente. Ci sono linee che dopo un certo punto, faccio un esempio, Ponte Milvio, non sono più ‘affollate’ come dovrebbero. Ma all’azienda che li gestisce, Atac, costano come le altre.
Questo è un primo problema, ovvero la scarsa redditività della rete romana. Milano, che è molto più piccola di Roma, ha tuttavia una densità di gran lunga più alta: 7.500 abitanti per chilometro quadrato contro i 2.200 di Roma. Linee più corte sì, ma più redditizie. E questo fa la differenza. Ma questo è solo uno dei problemi…
Quali sono gli altri?
Ci sono poi dei motivi soggettivi, cioè la totale inadeguatezza delle strutture preposte. Penso all’Atac, che con certe amministrazioni ha finito con lo sgretolarsi fino a non funzionare più. Con Alemanno, tanto per fare un esempio, è prevalsa la filosofia del ‘liberi tutti’. Cioè ognuno faceva quello che voleva: sindacati, dipendenti, manager. E alla fine si sono ridotte le ore lavorate e aumentate le malattie. Una situazione che non è stato possibile sanare con le amministrazioni successive. Oggi le partecipate erogano politica, non servizi.
Un paragone può aiutare. Milano ha iniziato a fare la metro nel 1954 e oggi ha 100 km di rete. Roma sette anni prima, ma di rete ne ha solo 60 km. Qualcosa vorrà dire
Per essere precisi a Roma il progetto metro è iniziato con Mussolini, che voleva collegare Centocelle al centro. Ciò non toglie l’enorme gap con Milano, che oggi ha una rete metropolitana maggiore. Da una parte Roma ha sempre scontato una carenza cronica di risorse finanziare, dall’altra va detto che le metro bisogna saperle progettare: qui abbiamo creato Roma Metropolitane 10 anni fa, ma i progetti li facevano gli assessori, mentre Metropolitana Milanese i progetti se li faceva da sé. E poi c’è ovviamente un problema di sottosuolo, che a Roma è indubbiamente complicato. Per non parlare del ruolo delle Soprintendenze…
Cosa c’entrano?
C’entrano eccome. Spesso più che funzionari sono archeologi e così basta trovare quattro sassi per fermare tutto: fanno gli scavi, la pubblicazione e c’è un rimbalzo di carte coi ministeri. E alla fine il tempo passa. Pensi che, come mi ha scritto una volta in una lettera un ex soprintendente, tutte queste operazioni di scavo si possono eseguire tranquillamente senza limiti di costo e soprattutto tempo. Sa che vuol dire? Che ogni volta che salta fuori un problema così, è impossibile andare avanti: alla fine fare un chilometro di metro a Roma costa molto più che in altre città. Ho partecipato a fior di convegni dove il soprintendente di turno definiva i lavori per la metro ‘una storica opportunità archeologica’. Forse anche per questo quando sono stato a Roma Metropolitane sono morto…
Prego?
Ho dovuto fare delle ricerche sui tracciati dei tratturi romani. Non ci tornerei mai in Roma Metropolitane.
A questo punto però cosa bisogna fare per tentare di rimettere in sesto il trasporto romano, metro in primis?
Qui il discorso è molto semplice. Il governo ci deve mettere del suo con una norma che dica che la metro di Roma è di pubblica utilità e che la sua realizzazione viene prima di tutto. Bisogna ripartire da qui, perché si potrebbe creare anche un consenso intorno a quest’opera. Un’idea potrebbe essere quella di creare alle prossime elezioni un comitato di salute pubblica, con le persone migliori di questa città. Altrimenti andremo ancora più a fondo di così.
Quanto c’entra con la metropolitana le difficoltà della giunta Raggi?
C’entra e non c’entra. Direi che è un aspetto trascurabile. Anche perché qualcuno di valido c’è. Penso a Colomban, che è uno in gamba. Il vero problema è che questa città va avanti da sola, per inerzia, come un grande bastimento. Ma bisogna capire fino a quando sarà possibile. Temo che un giorno non si accenderanno i semafori.
La metro C alla fine si farà?
Penso di sì, anche se la vedo difficile nella sua interezza. Diciamo che sulla stazione di Piazza Venezia la vedo dura, mi pare molto più fattibile quella del Colosseo.
Lei lo stadio della Roma lo farebbe?
Assolutamente sì