Raggi: Stadio Tor di Valle e Metro, una miscela esplosiva

All'inchiesta si aggiunge il blocco della mobilità nel centro storico. Cittadinanza esasperata. Occorre abbandonare il progetto dello Stadio della Roma

Gli sviluppi dell’inchiesta sullo Stadio di Tor di Valle e l’escalation della crisi della metro,  con la chiusura di ben tre stazioni nel Centro della Capitale, diventano una miscela esplosiva, che minaccia il futuro della giunta pentastellata, guidata dalla sindaca Virginia Raggi.

Dopo l’arresto del Presidente dell’Assemblea capitolina,  Marcello DeVito, accusato di corruzione, e la notizia delle indagini a carico di Daniele Frongia, anche l’amministratore delegato della multiutility Acea, Stefano Donnarumma, è indagato per la sponsorizzazione di due concerti per 25.000 euro ciascuno.

Una nota della società precisa però che le sponsorizzazioni erano di esclusiva competenza dell’ex Presidente Luca Lanzalone, che si trova agli arresti domiciliari e viene  processato in questi giorni anch’egli per corruzione. Ma proprio il coinvolgimento di Donnarumma, sia pure innocente, come si dichiara, è il segno che l’inchiesta è avviata su un percorso imprevedibile, che aggrava la reputazione, già pesantemente ammaccata della Giunta Raggi, con il record di ben otto assessori dimessi e super consulenti indagati o arrestati.

Ma ciò che ha finito per esasperare i romani è soprattutto la completa debacle del decoro, con la strage degli alberi, di cui la Capitale andava fiera, e l’immondizia  diventata ingovernabile, alla quale si aggiunge ora pressoché il blocco della mobilità nel centro storico con la chiusura di due fermate strategiche della metro, come Barberini e Spagna, dopo che Repubblica è già chiusa da molto tempo.

Ed è inspiegabile che ci sia voluto questo disastro, dopo un anno di continue rotture di scale mobili con relativi contusi e feriti, per decidere il cambio dei manutentori. Ormai solo Luigi Di MaioDavide Casaleggio si accontentano della volontà della sindaca di andare avanti, mentre Beppe Grillo, “rompe” il suo silenzio sulla vicenda, limitandosi a un post sul suo sito Facebook col quale Virginia Raggi espone la sua trincea che recita: “Non si torna al passato. Il giorno in cui sono stata eletta sapevo che il vecchio sistema, che insieme al M5S sto scardinando con ogni mia forza, avrebbe opposto ogni tipo di resistenza”, scrive la sindaca puntando il dito contro “affaristi, tangentisti, corrotti, palazzinari che da decenni infettano i gangli vitali dell’amministrazione di Roma”.

Purtroppo nei primi tre anni del suo mandato Virginia Raggi si è dimostrata incapace di mantenere le promesse, sia pure ambiziose, della campagna elettorale,  che ora imperterrita ripropone. Certamente incoraggiata dal sostegno del suo partito col quale aveva condiviso la gestione della Capitale. Infatti,  dopo l’arresto di Marra il M5S nazionale – come rileva l’ex Assessore all’urbanistica, Paolo Berdini intervistato dal Corriere della Sera – l’aveva sostanzialmente commissariata con Bonafede e Fraccaro. Ed è a quel momento – ricordaBerdini – che spunta Lanzalone, che la sindaca gli aveva indicato come uomo di sua fiducia insieme al cambio di linea sullo Stadio.

E serve a poco  che la sindaca in queste ore affermi di non essere mai stata una “barricadera” per la costruzione dello stadio e che di fronte al fatto che la realizzazione della struttura torna in bilico, perché l’inchiesta coinvolge diversi asset, chieda un nuovo parere all’Avvocatura su eventuali penali da pagare in caso di modifica o blocco del progetto. Il peggio è stato fatto. E l’unico sussulto di dignità che può salvare la giunta Raggi – come suggerisce Berdini – passa attraverso un ritorno alle regole, e quindi dall’addio al progetto dello stadio della Roma a Tor di Valle.

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