Rifiuti: nel 2021 produzione in aumento, tasse più alte in Comuni con deficit impianti

Assessore Alfonsi: Nella Capitale la differenziata a oggi "è al 46 per cento ma è in salita

photo credit: Marco Palma

Nel 2021, dopo la pandemia, in Italia si è verificato un aumento della produzione di rifiuti urbani: la quota di scarti ha raggiunto i 502 chili per abitante, con una variazione del 3 per cento rispetto al 2020. È cresciuta, però, anche la raccolta differenziata: nel 2021 si è attestata al 64 per cento della produzione nazionale, con un quantitativo pro capite pari a 272 chili. Tuttavia, la percentuale che viene avviata a riciclo e riuso è ferma al 48 per cento dal 2019 e nel 2021 lo smaltimento in discarica interessa ancora il 19 per cento dei rifiuti urbani.

È quanto emerso da “Green book 2023.

I dati sulla gestione dei rifiuti urbani in Italia” redatto dalla Fondazione Utilitatis e presentato oggi a Palazzo Merulana a Roma. I costi più alti, a carico dei cittadini, si registrano nei Comuni in cui c’è un deficit impiantistico: il trattamento fuori regione o l’affidamento a privati del servizio fanno lievitare le tariffe. Il deficit impiantistico più significativo, che non consente la corretta chiusura del ciclo dei rifiuti, è stato rilevato al Sud e – a causa del maggiore costo sostenuto per il trasporto dei rifiuti verso impianti fuori Regione – il Sud registra la tariffa più alta del Paese, con 368 euro nel 2022, staccando il Centro (335 euro) e il Nord (276 euro). E nella gestione del ciclo se a livello nazionale, gli affidamenti del servizio sono principalmente riconducibili a un ente pubblico (40 per cento dei casi), al Sud Italia sono preponderanti gli affidamenti a gestori privati (48 per cento). Sul fronte gestionale, principalmente al Centro Sud, il settore si mostra caratterizzato da una forte frammentazione sia orizzontale, dovuta al gran numero di operatori attivi in territori comunali, sia verticale all’interno del ciclo integrato.

Nella Capitale la differenziata a oggi “è al 46 per cento ma è in salita, al momento del nostro insediamento era a 1,3 punti in meno”, ha spiegato l’assessora all’Ambiente e ai Rifiuti di Roma, Sabrina Alfonsi.

“Nel piano di gestione dei rifiuti abbiamo come obiettivo il raggiungimento del riciclo al 65-70 per cento, ma è chiaro che non può essere paragonato a quello di un piccolo Comune – ha aggiunto Alfonsi -. Bisogna vedere i dati e disaggregarli per numero di abitanti”. E per quanto riguarda gli impianti: “Il rapporto restituisce un’Italia completamente diversa tra Centro Nord e Centro Sud: Roma è assolutamente nel Centro Sud, soprattutto per la questione di mancanza totale di impiantistica. Il vero lavoro che stiamo facendo – ha detto Alfonsi – con il piano dei rifiuti è quello dell’aver studiato i flussi e la necessità di impianti per costruire quelli che servono”. Tra gli impianti che saranno realizzati nella Capitale, oltre al termovalorizzatore, ci sono due biodigestori per l’umido. E la frazione organica, sulla produzione complessiva, su base nazionale, costituisce circa il 40 per cento.Ma, sempre a livello nazionale, circa 1,3 milioni di tonnellate di umido vengono trattate in impianti di Regioni diverse da quelle di produzione: questa quantità rappresenta circa il 18 per cento dell’organico prodotto annualmente. La stima del fabbisogno impiantistico al 2035 – per quanto emerge dal rapporto della Fondazione Utilitatis – con il raggiungimento degli obiettivi di economia circolare, per il trattamento di questa frazione, mette in rilievo l’autosufficienza di alcune zone del Paese (ad esempio Sardegna e Nord), mentre Centro, Sud peninsulare e Sicilia dovrebbero presentare a quella data ancora un importante deficit. E per il futuro un settore da tenere d’occhio sarà quello del tessile. In Italia, a oggi, il 72 per cento dei Comuni italiani raccoglie separatamente i tessili per una quantità complessiva di circa 154 mila tonnellate, dati del 2021. Secondo la Fondazione Utilitatis “l’introduzione di un modello in questa filiera potrebbe contribuire a generare benefici ambientali, sociali ed economici su scala europea, con un risparmio di 4-4,3 milioni di tonnellate di emissioni di Co2, la creazione di oltre 15 mila nuovi posti di lavoro e un giro d’affari compreso tra 1,5 e 2,2 miliardi di euro”.

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