Sembrava quasi che due mesi di lockdown potessero aver cambiato le abitudini dei romani. Invece no. Non sembra essere cambiato proprio nulla. Anzi forse sì. I romani sembrano aver deciso di cambiare forma e dimensione dei propri rifiuti, passando dai tradizionali sacchetti di plastica che tanto piacevano ai gabbiani, ai cosiddetti ingombranti: frigo, lavatrici, lavastovigli e molti altri elettrodomestici.
Nulla di inventato, ma una denuncia messa nero su bianco, da Ama. L’azienda spesso sotto-organico incaricata della raccolta e dello smaltimento dei rifiuti a Roma. In 7 giorni, dal 30 maggio al 5 giugno, la municipalizzata ha raccolto 100 tonnellate di rifiuti ingombranti illecitamente lasciati per strada, compresa un’incubatrice. “Dati purtroppo in costante crescita” dice l’azienda in una nota. “Solo nel mese di maggio appena trascorso, sono state 365 le tonnellate recuperate su suolo pubblico, ben il 58,7% in più rispetto ad aprile quando erano state raccolte 230 tonnellate”.
La carrellata di immagini choc sui rifiuti per la Capitale, con la fine del lockdown, è iniziata con l’abbandono su strada di un’incubatrice, seguita pochi giorni dopo da un’affettatrice professionale davanti a una postazione di cassonetti stradali, passando per gli immancabili ingombranti come mobili, divani, reti e materassi, fino ad arrivare addirittura al ritrovamento di uno scheletro di una barca e di alcune pagaie.
“Non ci sono giustificazioni per comportamenti del genere – sottolinea l’amministratore unico di Ama Stefano Zaghis –. Un danno all’immagine della Città, uno schiaffo al lavoro svolto ogni giorno dal personale operativo e un aggravio di costi che inevitabilmente ricade sull’intera collettività. Da inizio anno, abbiamo dovuto spendere già circa 1milione di euro in un servizio dedicato per porre rimedio a questi gesti incivili”. Insomma, nuova vita, vecchie abitudini. Pessime.