Ritorno Centrosinistra: Signorello, Giubilo, Carraro

Dopo nove anni e tre sindaci del Pci, il centrosinistra torna a governare a Roma

NICOLA SIGNORELLO, PIU’ MINISTRO CHE SINDACO

Dopo nove anni e tre sindaci del Pci, il centrosinistra torna a governare, da  metà 1985 al 13 aprile 1993, la città di Roma.  Nelle elezioni del maggio ’85, infatti, la Dc torna ad essere il primo partito della Capitale e riesce a formare una giunta di pentapartito composta dalla stessa Democrazia Cristiana, Psi, Psdi, Pri e PLI. La nuova maggioranza elegge sindaco Nicola Signorello, esponente di spicco dello Scudo Crociato, che prima di indossare la fascia tricolore era stato ministro in più governi e presidente della Provincia di Roma.

Signorello, laureato in Giurisprudenza, si iscrive in giovane età alla Dc. Inizialmente aderisce alla componente di Mario Scelba, poi passa nella corrente di Giulio Andreotti, molto forte a Roma, e ben presto ne diventa uno degli esponenti più in vista insieme con Amerigo Petrucci e Franco Evangelisti. Già nel 1952, a soli 26 anni, viene eletto consigliere provinciale di Roma, venendo confermato anche nelle elezioni del 1956 e del 1960 e, nel 1961, a 35 anni, diventa presidente della Provincia, che dal 1948 era stata governata da giunte di sinistra a guida comunista.

Nel 1968 viene eletto senatore e sarà sempre riconfermato nell’incarico fino a che, diventato sindaco di Roma, dovette rinunciare al seggio di Palazzo Madama per incompatibilità tra le due cariche. Come detto, prima di approdare al Campidoglio Signorello è stato più volte ministro nei governi Rumor IV (Turismo e Spettacolo),  nel Cossiga I (Marina Mercantile),  confermato nell’incarico nel Cossiga II, infine (Turismo, Sport e Spettacolo) negli esecutivi di Forlani,  Spadolini I e II e Fanfani V (con quest’ultimo,  termina la sua esperienza ministeriale.

In vista delle elezioni comunali del 1985, l’allora segretario nazionale della Dc, Ciriaco De Mita,  lo nomina commissario del comitato romano democristiano. Da qui, Signorello riorganizza il partito e quindi, da capolista della lista dello scudocrociato, viene eletto consigliere comunale ed il 31 luglio diventa sindaco (carica che ricoprirà fino al 10 maggio 1988).

Il suo mandato è stato caratterizzato da una grande cautela nell’affrontare i problemi cittadini, cosa che gli costò numerose critiche da parte socialista, che lo accusavano di immobilismo,  e ben tre crisi, una ogni anno,  con avvicendamento di alcuni assessori del Psi. L’ultima, però, lo portò alle dimissioni (10 maggio 1988). Nota curiosa. Per la sua forte attenzione al cerimoniale, Signorello sarà soprannominato dai suoi avversari “pennacchione”.

L’anno successivo, ovvero nel 1989, si è ritirato dalla vita politica attiva.

PIETRO GIUBILO, “IL MONACO”

Pietro Giubilo, che succede a Nicola Signorello, è l’ultimo sindaco democristiano di Roma e resterà in carica ben poco, ovvero dal 10 maggio 1988 al 10 luglio dell’anno successivo, quando si dovette dimettere a causa di una vicenda giudiziaria dalla quale, è bene ricordarlo, fu successivamente scagionato. Anche la sua giunta era sorretta dal pentapartito Dc-Psi- Psdi-Pri-Pli.

Come Signorello, Giubilo appartiene alla corrente andreottiana, anche se il suo punto di riferimento è Vittorio Sbardella, detto “lo squalo”, che era il vero “dominus” della componente a livello romano. Diversamente degli altri primi cittadini Dc, in gioventù il nuovo sindaco, diplomato in ragioneria presso l’Istituto “Leonardo da Vinci”, era stato un militante di estrema destra che, come altri ex di provenienza “neofascista”, era stato convertito al verbo democristiano dal suo mentore Sbardella, anche lui con un passato di destra.

Giubilo entra in consiglio comunale nelle elezioni del maggio 1985 ed il 31 luglio viene nominato assessore ai Lavori Pubblici  nella giunta di pentapartito che sostiene Signorello. Manterrà questo incarico fino alla sua elezione (6 agosto 1988) a sindaco di Roma, carica dalla quale si dimise il 29 marzo 1989 a causa della vicenda giudiziaria di cui sopra, restando in carica per il disbrigo degli affari correnti fino allo scioglimento anticipato del Consiglio comunale (10 luglio) e la nomina di un commissario prefettizio (Angelo Barbato).

I pochi mesi della sua gestione sono stati molto travagliati e non solo per problemi cittadini. Infatti l’ente locale per antomasia, il Comune, era entrato in crisi in tutta Italia,  e molte amministrazioni, non solo Roma ma anche, per restare nell’ambito delle grandi città, Napoli e Torino, erano interessati da una generale instabilità. Una crisi che si trascinerà per alcuni anni e che portò alla legge del 25 marzo 1993, ovvero all’elezione diretta del sindaco, che lega le sorti del primo cittadino a quella del consiglio comunale, ovvero se si dimette o viene dimissionato il sindaco, si scioglie anche l’assemblea consiliare e si va al voto il prima possibile. Comunque, restando in ambito romano, c’è da dire che, al di là delle difficoltà politiche ed amministrative, la sinistra non perdonava al sindaco il suo passato di estremista di destra.

Due annotazioni curiose. La prima riguarda il soprannome dato a Giubilo, ovvero “il monaco” per il suo aspetto allampanato e per le sue abitudini frugali, da monaco francescano. L’altra annotazione riguarda quello che deve essere un vero record, ovvero l’approvazione da parte della giunta dimissionaria, il giorno prima della nomina del commissario, di ben 1.200 delibere.

FRANCO CARRARO, IL PRIMO E UNICO SINDACO SOCIALISTA

Le dimissioni di Pietro Giubilo portarono ad una breve gestione commissariale da parte del prefetto Angelo Barbato che rimase in carica dal 20 luglio al 18 dicembre del 1989, in attesa del nuovo sindaco. Le elezioni amministrative dell’ottobre confermarono gli assetti precedenti e il pentapartito Dc-Psi-Psdi-Pri-Pli puntò le sue carte sul socialista Franco Carraro che, prima di approdare al Campidoglio, era già una figura di spicco del mondo politico e sportivo.

Nato a Padova il 6 dicembre 1939, Carraro era stato infatti, tra l’altro, presidente della FIGC (Federazione Italiana Gioco Calcio) per circa due anni, poi presidente del Coni e ministro del Turismo e dello Spettacolo in tre diversi governi (quelli di Giovanni Goria, Ciriaco De Mita e Giulio Andreotti). Per i numerosi incarichi ricoperti prima e dopo l’esperienza di sindaco (ultimo primo cittadino eletto dal consiglio comunale perché nel 1993 ebbe inizio l’attuale sistema elettorale con l’elezione diretta dei sindaci) a Carraro fu dato il soprannome de “il poltronissimo”.

L’elezione a sindaco di Roma del primo e unico esponente socialista scaturì da un accordo – il cosiddetto “patto del camper” – stipulato all’inizio del 1989 tra i segretari nazionali della Dc, Arnaldo Forlani, e del Psi, Bettino Craxi che prevedeva, tra l’altro che fosse un socialista il primo cittadino di Roma. E così fu.

Carraro portò la fascia tricolore per circa tre anni e mezzo, dal 19 dicembre 1989 al 19 aprile del 1993, alla guida di tre giunte: la prima di pentapartito, la seconda aperta agli indipendenti (che molta stampa chiamò la “giunta dell’ottovolante”) a causa dell’incriminazione di alcuni assessori che minò la saldezza dell’alleanza tra le forze della maggioranza che, tra arresti e chiamati a giudizio, si trovarono nella impossibilità di poter lavorare sui tanti dossier della Capitale; infine, la terza, che può vantare il singolare primato di essere rimasta in carica per sole 24 ore a causa delle dimissioni di quasi tutti i consiglieri comunali. Quest’ultima giunta era composta solo da personalità che, fino alla loro nomina, non erano state coinvolte nell’amministrazione cittadina.

A causa delle dimissioni dei consiglieri comunali, a norma di legge, il 19 aprile 1993  l’assemblea capitolina fu sciolta ed al Campidoglio arrivò un nuovo commissario, il prefetto Alessandro Voci, già direttore del Sisde,  che non portò a termine il suo mandato perché chiamato in causa per lo scandalo dei fondi neri del Servizio che aveva diretto. Venne quindi sostituito nell’incarico da Aldo Camporota prefetto e consigliere della Corte dei Conti, che rimase in carica fino all’arrivo in Campidoglio, l’8 dicembre 1993, del primo sindaco eletto direttamente dai cittadini, Francesco Rutelli.

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