Il sindaco Roberto Gualtieri lo ha ribadito, in occasione della presentazione della riorganizzazione di Ama: sugli impianti Roma Capitale va avanti e, laddove possibile, accelera l’iter. Entro luglio sarà presentato il piano che Gualtieri punta ad attuare grazie ai poteri commissariali riconosciutigli dal governo per il Giubileo del 2025. Sarà reso noto il progetto per il termovalorizzatore che dovrebbe realizzare Acea, mentre l’azienda capitolina Ama per la fine del mese aspetta un riscontro dal ministero della Transizione ecologica sui biodigestori da sviluppare con fondi del Pnrr. Impianti che Ama è intenzionata a costruire comunque, persino se non andasse in porto il finanziamento europeo. “Andremo avanti. È andato bene il passaggio in parlamento, il testo del decreto è confermato”, ha ricordato il sindaco riferendosi al via libera sul Dl Aiuti nelle commissioni Bilancio e Finanza alla Camera, dove è stato bloccato a maggioranza un emendamento del M5s che puntava a ostacolare il termovalorizzatore.
Intanto, però, la capitale da settimane è stretta nella morsa degli incendi, e dei dubbi. Lunedì scorso Roma è bruciata, da nord a sud: nove roghi principali e decine di piccoli focolai hanno riversato sulla città ceneri e fuliggine. I primi due fuochi sono divampati quasi in simultanea, alle 13:30 sulla via Aurelia, alle 14:39 nella vicina via di Bosco Marengo. Altri roghi sono arrivati nell’arco di poche ore. E alle 18:00 il cielo della capitale era ricoperto da una coltre nera. Centinaia i cittadini barricati in casa o scesi in strada in moltissimi quartieri: Aurelio, Massimina, Casalotti a ovest; Cesano, Cassia, Parioli a nord; Eur, Ardeatina, Tor Pagnotta, Tor Carbone, Ostia a sud; Lunghezza a est. Disagi anche in centro tra Trastevere, Tritone, Flaminio e Prati verso cui il vento ha sospinto le polveri. Uno scenario infernale, che all’alba di martedì ha restituito un’immagine nera di una delle città più verdi d’Europa: ceneri nell’aria e campi devastati. È qui, tra i terreni rasi al suolo, in prevalenza tutti privati, che ora gli inquirenti cercano una qualche traccia di innesco. La procura capitolina ha aperto un fascicolo per incendio colposo sul rogo all’Aurelio e Casalotti. A oggi non ci sono indizi che possano far ipotizzare il dolo. Tuttavia per ogni rogo i magistrati apriranno un’indagine, non è escluso che l’inchiesta possa ampliarsi. Anche perché qualche dubbio in città – e verosimilmente quindi anche a piazzale Clodio – inizia a circolare sulla dinamica: gli orari e il numero degli incendi fanno pensare a una regia. Soprattutto a seguito del drammatico falò del Tmb2 di Malagrotta, arrivato pochi anni dopo quelli dei due impianti simili ma più piccoli, a Rocca Cencia e al Salario: tutti roghi sulle cui cause si brancola nel buio, con le telecamere di videosorveglianza in tilt nelle ore dell’incendio.
A stringere la lente sui nove principali roghi divampati lunedì – e a cui sono seguiti decine di altri piccoli focolai fino alla provincia anche martedì – un’evidenza appare incontestabile: sette su nove sono avvenuti nei tre municipi interessati dalla futura costruzione di impianti per i rifiuti. Tutti sono partiti e hanno interessato terreni ed aree private. I primi tre roghi sono nel Municipio XIII. Qui nell’area di Casal Selce – vicina all’ex discarica di Malagrotta e al Tmb in fiamme il 15 giugno che ricade però nel Municipio XII – dovrà sorgere un impianto pubblico di biodigestione anaerobica, realizzato da Ama con fondi Pnrr. I tre incendi, il primo alle 13:30 in via Aurelia 1052, il secondo alle 14:39 in via di Bosco Barengo, poi estesosi fino alla zona urbana di Casalotti andata in fiamme dalle 15, hanno gettato nell’ulteriore sconforto la popolazione locale, già sul piede di guerra tanto per i vecchi quanto per i nuovi impianti. I successivi roghi, nell’arco di poche ore, hanno interessato la zona nord e sud della capitale in contemporanea. Nel Municipio XV, alle 15:30 circa, è andato in fiamme un terreno nelle vicinanze dello stabilimento Enea, proprio nel quartiere Cesano Osteria Nuova, in primo piano nelle cronache degli ultimi mesi per le proteste dei residenti contro il biodigestore, impianto gemello a quello previsto a Casal Selce. È la zona sud, però, quella più colpita, con tre incendi in poche ore di lunedì: Tor Pagnotta alle 10; Trigoria Alta e Laurentina, intorno alle 15:30, stesso orario per Ardea, provincia di Roma, da anni interessato dalle proteste contro la vicina discarica di Albano Laziale. Tre fuochi attorno a Santa Palomba, di cui due nel Municipio IX che avrà la competenza sul termovalorizzatore, uno nel Comune di confine con la possibile futura minidiscarica a servizio dell’impianto. E un altro ancora, il giorno successivo, alle 15:30 circa, in un campo proprio a Santa Palomba, che si perde nel fumo di altri novanta interventi effettuati ieri dai vigili del fuoco. Mappe, dati, coincidenze. Un fenomeno insolito, che ha visto in due giorni i pompieri alle prese con 775 operazioni su Roma e provincia, e ora nel cuore della capitale si rincorrono le domande. Si interrogano i campi arsi e l’unica risposta, per ora, è nel vento caldo che soffia da ovest.
Si discuterà ancora nei prossimi mesi, forse anni, dei nuovi impianti: da un lato il Pd, supportato anche da Azione e Lega, promuove il termovalorizzatore, dall’altro il Movimento 5 stelle, con in testa Beppe Grillo e l’ex sindaca Virginia Raggi, spinge per l’ossicombustore. Nel mezzo, i comitati dei cittadini, la Cgil e gruppi politici minori di sinistra, respingono entrambe le ipotesi. Secondo Giacomo Rispoli, amministratore delegato di MyRechemical controllata di NextChem di Maire Tecnimont, gruppo industriale leader in ambito internazionale nella trasformazione delle risorse naturali, è fondamentale che la tecnologia scelta sia in grado di recuperare la materia oltre che l’energia. “Le tecnologie per il trattamento dei rifiuti non riciclabili meccanicamente o comunque dell’indifferenziato sono diverse”, spiega Rispoli interpellato da “Agenzia Nova”. “Bisogna sottolineare come alcune siano più in linea con la normativa europea e italiana, e con la gerarchia europea dei rifiuti, che dà priorità al recupero di materia, dunque al riciclo meccanico e chimico, prima che al recupero di energia e, infine, alla discarica”. Ad esempio: “Alcune tipologie di riciclo chimico, come quella sviluppata dal nostro gruppo, un waste to chemical basato sull’ossidazione parziale e sul recupero delle molecole di carbonio e dell’idrogeno, consentono di trasformare rifiuti in un gas di sintesi a bassa impronta carbonica che può sostituire il gas metano di importazione ed essere usato come materia prima per le filiere industriali e per l’industria dei trasporti”, conclude.