La bufera mediatica che ha investito l’assessore alle Politiche abitative di Roma, Tobia Zevi, ha lasciato sullo sfondo l’oggetto principale della polemica: il piano casa. Il progetto, che il sindaco Roberto Gualtieri sta supervisionando, interviene su tre macroaree principali delle Politiche abitative, corrispondenti ad altrettante fasce sociali e di reddito che popolano la città. L’intenzione, dagli elementi finora trapelati, appare quella di voler riordinare, sottoponendolo al controllo pubblico, un settore finora governato soltanto dalle logiche del mercato.
La prima macroarea riguarda la sistemazione di coloro che vivono in condizioni di forte svantaggio economico. Si interverrà con l’acquisto di duemila nuovi alloggi entro il 2026 e il recupero di circa un migliaio di unità immobiliari tra Piani di zona e case sfitte degli enti previdenziali. Il dato si scontra con una graduatoria che vede 14 mila famiglie in attesa. “Non tutte hanno bisogno di una casa popolare e gli strumenti che mettiamo in campo con il piano casa sono molteplici”, spiega il presidente della commissione Politiche abitative di Roma, Yuri Trombetti del Pd. Accanto all’acquisto di nuovi alloggi, infatti, sono previsti percorsi per l’autonomia a partire dalle 850 famiglie che vivono nei residence. Due gli strumenti principali in questo senso: la proroga del bonus affitto e l’assegno unico universale, un contributo da 1.500 euro, una tantum, per chi è a rischio sfratto, il Comune di Roma farà da garante nella sottoscrizione del contratto.
La seconda macroarea riguarda la fetta più ampia della città: i nuclei familiari con un reddito medio basso, troppo ricchi per una casa popolare e troppo poveri per affittarne o acquistarne una al prezzo di mercato. Per loro sarà pubblicato un bando che consentirà, agli idonei, l’accesso a un costo calmierato alle abitazioni che i costruttori privati devono destinare all’edilizia popolare in compensazione di altre opere. “Finora erano i costruttori a scegliere a chi vendere o affittare, adesso ci sarà un elenco pubblico e trasparente al quale si accede in base al reddito e altri requisiti: i privati dovranno pescare da quello”, chiarisce Trombetti. Inoltre il Campidoglio acquisirà gli appartamenti di cui vogliono disfarsi gli enti previdenziali e a un costo controllato gli inquilini potranno sottoscrivere un contratto di acquisto con mutuo o di affitto direttamente con il Comune di Roma.
La terza macroarea, infine, investe la selva delle occupazioni: dagli stabili abbandonati e utilizzati impropriamente a scopo abitativo agli alloggi popolari. Da un lato si punterà ad applicare il modello del recupero dell’edificio del Porto Fluviale ad altre realtà, come lo Spin Time. “Più che buttare fuori le persone, faremo bandi per acquistare, progetti per riqualificare”, chiarisce Trombetti. Dall’altro lato si lavorerà per far emergere le situazioni di illegalità. In questo ambito rientra la procedura per il riconoscimento della residenza agli occupanti abusivi che, però, non decolla: “Finora abbiamo ricevuto 800 domande in tutta la città, perché ti fanno una multa da 21 mila euro e la denuncia: molti temono le conseguenze, che sono previste per legge, e a quel punto restano nell’illegalità. Sarebbe necessario un superamento del decreto Lupi, ma temo che sia impossibile con questo governo. Chiederemo che possa cambiare la legge regionale, che prevede la sanzione e la denuncia”, racconta Trombetti. E poi ci sono gli sgomberi: “Le scene che abbiamo visto alla scuola Cardinal Capranica, del bambino in fuga con i libri in mano, fino a quando governeremo noi non si ripeteranno. Stiamo intervenendo per evitare la forza pubblica e trovare una soluzione per chi è meritevole di tutela prima dello sgombero”, sottolinea il presidente della commissione.
Le idee sembrano chiare. Il sindaco ha assicurato: “Il piano casa lo scrivono la giunta e il consiglio”. Nessuna ingerenza esterna, quindi, ma confronto con la città. Ora, però, il documento dovrà arrivare in Aula e lì tra polemiche e proteste rischia di arenarsi.