“E’ una storia nata male, questa dello stadio di Tor di Valle, e che non promette nulla di buono” dice Enzo Scandurra, docente universitario ed ex direttore del dipartimento di Urbanistica della Sapienza, intervistato da Simone Canettieri per Il Messaggero.
“La sforbiciata alle cubature è stata sacrosanta, prima c’era chiaramente una sproporzione. Ma questo taglio non può essere fatto a discapito delle opere pubbliche, il parere del ministero invece parla chiaro. Mi preoccupa soprattutto il piano complessivo: questo rischia di essere un pasticcio che peserà negativamente sull’intero quadrante lasciando un ferito incredibile in una parte importante della Capitale. Forse nessuno ha capito lo scenario”.
Lo provi a tratteggiare.
“Allora, bisogna partire dai numeri: in quell’area dovranno arrivare 55mila tifosi durante le partite più i lavoratori degli uffici che nasceranno. Anche il potenziamento della via del Mare-Ostiense andrebbe rimodulato, dato che è previsto solo fino al Raccordo anulare, mentre le criticità maggiori, su quella strada, si registrano nella parte successiva, verso il litorale”.
Ma perché dice che quello di Tor di Valle è un progetto nato male che rischia di finire peggio?
“Il taglio delle volumetrie, se fatto sulla parte commerciale, poteva essere giudicato positivamente, considerata la colata di cemento da un milione di metri cubi che era stata programmata all’inizio. Ma adesso che l’impianto delle opere pubbliche traballa ed è insufficiente la pubblica utilità dell’opera potrebbe decadere. E altrettanto preoccupante l’ipotesi che le opere pubbliche potrebbero essere realizzate in due tempi. Alcune insieme alla costruzione dello stadio, altre dopo. Questo scenario sarebbe pericoloso”.