Paese che vai, Tari che trovi. Dopo il paradosso delle quasi 20 mila imprese romane che hanno versato 60 milioni di tassa rifiuti non dovuta (qui lo speciale di Radiocolonna.it), dalle carte della Cna emergono altri dati significativi sui costi abnormi per gli imprenditori capitolini in materia di rifiuti. Il tutto per avere una città perennemente a un passo dall’emergenza spazzatura.
Una tabellina contenuta nelle slide della Cna denota un confronto impietoso tra Roma e Milano. Per esempio, a Roma i musei pagano 5,4 euro al metro quadro i Tari, il 95% in più rispetto ai 2,7 di Milano. Ancora, i distributori pagano 9 euro al mq contro i 3 di Milano, mentre gli alberghi 11,4 euro contro 5 euro.
Addirittura, ristoranti e trattorie romane pagano il 64% in più rispetto a quelle meneghine, mentre le attività industriali dotate di capannoni versano all’Ama il 161% in più rispetto ai loro colleghi milanesi. Mai come le discoteche (+188% a Roma) e i negozi di abbigliamento (+216%), fino al picco dei saloni per la vendita di auto (+232% su Milano).
Intanto, ieri la Cna, dopo la pubblicazione di una sentenza della commissione tributaria di Roma che a seguito del ricorso di un gommista ha stabilito che le superfici dove si producono rifiuti speciali non sono soggette a tassazione, ha fatto due conti, scoprendo un’altra verità inquietante.
E cioè che ci sono poco meno di 19 mila imprese (18.900 per la precisione) che hanno pagato circa 15 milioni di euro l’anno in più per la tassa sui rifiuti, per un totale nel periodo 2013-2017 di 60 milioni di troppo entrati nelle casse di Ama. Dalla Cna, sostengono che il regolamento capitolino sui rifiuti e sulla Tari sia in contrasto con l’articolo 1 della legge 147 del 2013 che prevede la non tassabilità delle aree di produzione di rifiuti speciali (perché il costo dello smaltimento di questo tipo di rifiuti è già in capo alle imprese ndr).
Ma il regolamento capitolino sulla Tari, invece, esclude queste aree solo se lì si formano “esclusivamente” rifiuti speciali, mentre la legge nazionale parla di zone dove si formano “in via continuativa e prevalente” rifiuti speciali. Insomma, da questa differenza è nato il contenzioso, circa 100 ricorsi fino ad oggi, ma questa prima sentenza della commissione tributaria dà ragione alla posizione della Cna.