Tevere, 230mila romani a rischio dissesto

In 18mila vivono in aree da allarme rosso, in pratica tutte le aree lungo il Tevere fino al litorale: da Labaro a Roma nord fino a Ostia e soprattutto all'Idroscalo, nella punta più a sud della città

“Non si vede all’orizzonte alcuna azione concreta per abbattere il rischio idrogeologico”: la denuncia arriva dal rapporto di Legambiente sul dissesto causato da condoni e abusivismo. E su Roma non poteva andare peggio.

Secondo i numeri del rapporto ‘Ecosistema a rischio 2017’, sono almeno 230mila i romani che vivono in aree a rischio idrogeologico, esposte quindi a possibili smottamenti, alluvioni e inondazioni; fra questi 230mila residenti, almeno 18mila si trovano su aree considerate R4, cioè al massimo rischio di alluvione. In pratica tutte le aree lungo il Tevere fino al litorale: da Labaro a Roma nord fino a Ostia e soprattutto all’Idroscalo, nella punta più a sud della città.

“In queste zone si trema a ogni goccia d’acqua – spiega Roberto Scacchi presidente di Legambiente Lazio – la scellerata cementificazione del suolo ha portato effetti devastanti. Bisogna assolutamente fermare ogni ulteriore consumo di suolo, mettere in sicurezza l’alveo del fiume”. La superficie a rischio, secondo Legambiente, non è poca: più di 11mila ettari in tutta la città, di cui quasi 1.200 a forte e grave rischio immediato.

Le cinque priorità suggerite dal report di Legambiente, cioè l’adattamento al clima nella pianificazione degli interventi di riduzione del rischio idrogeologico, l’intervento prioritario nelle aree urbane, la delocalizzazione degli edifici a rischio, più controllo e più formazione, “possono essere raggiunte attraverso un lavoro di partecipazione e coinvolgimento garantito dallo strumento del Contratto di Fiume sul quale la Regione Lazio sta puntando molto – afferma Cristiana Avenali, consigliera PD della Regione Lazio e componente della Commissione Ambiente – che si aggiunge ai 90 milioni di euro del POR Fesr 2014 /2020 investiti per interventi di prevenzione e mitigazione del dissesto idrogeologico e per l’adattamento ai cambiamenti climatici. Contratto di Fiume strategico proprio per il fiume Tevere, che partendo dalla riqualificazione delle acque e la salvaguardia dal rischio idraulico, con processi partecipati e volontari dei diversi soggetti del territorio arrivi ad un vero e proprio patto per la rinascita del bacino idrografico”.

Ma l’allarme non riguarda solo il Tevere ma anche la rete di quasi 700 chilometri di canali idrici secondari che attraversano la città: quasi tutti coinvolti in costruzioni o lavori edili. In questo caso sono 500 gli ettari da mettere in sicurezza non solo con attività di manutenzione ma con opere strutturali. Lavori che non sono mai stati fatti al punto che adesso le aree più a rischio, in questo caso, sono Infernetto, Ostia Antica, Stagni e Centro Giano a Roma sud; ma anche Fosso della Magliana, Tor Sapienza, Ponte Milvio, Prima Porta, Settebagni, Tor Bella Monaca allargandosi al resto della città.

“Roma è la città più a rischio di alluvione in Europa” ha detto Erasmo D’Angelis, capo di Italiasicura, l’agenzia del governo contro il dissesto, alla presentazione del rapporto di Legambiente.

“Il Tevere è senza difese – ha aggiunto D’Angelis – la foce del fiume è urbanizzata, c’è un abusivismo pazzesco. Tra le sponde del Tevere c’è una vegetazione impressionante. Da 20 anni non si fa più manutenzione: relitti abbandonati nel fiume che possono fare da tappo, nessuno se ne è mai interessato. Capisco la fatica dei sindaci, ma fino ad un certo punto”.

Secondo le stime dell’agenzia i romani a rischio possono arrivare anche a 300mila: “La città non regge neanche un acquazzone – ha concluso D’Angelis – certo che si può costruire, ma non su aree fragili, parchi, fiumi, zone franose. La follia urbanistica ha invece portato ad un’espansione senza freni, con l’aiuto di 3 condoni edilizi che hanno sanato cose insanabili”.

 

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