Tevere/nautica: tornano le barche, ma il caro-energia mette a rischio i cantieri

Sono 6.500 le barche lungo il delta, 52 i cantieri privati, 30 circoli nautici, 20 scuole di vela, 30 società di noleggio. Dopo la stretta fiscale ai possessori di barche del governo Monti, i cantieri si sono salvati con la manutenzione e l’outsourcing.

Dieci anni vissuti pericolosamente e non è ancora finita: la nautica del Tevere è di nuovo a rischio. Nonostante la pandemia e la guerra in Ucraina, i motori restano accesi, ma il settore fatica a resistere anche perché non ha saldato ancora i conti con la vecchia crisi. Lo scrive ‘’La Repubblica’’ in un articolo che fa il punto su un settore che fattura circa un miliardo di euro.

Era il dicembre 2011: il governo di Mario Monti annunciò la tassa di stazionamento sui porti e impose una stretta fiscale ai possessori di barche. I diportisti se ne andarono, le aziende tagliarono il personale e per sopravvivere molte si riconvertirono dalla produzione alla manutenzione.

Il settore trovò il modo di resistere, e non è poco: lungo gli argini del Tevere, dall’Idroscalo di Ostia al canale di Fiumicino, oggi ci sono 52 cantieri privati tra cui Canados – che realizza barche a motore fino a 40 metri – e Alphamarine, che ripara e ristruttura barche a vela o a motore. Ma ci sono anche tante aziende artigiane riunite in circoli come Tecnomar, dove si restaurano barche d’epoca o dove vengono ormeggiate e ristrutturate barche a motore da 18 metri o a vela di 12 metri.

Ce ne sono più di 6.500 lungo i due bracci del delta del Tevere, di cui 1’80% da diporto e il resto da lavoro o da pesca. Oltre ai cantieri ci sono anche circa 30 circoli nautici, 20 scuole di vela e 30 società di noleggio.

È un mondo seminascosto tra i canneti degli argini del fiume, fatto di artigianato e tanta passione ma anche di accorto business: secondo dati dell’Assonautica locale, prima del Covid nel Lazio il settore fatturava in media quasi un miliardo. «E vogliamo continuare così» assicurano a ‘’La Repubblica’’ i titolari dei cantieri. Tra loro c’è Ettore Costantino,  vicepresidente della srl cantieri di Ostia e del cantiere Canados all’Idroscalo di Ostia, che negli ultimi trenta anni ha costruito più di 700 yacht e imbarcazioni per armatori greci, russi, cinesi.

La crisi del 2012 portò l’azienda sull’orlo della chiusura. Nel 2015 arrivò un nuovo proprietario, Michel Karsenti: classe 1969, campione di offshore, francese di Cannes, portò in dote più di dieci milioni. Che adesso danno risultati. «Quest’anno consegneremo una barca da 43 metri, una da 30 e dodici da 15, tutte a motore – spiega Ettore Costantino – per il prossimo abbiamo in fase di produzione 8 barche da 15 metri e 1 da 30 con clienti per lo più statunitensi. Il segreto? Abbiamo 35 dipendenti, gli altri tutti in outsourcing e infatti abbiamo un indotto di 200 lavoratori».

Investimenti, azienda snella e dieci anni di attesa: Canados è tornato il faro della produzione nautica di Ostia. Ripartono anche i cantieri di Fiumicino che si occupano di renting e manutenzione. «Un cantiere medio lavora circa trenta barche a motore da 15 a 20 metri all’anno, con fatturato da 1,5 a 2 milioni e una decina di dipendenti», spiega Marcello Fazioli di Alphamarine.

Risalendo il fiume di poche decine di metri si trova il circolo nautico Tecnomar di cui Cesare Giua è direttore sportivo: conta 150 ormeggi per barche da diporto e si occupa di manutenzione e restauri su barche d’epoca. «Il settore sta andando», spiega. Ottimismo anche sull’altro braccio del fiume, nel canale di Fiumicino. «Il Covid non ha fermato la ripresa – spiega Lorenzo Agostinelli del cantiere omonimo – noi siamo un cantiere medio piccolo, in media trattiamo 40 barche all’anno. Un anno fa la Regione ha dragato i fondali a Fiumara e la situazione è molto migliorata, c’è molto attenzione per l’ormeggio di massa». Ma sulla voglia di farcela si abbatte ora il caro-energia portato dal post Covid e dal conflitto in Ucraina.

«Da settembre sono aumentati a dismisura i costi dell’ energia elettrica – spiega Giua – pagavamo ogni due mesi da 3 mila a 4 mila euro, adesso arriviamo fino a 7 mila per le attività di rimessaggio».

Il rischio è che nel lungo termine questi costi non siano sostenibili per i grossi cantieri come Canados: «II prezzo di un container di merci è passato da 3mila a 15mila euro – conclude Ettore Costantino – il problema ha origine più che altro dalla pandemia, da quando i trasporti si sono fermati e i costi quadruplicati».

Approfondimento nel dossier

© StudioColosseo s.r.l. - studiocolosseo@pec.it
Il Sito è iscritto nel Registro della Stampa del Tribunale di Roma n.10/2014 del 13/02/2014