Caro vacanze: la crisi morde e gli italiani si scoprono più poveri

I livelli di inflazione che non si vedevano dagli anni ’80 hanno eroso in profondità il potere d’acquisto. Finora solo misure di carattere populista. Meloni alla prova della legge di bilancio 

Meno italiani in vacanza a causa del caro-ombrellone. È la notizia principale da giorni su giornali e tv, accompagnata dalla nuova fase di rialzo del prezzo del carburante. Un agosto torrido non solo per la colonnina di mercurio, ma anche per il portafoglio delle famiglie e l’autunno non promette nulla di buono.

E tuttavia non era difficile prevedere una stagione turistica piuttosto debole per la componente della domanda interna. Il bilancio sarà positivo grazie ai flussi degli stranieri, in particolare americani e asiatici che beneficiano della debolezza dell’euro. E’ vero che sulle spiagge i prezzi sono diventati proibitivi, così come per aerei, treni, alberghi e ristoranti.

Ma sarebbe una lettura assai parziale spiegare il fenomeno con l’ingordigia dei balneatori e degli operatori della filiera turistica. La verità è che gli italiani sono più poveri rispetto a un anno fa, livelli di inflazione che non si vedevano dagli anni ’80 hanno eroso in profondità il potere d’acquisto di milioni di famiglie. Secondo lo Spectator Index tra il 1998 e il 2018 il potere d’acquisto degli italiani è aumentato del 49%, fanalino di coda nell’area euro, esattamente la metà rispetto a tedeschi, francesi e spagnoli, mentre gli irlandesi hanno registrato una crescita del 123%.

Tante le fragilità del sistema economico italiano affrontate con misure di marchio populista

Anche senza i rincari di ombrelloni e lettini, gli italiani in vacanza sarebbero comunque scesi. Solo ora stanno emergendo le fragilità del sistema economico italiano, mascherati dalla pandemia e dai sussidi per il lockdown. Circa 130 miliardi di euro il tesoretto accumulato dalle famiglie sui propri conti correnti durante le restrizioni. Un cuscinetto che ha consentito alle famiglie di superare lo shock dei prezzi energetici. Ma già a fine 2022 il tasso di risparmio è crollato a sotto l’8% rispetto al 18% del 2021. Caro bollette e impennata dei mutui hanno prosciugato i risparmi accumulati, e il governo Meloni ha rapidamente cancellato i vari sussidi su carburanti e energia elettrica.

La premier sembra aver abbandonato l’agenda Draghi per entrare in quella che può definirsi la fase 2 dell’esecutivo. L’inizio non è stato dei migliori. Profonda revisione del Pnrr senza alcuna condivisione con enti locali e parti sociali, e una serie di misure spot improntate alla migliore tradizione populista. Critiche alla BCE per l’aumento dei tassi, un tetto ai prezzi dei biglietti aerei e, ciliegina sulla torta, una tassa sugli extraprofitti delle banche. Intanto è improprio parlare di extraprofitti, ma soprattutto la nuova imposta rischia di provocare più danni che benefici. Non aiuta la credibilità finanziaria dell’Italia, introduce elementi distorsivi della concorrenza poiché si applica solo agli istituti italiani. Inoltre rischia di far lievitare i costi per commissioni che le banche applicano alla clientela.

Non si interviene sui servizi pubblici locali che si caratterizzano per inefficienza e alto livello di costi

Al tempo stesso lo Stato sta incassando un extragettito dalle imposte sui carburanti, in quanto all’aumento del prezzo alla pompa corrisponde un incremento dell’Iva. Le parole del Ministro Urso che ha sottolineato come il prezzo industriale sia inferiore a Germania e Francia certifica che il prelievo fiscale su benzina, gasolio e gpl in Italia è tra i più elevati in Europa. E al MEF non prendono in considerazione di utilizzare l’extragettito per calmierare i prezzi. Nel segno della continuità politica degli ultimi 30 anni, il Governo preferisce non affrontare la questione della concorrenza. L’inflazione in Italia sale più rapidamente e scende più lentamente rispetto ai partner europei. Il motivo è il permanere di molte rendite, mercati poco trasparenti e concorrenziali. Ad esempio non c’è la volontà di intervenire sui servizi pubblici locali che si caratterizzano per inefficienza e alto livello di costi. Nel silenzio generale, tra gennaio e 2021 e giugno scorso le spese per la casa sono salite dell’80% al netto della componente energetica, vale a dire acqua, imposte e tributi locali.

La prossima legge di bilancio potrebbe riservare sorprese

L’immobilismo finanziario del governo si spiega con la prossima legge di bilancio che dovrà assicurare almeno 30 miliardi di euro soltanto per garantire gli interventi su cuneo fiscale, pensioni, pubblico impiego e missioni internazionali. La dote di partenza è poco più che modesta: al massimo 10 miliardi assicurati da andamento positivo delle entrate, tagli al reddito di cittadinanza e tassa su extraprofitti delle banche. La premier e la sua maggioranza inoltre fanno affidamento della riforma del fisco. La volontà è accelerare l’approvazione dei decreti delegati ma è buio pesto su dove reperire le risorse, dal momento che la legge di bilancio per il 2024 non potrà agire sul deficit per non interrompere il trend di discesa del debito (anche se limitata allo 0,7% del Pil). Il sentiero è stretto e angusto, gli spazi di manovra quasi inesistenti, la frenata sul pil del secondo trimestre ha sorpreso anche i più pessimisti. E’ probabile che le priorità della premier siano taglio delle tasse e cuneo fiscale, pensioni e sanità possono attendere e non è da escludere che una manina entri nelle tasche degli italiani.

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