Nella continua ricerca di nemici l’Europa è il bersaglio preferito della maggioranza di destra-centro. Dai migranti alla politica di bilancio sono le istituzioni europee e i grandi paesi partner che ostacolano l’Italia. Con l’approssimarsi della legge di bilancio che sarà all’insegna del rigore, e non perché lo chiede l’Europa, accantonando tutte le promesse elettorali, i partiti di governo stanno alzando i toni dello scontro dialettico.
Tra gli argomenti più gettonati per accusare Bruxelles, la direttiva per la casa green. Governo e maggioranza sono assolutamente contrari e l’avversità li spinge ad altare a fini di propaganda i contenuti della direttiva europea che non ha ancora concluso l’iter di approvazione.
In realtà Meloni e Salvini sono contrari all’intero processo della transizione green sbandierando la necessità di tutelare i cittadini italiani. Lo slogan è che la transizione costa e deve essere portata avanti con gradualità e prudenza ignorando che procedere lentamente costa addirittura di più.
Su casa e auto elettrica il governo punta ad annacquare il dossier
Su auto elettrica e direttiva casa, il governo è intenzionato ad annacquare i due dossier che rappresentano i principali pilastri del processo di decarbonizzazione. L’accusa sulla direttiva casa è che si tratta di una patrimoniale che l’Europa vuole imporre sul simbolo della proprietà degli italiani.
In realtà non è così, anche se la prima bozza della direttiva conteneva le sanzioni per chi non adegua l’immobile alle classi energetiche più elevate, come divieto di vendita e affitto dopo il 2030. Scelta sbagliata da parte dei burocratici di Bruxelles e infatti subito corretta, già alla fine dell’anno scorso. A differenza del regolamento che entra subito in vigore in ogni Paese UE, la direttiva deve essere recepita dai singoli parlamenti con la libertà di adattarla all’ordinamento e alle specificità nazionali. Quindi la direttiva casa green dovrà essere recepita dall’Italia con legge e sarà il Parlamento italiano nella sua sovranità a decidere se introdurre sanzioni, incentivi per realizzare gli obiettivi della direttiva.
Resta l’obbiettivo della completa decarbonizzazione nel 2050
Il provvedimento della commissione d’altra parte è assolutamente coerente con la scelta all’unanimità dei Paesi UE, Italia compresa, di avviare la transizione green con l’obiettivo della completa decarbonizzazione nel 2050.
Le case degli italiani, ma anche quelle degli europei, sono diventate la principale fonte di inquinamento (il 36% delle emissioni totali) e il primo utilizzatore di prodotti energetici (il 40%), superando il sistema della mobilità e l’industria manifatturiera. Il dato preoccupante è che i numeri dell’edilizia residenziale sono in continuo peggioramento insieme al settore dello smaltimento rifiuti mentre trasporti e industria mostrano andamenti virtuosi.
Il miglioramento dell’efficienza energetica delle nostre case procede molto a rilento, secondo la fotografia Eurostat meno dell’1% l’anno. A questo ritmo occorrerà quasi un secolo per adeguare il patrimonio immobiliare.
Nelle istituzioni europee e in molti paesi sta maturando la convinzione che l’efficienza energetica delle abitazioni si persegue con gli incentivi e non con le sanzioni. Tant’è vero che Bruxelles vede con grande favore la filosofia del Superbonus.
E infatti tra le modifiche più recenti della bozza di direttiva, la Commissione europea ha inserito la previsione che le ristrutturazioni siano sostenute con soldi pubblici, anche con risorse comunitarie già stanziate. Inoltre la Commissione ha già anticipato che nell’ambito del quadro finanziario pluriennale 2028-2034 potrà presentare proposte per rafforzare gli strumenti finanziari esistenti e proporne di nuovi per sostenere l’efficienza energetica degli immobili residenziali.
Il mercato sta già premiando le abitazioni ad alta efficienza energetica e penalizzando quelle nelle ultime classi.
Oltre a incentivi, la direttiva indica che i singoli Stati dovranno realizzare una mappa degli edifici, pari al 15% del totale, sui quali favorire gli interventi. L’unico vincolo temporale previsto nella direttiva è che dal 2028 le nuove abitazioni dovranno essere nelle prime due classi energetiche.
Inoltre sono previste molte deroghe. Ad esempio i singoli Stati potranno escludere gli immobili di particolare valore storico o architettonico, gli edifici tecnici, i luoghi di culto e anche le costruzioni di edilizia popolare se il costo dell’intervento fosse superiore ai risparmi in bolletta. Anche le seconde case potranno essere escluse dall’applicazione della direttiva, vale a dire tutti gli immobili utilizzati meno di quattro mesi l’anno o che hanno consumi energetici inferiori al 25% di quello previsto per 12 mesi.
Insomma la direttiva non è una patrimoniale e influisce relativamente le dinamiche di mercato. Il real estate sta già premiando le abitazioni ad alta efficienza energetica e penalizzando quelle nelle ultime classi. Come avviene per qualsiasi prodotto, dall’auto agli elettrodomestici. Ciò perché la transizione green non poggia soltanto sull’abbandono progressivo delle fonti fossili. Dobbiamo produrre più energia pulita ma al tempo stesso dobbiamo consumare meno energia senza danneggiare lo sviluppo economico.
Come sempre è una questione di approccio e visione. La direttiva per la casa green può essere una grande opportunità per riqualificare il patrimonio immobiliare, con benefici per l’ambiente, l’economia e per le nostre città. Ma i sovranisti non sembrano coglierla.