Con il green pass nei luoghi di lavoro nuovi equilibri tra Stato, imprese e sindacati

Le limitazioni devono essere coerenti, proporzionate, ragionevoli, e appropriate rispetto ai beni da tutelare (salute e attività’ economiche)

Le polemiche sull’introduzione del green pass non tendono a placarsi alimentando un certo fanatismo e un uso disinvolto della libertà di espressione con costanti riferimenti a dittature e nazismo. Anche tra i milioni di favorevoli all’autorizzazione verde serpeggiano sprazzi di intolleranza: sostenere che un malato di Covid non vaccinato dovrebbe pagarsi le cure significa picconare una delle principali conquiste sociali del novecento e cioè l’universalità del diritto di accesso alla sanità, al pari dell’istruzione.

Da un punto di vista giuridico occorre riconoscere che c’è un elemento di rilevante novità. Dall’inizio della pandemia è la prima volta che una misura non è più universale, non vale per tutti allo stesso modo. Il lockdown, il coprifuoco, le misure di contenimento prevedevano alcune deroghe precise ma il costo, in termini di limitazione della libertà ed economico, era equamente distribuito. Il green pass invece introduce la distinzione, che tuttavia non è sinonimo di discriminazione, i costi della libertà di scelta non sono più uguali per tutti. In questa nuova fase contemperare diritti e libertà individuali con quelli collettivi (la libertà di ciascuno finisce dove inizia quella degli altri) diventa un esercizio più delicato ma l’innalzamento delle difficoltà deve rappresentare uno stimolo a costruire strumenti e soluzioni coerenti con l’obiettivo principale di debellare il virus.

L’asprezza dei toni intorno al green pass rischia di generare un altro effetto distorsivo: discutere in termini assoluti e astratti sui vincoli ed i divieti. La questione invece non è la legittimità di introdurre vincoli ma valutare la giustificazione su cui si fondano le limitazioni: se siano coerenti, proporzionate, ragionevoli, appropriate rispetto ai beni da tutelare (salute e attività economiche). A livello pratico il green pass non rappresenta uno strumento di controllo sanitario del virus ma rappresenta senza dubbio un potente incentivo alla vaccinazione e consente una governance attiva rispetto all’andamento dei contagi. Non siamo più obbligati a inseguire il virus calibrando misure restrittive. Con una quota di vaccinati completi superiore al 60% della popolazione siamo entrati nella fase, auspicabilmente non troppo lunga, in cui possiamo e dobbiamo convivere con il Covid. La strategia del governo Draghi punta a modulare l’estensione del green pass per ridurre il rischio di contagio nei luoghi a maggiore densità di persone e a più lunga permanenza, e possibilmente allentare se non eliminare le misure restrittive che ancora penalizzano un lungo elenco di
attività e luoghi (stadi, teatri, cinema, palestre, trasporti collettivi).

Intanto il green pass ha già prodotto un effetto positivo: le scontate e prevedibili fibrillazioni tra le forze politiche sono state compensate da una rinnovata intesa tra lo Stato ed i presidenti di Regione che condividono l’interesse a non ripiombare nell’emergenza sanitaria che produrrebbe una nuova voragine nei conti pubblici e la congestione di molte strutture ospedaliere. Il prossimo passaggio sarà l’introduzione del green pass nei luoghi di lavoro aprendo scenari piuttosto complessi. Sul tema c’è già stato un primo incontro tra il governo e le forze sociali che si caratterizzano per posizioni piuttosto variegate. La prima evidenza è che il green pass non potrà essere introdotto attraverso la modifica dei protocolli per la sicurezza ma ci sarà bisogno di una norma di legge. Questione piuttosto ovvia dal momento che il governo ha fatto due decreti ad hoc per rendere il green pass obbligatorio per il personale sanitario e poi per quello della scuola. I sindacati chiedono che il green pass non dovrà introdurre demansionamenti, discriminazioni e soprattutto licenziamenti. La maggioranza delle associazioni datoriali è favorevole al principio che i luoghi di lavoro devono essere covid-free ma è del tutto evidente che il punto critico sarà la definizione delle sanzioni nei confronti dei lavoratori sprovvisti di green pass. Le imprese non parlano di licenziamenti ma di sospensione senza retribuzione fino alla fine dello stato di emergenza.

L’orientamento del Governo sembra piuttosto chiaro. Sarà la scuola il riferimento anche per il resto del mondo del lavoro. Per la prima volta una parte dei dipendenti pubblici ha minori tutele rispetto a quelli privati. Un elemento destinato a modificare assetti ed equilibri consolidati. Difficile immaginare che il governo si sdoppierà rispetto a quanto disposto come datore di lavoro. La posizione scomoda è quella dei sindacati che hanno dichiarato di essere a favore della vaccinazione (tra i fautori dei vaccini in azienda) ma poi difettano di coerenza. In prospettiva poi c’è un altro tema. E’ scontato che se per entrare in un ristorante al chiuso occorre il green pass anche i lavoratori di quell’attività dovranno averlo. Ma è vero anche il contrario: se i dipendenti di un supermercato dovranno avere l’autorizzazione verde potrebbero pretendere che ne siano provvisti anche i clienti. In quest’ottica il green pass scardina uno dei fondamenti della strategia anti Covid: in economia non esistono attività necessarie e altre superflue.

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