Acqua, dietro la crisi solo investimenti assenti

Il report di Utilitalia parla chiaro: al Centro si spendono 80 euro in meno pro capite per l'acqua rispetto al Nord. Cresce il malumore dei movimenti

Il polverone politico di rigore c’è tutto. Ma si sa, quando si parla di questioni sensibili, come una crisi idrica di una Capitale, bisogna stare attenti a mettere bene a fuoco il problema. E allora tanto vale leggersi un po’ di carte per capire perchè Roma rischia di rimanere senza un goccio d’acqua nei prossimi giorni.

Per esempio leggendosi l’ultimo report di Utilitalia, il Blue Book 2017, in cui l’associazione delle utility italiane, tra cui la romana Acea, traccia un quadro impietoso del sistema idrico nazionale e soprattutto del Centro Italia. Se manca l’acqua non è solo colpa della siccità, ma anche di un’infrastruttura fatiscente su cui è stato fatto poco o nulla

Prendiamo il capitale investito per area geografica, cioè le risorse messe in campo dai diversi gestori idrici per fronteggiare i costi della manutenzione della rete. Al Centro, dove il grosso della rete è gestito da Acea, si spendono 300 euro per ogni abitante, contro i 381 del Nord Ovest. Questo vuol dire che in certe zone d’Italia c’è una rete idrica molto più efficiente rispetto ad altre. Certo, c’è sempre chi fa peggio, come al Sud, dove l’investimento pro-capite per l’acqua è di 152 euro, la metà che al Centro.

Allora forse non è davvero un caso se la stessa Utilitalia dice apertis verbis che per rimettere in sesto la rete idrica nazionale servono non meno di 5 miliardi di euro. Il vero problema, dunque, sono i buchi nelle tubature che costano migliaia di litri al giorno. Utilitalia parla di un tasso di dispersione del 44% solo per la rete a Roma, contro una media nazionale del 40%. Colpa di tubi vecchi di 30-50 anni.

Una situazione che ha fatto infuriare i movimenti per l’acqua, riuniti nel Forum Acqua Pubblica (qui l’intervista di Radiocolonna.it a uno dei responsabili). I quali imputano il potenziale disastro a una gestione discutibile dell’Acea, partecipata al 51% dal Comune. Indiscrezioni raccolte, parlano di un crescente malumore tra gli utenti, con possibili iniziative per la tutela della cittadinanza. Si parla, ancora, di un aumento della presenza della mano pubblica nel capitale.

“La cosiddetta emergenza idrica”, ha spiegato qualche giorno fa il Forum, “è provocata dalla cattiva gestione e dalla privatizzazione ma si continua a far finta di nulla e a insistere su progetti che rischiano di devastare quanto rimane del residuo patrimonio idrico italiano. I dati che stanno circolando sui media in questi giorni (diminuzione della disponibilità d’acqua, crollo delle precipitazioni e delle portate di fiumi e sorgenti, aumento delle temperature medie) fanno emergere in tutta la sua drammatica realtà l’acuirsi di una crisi idrica che viene da lontano”.

“Purtroppo, anche in questa occasione, il dibattito che si è sviluppato nel paese viene piegato agli interessi delle grandi lobby economico-finanziarie che provano così a rilanciare la strategia volta alla definitiva mercificazione del bene acqua e addirittura a mettere sul banco degli imputati i referendum del 2011”.

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