Crisi di Governo: alla politica nostrana piace l’Italietta

La scelta di far cadere l’esecutivo guidato da Draghi rischia di condannare il Paese alla marginalità. La fine anticipata della legislatura danneggia famiglie e imprese.

Alcuni dei durissimi richiami di Mario Draghi alle forze politiche e lo sfarinamento della maggioranza di unità nazionale hanno trovato rapida conferma. Nemmeno il tempo di comunicare le dimissioni irrevocabili al Presidente della Repubblica che la conferenza dei capigruppo della Camera ha deciso che il ddl concorrenza andrà in aula lunedì alla Camera, ma con la soppressione dell’art.10, quello sulla liberalizzazione dei taxi che aveva paralizzato i lavori parlamentari. In quella norma c’è il condensato della politica italiana, l’idea che qualsiasi protesta sia legittima nella forma e nei contenuti.

Una crisi di governo di cui nessuno reclama la paternità, ma che ha molti protagonisti, di cui sono incomprensibili i motivi e ancor più la tempistica. M5S, Lega e Forza Italia hanno bruciato l’italiano più autorevole all’estero, dopo averlo considerato energia indispensabile tanto da non mandarlo al Quirinale per fargli continuare il lavoro a Palazzo Chigi. Da qualche settimana si respirava un nuovo clima, il governo faceva sempre più fatica a far passare i provvedimenti fino al documento presentato da Giuseppe Conte che ha ricevuto immediata risposta da parte della Lega con la richiesta di uno scostamento di bilancio da 30 miliardi.

La fine anticipata della legislatura pone una serie di criticità di ordine politico ed economico sulla base del calendario. Sarà impossibile presentare la legge di bilancio nei termini di legge e quindi approvarla entro fine anno. Altrettanto impossibile che il Parlamento completi una serie di provvedimenti vincolanti alla realizzazione del Pnrr. Impensabile che possa essere varato il nuovo decreto aiuti previsto per fine luglio, e lo sconto sui carburanti scade il 21 agosto. I provvedimenti in fase di conversione saranno approvati senza alcuna modifica per evitare che vengano cancellati. L’intervento sul cuneo fiscale salta, il completamento della riforma del fisco diventa un miraggio.

Draghi premier era una garanzia nei rapporti internazionali

Ma il conto più salato che pagherà l’Italia, le famiglie più fragili e il sistema delle imprese, riguarda il contesto internazionale, e l’inevitabile nuovo corso sullo scacchiere occidentale e nel ridisegno delle istituzioni e dei meccanismi europei.

Draghi premier era una garanzia per l’Italia nei rapporti internazionali, negli equilibri geopolitici. Con la guerra in Ucraina la scelta di campo netta fatta dall’Italia nonostante molti mal di pancia ha significato ridisegnare una leadership europea a tre, Germania, Francia e Italia che ora sarà messa in discussione. Mettere in discussione il sostegno convinto all’Ucraina farebbe mancare un supporto fondamentale alla precaria unità dell’Europa.

L’Italia è il paese in Europa che ha più ridotto l’incidenza dell’import di gas russo e gli ultimi accordi in Algeria hanno rafforzato la richiesta del governo ai partner europei di introdurre un tetto al prezzo del gas. Ora sarà difficile piegare le resistenze tedesche e olandesi in primo luogo.

La Banca centrale europea dopo 11 anni torna ad alzare i tassi di interesse per fronteggiare l’impennata dell’inflazione programmando ulteriori strette nei prossimi mesi. L’aumento del costo del denaro significa un maggior onere a sostegno del debito pubblico. Contestualmente la banca centrale ha varato lo scudo anti-spread per garantire la trasmissione della politica monetaria in modo ordinato in tutti i paesi euro. Ma sarà il consiglio direttivo a decidere modalità di intervento e soprattutto a definire il livello di gravità. E la signora Lagarde non ha mancato di mostrare incertezze e contraddizioni nella guida della BCE. Insomma, come sempre il diavolo si nasconde dei dettagli e i mercati finanziari hanno già preso posizione: testeranno fino a che punto l’Europa è disposta a morire per Roma.

Dopo le elezioni il rischio di una maggioranza propensa a rimettere l’Europa e l’euro sul banco degli imputati

Altro tema trascurato da molte forze politiche, l’avvio a breve del confronto per riformare il patto di stabilità. Serviranno autorevolezza e credibilità per contrastare l’orientamento dei paesi del nord Europa di riproporre il vecchio patto dopo tre anni di sospensione. E se dalle urne uscirà una maggioranza propensa a rimettere l’Europa e l’euro sul banco degli imputati per i mali dell’Italia, la marginalità italiana sarà qualcosa di molto concreto.

La pandemia e poi la guerra hanno evidenziato che le regole europee non funzionano in tempi di crisi. Finora si è sempre deciso di sospenderle piuttosto che riformarle per favorire flessibilità ed efficacia. L’asse Draghi-Macron aveva convinto il cancelliere tedesco a voltare pagina ma ora tutto cambia.

La fine della legislatura all’insegna del populismo-sovranismo lascerà pochi rimpianti ma è una certezza che il provincialismo sarà ancora un tratto distintivo della prossima. Il problema di molti politici italiani è che considerano il mondo come lo spazio all’interno delle mura Aureliane, ignorando che la collocazione internazionale, l’affidabilità e la coerenza sono requisiti minimi per partecipare e incidere sulle scelte strategiche. La credibilità della politica italiana scende al minimo storico e non si scorgono possibilità di recupero.

 

 

 

© StudioColosseo s.r.l. - studiocolosseo@pec.it
Il Sito è iscritto nel Registro della Stampa del Tribunale di Roma n.10/2014 del 13/02/2014