Crisi Sanità: il SSN un ricordo, l’occasione mancata del Pnrr

Il rilancio del Servizio Sanitario Nazionale ha l’urgenza e la priorità di nessun altro progetto. Aumentano le spese, degradano i servizi e aumenta la dipendenza dalle strutture private

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Il Servizio Sanitario Nazionale, SSN, è stato per anni il fiore all’occhiello del nostro welfare rispetto l’assistenza medica fornita dai nostri partners europei e tanto più nei confronti di quella oltreoceano, dove la maggior parte delle prestazioni sanitarie è a pagamento.

Tuttavia negli ultimi due decenni, con la gestione della spesa sanitaria passata in carico alle regioni, il SSN ha cominciato a deteriorarsi, a causa dei cosiddetti tagli lineari per far fronte ai pesanti deficit, dovuti soprattutto a una cattiva amministrazione, caratterizzata da sprechi e inefficienze.

Oggi abbiamo 10.000 posti letto pubblici in meno e una perdita progressiva di alcune decine di migliaia di operatori sanitari fra medici, infermieri, tecnici e amministrativi. Secondo i dati del ministero della Salute nel 2020 sono stati aperti 12 nuovi ospedali (di cui però solo uno nel pubblico) per un totale di 1.004 rispetto ai 992 del 2019. Ciononostante siamo sprofondati ultimi in Europa con 4 posti letto ogni 1000 abitanti.

Riguardo ai tempi di attesa per i ricoveri  il Lazio ha il record peggiore. Tra la visita medica e il trasferimento in un reparto ospedaliero per acuti passano 22 ore contro una media nazionale di 9 ore e mezzo e contro le 8 ore raccomandate dalle linee guida. Per migliorare la situazione il presidente della Regione, Francesco Rocca, ha dovuto rivolgersi ai privati e ‘’affittare’’ 350 posti letto, costati 22 milioni e 900 mila euro.

A fornirli saranno San Raffaele Flaminia, RSA Salus, Clinica Villa Mendicini, Villa Ardeatina, RSA Residenza Olimpia, Cdc Sal Raffaele Rocca di Papa, Casa di Cura Policlinico Italia, Ancelle Francescane del Buon Pastore, Aurelia Hospital, Casa di Cura Villa Fulvia, Casa di Cura Villa Sandra, Sal Raffaele Portuense, IRCC San Raffaele Pisana, Policlinico Luigi di Liegro, INI-Divisione Grottaferrata, San Raffaele Montecompatri.

E più in generale l’affanno degli ospedali laziali lo troviamo anche in altre regioni e stupisce come gli ultimi governi non siano intervenuti,  nonostante che i sondaggi d’opinione indicassero gli investimenti nella sanità una priorità per il 67 per cento degli italiani.

“È paradossale – concludono Tito Boeri e Roberto Perotti l’articolo ‘’Sanità dimenticata’’ sul Corriere della Sera – che dopo aver ricevuto l’enorme somma di 193 miliardi dall’Europa, più 30 miliardi del fondo complementare, ci ritroviamo a parlare della crisi della sanità,  come se quasi niente fosse avvenuto. E invece di avvicinarsi la soluzione si allontana, perché nel frattempo ci siamo accollati altri 123 miliardi di debito”.

Di fatto il Pnrr non ignora completamente la sanità, ma si prevede di spendere su nuovi progetti appena 13 miliardi. Per di più la metà di questi investimenti ricade sulla medicina di prossimità, l’altra metà su apparecchiature diagnostiche e sulla digitalizzazione degli ospedali. Tutte iniziative lodevoli che però non risolvono le maggiori criticità rappresentate dalle strutture e dal personale, che avrebbero richiesto ben più fondi, che si è invece preferito destinare in parte a rivoli di spese inutili e nemmeno lontanamente prioritarie come la sanità.

“I criteri del Pnrr non sono scolpiti nella pietra – rilevano Boeri e Perotti – sono il frutto di un processo negoziale. Ai tempi della progettazione del Pnrr l’Italia avrebbe dovuto dire: abbiamo già il secondo debito pubblico d’Europa, volete farci prendere a prestito altri soldi? Lo facciamo solo se possiamo usarli per risolvere le vere priorità del Paese”.

Purtroppo ciò non è avvenuto e il Servizio Sanitario Nazionale, arrivato a spendere un totale di 170 miliardi, dipenderà sempre più dalla Sanità privata, che copre il 48,6 per cento delle strutture, con un costo sempre più elevato per i cittadini. Secondo la ricerca ‘’Pubblico e Privato nella sanità italiana’’ dell’Università degli Studi di Milano, il SSN fornisce con gestione diretta il 63 per cento dei servizi richiesti, pari a 69,8 miliardi di euro, mentre acquista dal settore privato “accreditato” il restante 37 per cento, che comporta un esborso di 41,5 miliardi. Di questo passo il rapporto rischia di invertirsi e il SSN diventare un ricordo.

 

 

 

 

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