Ecobonus: Meloni-Giorgetti li affossano e sulla crescita incombe l’incertezza

Gettati alle ortiche il meccanismo dello sconto in fattura e l’opzione della cessione del credito, i due potenti strumenti che hanno stimolato gli investimenti di condomini e famiglie

Il governo cancella gli ecobonus. Una decisione a sorpresa come tempistica, non certo nel merito. La premier dal giorno d’insediamento dell’esecutivo ha sposato la linea del ministro dell’economia Giorgetti e cioè smantellare gli incentivi per la riqualificazione del patrimonio immobiliare.
La scelta del Governo è riuscita a scatenare dure prese di posizione dall’intero sistema delle imprese della filiera che conta circa 750mila aziende. Un provvedimento che accontenta solo il mondo delle banche che incassa l’assicurazione giuridica quando opera da cessionario dei crediti fiscali. Per un governo che si è definito “produttivista” e sempre dalla parte delle imprese e contro il mondo della finanza il tasso di coerenza politica è prossimo allo zero.
Il governo ha deciso di gettare alle ortiche il meccanismo dello sconto in fattura e l’opzione della cessione del credito che si sono rivelati due potenti strumenti per stimolare gli investimenti di condomini e famiglie orientati alla riqualificazione energetica degli immobili.

I bonus all’edilizia hanno rappresentato il principale volano della robusta crescita del Pil italiano nel biennio 2021-2022

E’ probabile che l’esecutivo ed i suoi tecnici non abbiano piena contezza sulle conseguenze che provoca il provvedimento. Effetti di natura economica ma anche sociale. I bonus all’edilizia hanno rappresentato il principale volano della robusta crescita del Pil italiano nel biennio 2021-2022. Grazie al meccanismo della cessione del credito gli investimenti attivati nei primi 10 mesi del 2022 hanno superato i 74 miliardi di euro, oltre 50 miliardi in più rispetto al 2019, ultimo anno in cui non era in funzione la cessione del credito. La coppia Meloni-Giorgetti rinuncia quindi a una componente rilevante del Pil. Circa un terzo del recupero dell’economia italiana è stato assicurato dall’edilizia, oltre 33mila nuove imprese nel settore delle costruzioni, quasi 200mila nuovi posti di lavoro. Insomma senza ecobonus i livelli pre-covid sarebbero un miraggio.

La decisione del governo penalizza soprattutto la fascia delle famiglie meno abbienti.

Per l’anno in corso la Commissione europea ha rivisto al rialzo le stime dell’economia italiana allo 0,9%, una dinamica migliore rispetto alle grandi economie europee, ancora grazie a costruzioni, turismo e manifattura orientata all’export.
Dal punto di vista sociale la decisione del governo penalizza soprattutto la fascia delle famiglie meno abbienti. Senza l’opzione della cessione del credito, i proprietari di immobili dovranno pagare per intero i lavori poi recuperare attraverso le detrazioni fiscali. In l’accesso agli incentivi sarà limitato soltanto a chi ha capacità di spesa importanti. In un condominio basterà un incapiente per non realizzare i lavori.
Altra conseguenza negativa è la certa apertura di una stagione di contenziosi sui termini e le tempistiche dell’applicazione delle nuove norme. Chi ha acquistato una caldaia a condensazione ma ancora non è stata emessa la fattura non potrà avere lo sconto del 65%. Gli interventi di ristrutturazione senza obbligo della Cilas ugualmente non potranno accedere al bonus 50%. Una situazione di caos di cui non si avvertiva la necessità. Tanto più che il Governo ha aggravato la situazione dei crediti fiscali incagliati nei cassetti fiscali delle imprese. Impedire agli enti locali di acquistarli equivale a castrare le iniziative di regioni, province e comuni per alleviare almeno parzialmente le situazioni di grave difficoltà per decine di migliaia di imprese.
Sarebbe un grave errore di valutazione se il Governo ipotizzasse che la cancellazione degli ecobonus sarà compensata dagli investimenti pubblici. Non è assolutamente realistico immaginare che le risorse e gli investimenti del Pnrr, per quanto importanti, possano sostituire il venir meno degli investimenti del settore privato. Si tratta di due mercati profondamente diversi e di tipologie di imprese molto diverse.

Mancano orientamenti strategici sulla partita della transizione energetica

La scelta operata dal governo mostra inoltre la mancanza di orientamenti strategici sulla partita della transizione energetica. Gli obiettivi sottoscritti dall’Italia presuppongono un piano articolato e duratura per tagliare i consumi energetici e ridurre la dipendenza dalle fonti fossili. Senza l’impulso offerto dal sistema degli ecobonus sono obiettivi di fatto irraggiungibili.
D’altronde nel governo e nella maggioranza la lettura dello schema di direttiva UE sulla casa è che si tratta di una patrimoniale. Un piano di misure sostenibili per le finanze pubbliche e il mercato con certezza normativa e stabilità nel tempo consentirebbe di realizzare nei prossimi anni interventi su almeno 8 milioni di edifici residenziali che sono nelle ultime classi energetiche con un indubbio miglioramento della qualità delle abitazioni oltre a tagliare i costi energetici delle bollette.
Infine la decisione del governo offre anche una chiave di lettura politica. La nuova maggioranza ha fatto della discontinuità la sua identità. Rispetto all’Europa, ai poteri forti schierandosi al fianco delle imprese e del lavoro. Finora si assiste al tentativo goffo di adattare le politiche del governo Draghi, senza averne la credibilità, la reputazione e soprattutto lo standing.

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