Ecobonus: scomposta ricerca di alternative col tavolo tecnico al Mef

Dopo aver gettato nel caos cittadini e imprese e bloccato la filiera delle costruzioni il governo compie un mezzo passo indietro, ma sull’edilizia incombe la minaccia di una nuova grave crisi

Più che una scelta affrettata come ha detto il presidente di Confindustria Bonomi, il decreto urgente del Governo che paralizza il sistema dei bonus all’edilizia è da catalogare come una decisione improvvisata e pasticciata. Il governo infatti è riuscito nell’impresa, e non era facile, di gettare nel caos totale cittadini e imprese, bloccare la filiera della costruzioni e aggravare le criticità provocate dalla saturazione del mercato dei crediti fiscali.

A rendere il quadro ancor più cupo, la coppia Meloni-Giorgetti ha sbagliato anche sul piano del metodo. Approva in fretta e furia un decreto che va in Gazzetta il giorno successivo senza alcuna consultazione e davanti alle proteste di imprese e proprietari di immobili convoca un vertice con le categorie, dove compie un mezzo passo indietro, riconoscendo l’impatto rilevante del provvedimento e annuncia un tavolo tecnico al MEF per sciogliere i nodi.

 

Tre questioni sul tappeto

 

Le questioni sono sostanzialmente tre: disinnescare la mina dei crediti fiscali incagliati che ingolfano i cassetti fiscali delle imprese, correggere le storture dell’ultimo decreto che mette sullo stesso piano superbonus 110% ei bonus minori, infine procedere al riordino del sistema di incentivi.

Sulla prima la riunione al MEF non ha partorito l’attesa soluzione. E’ molto probabile che la proposta di Abi e Ance di utilizzare gli F24 andrà in porto anche perché da mesi è l’unica soluzione ad essere stata presentata. Ma il MEF intende aspettare il primo marzo, data attesa per i chiarimenti Istat sulla contabilizzazione dei crediti fiscali. Ma se è necessario attendere il pronunciamento dell’Ufficio statistico (che tra l’altro non ha alcun collegamento con i crediti incagliati) perché fare un decreto d’urgenza?

La seconda questione non ha fatto alcun progresso. Il problema è che l’ultimo decreto prevede che per i lavori avviati non scatta la cessione del credito. Per lavori avviati si intende quelli per i quali è stata presentata la Cilas. Ma l’obbligo di certificare la data riguarda solo il 110%. Cosa fare per gli altri? L’autocertificazione del cliente? Ma serve una circolare dell’Agenzia delle Entrate.

Sulla terza questione il vice ministro dell’Economia Maurizio Leo ha annunciato che nella delega fiscale verrà inserito anche il dossier dei bonus edilizi. L’esperienza mostra che per approvare una delega e procedere ai decreti attuativi servono non meno di due anni. Nel frattempo cosa accade?

 

Manca una traccia di programmazione

 

La sensazione è che il governo abbia messo tutto nello stesso frullatore e così facendo non si comprendono le priorità. Ma soprattutto non c’è una visione strategica, manca alcuna traccia di programmazione. Sugli ecobonus il governo Meloni ha replicato lo schema del reddito di cittadinanza: svuotare la misura e prendere tempo per pensare alle alternative. Inoltre emergono clamorose novità sui nemici giurati della maggioranza di destra-centro. I rincari dei carburanti non sono responsabilità della grande speculazione internazionale ma dei gestori. Le crociate contro i poteri forti si sono sciolte come neve al sole. La proposta del’Abi di utilizzare gli F24 per i crediti dei bonus edilizi è un grande affare soprattutto per le banche che hanno acquistato a 90-95 centesimi un credito che ne vale 110 e con la compensazione fiscale mettono al sicuro l’intero profitto.

Le polemiche degli ultimi giorni difettano di un punto fondamentale che ha accompagnato i bonus edilizi con gli ultimi tre governi. Manca completamente la volontà di compiere scelte per rendere sostenibili i bonus, sia per le finanze pubbliche e sia per il mercato. Ma non c’è mai stata analisi d’impatto, ogni bonus e incentivo non è sostenuto da misurazioni sugli effetti che produce. Gli 80 euro di Renzi (che da due anni sono 100) sono costati quasi 100 miliardi ma quali effetti hanno prodotto? Tra coloro che gridano allo scandalo per la generosità del 110%, Renzi e Calenda sono stati principali produttori di incentivi. A parte gli 80 euro, tra le chicche figura l’iperammortamento per investimenti nel digitale. In pratica un’impresa che investe 100 euro ottiene un credito d’imposta di 250 euro. E’ migliorata la digitalizzazione delle imprese, la loro produttività? Non c’è alcun dato a supporto della misura.

 

Il superbonus dovrebbe essere selettivo e privilegiare le case con peggiori classi energetiche

L’errore politico del M5S è stato di trasformare il superbonus (come il reddito di cittadinanza) in un totem identitario che non si può toccare. Il 110% così come concepito pesa molto sui conti pubblici non tanto per la dimensione del beneficio quanto per la sua insensata universalità. Deve essere selettivo, escludendo le seconde case e privilegiando le abitazioni nelle peggiori classi energetiche. Ma i bonus all’edilizia (grazie soprattutto all’opzione della cessione del credito) hanno alimentato quasi 60 miliardi di investimenti aggiunti. E senza le risorse mobilitate 10 punti di Pil in due anni, 350mila nuovi posti di lavoro sarebbero stati semplicemente irrealistici.

L’Italia ha sottoscritto ambiziosi obiettivi per la transizione green. Come intende procedere il governo per raggiungere nel 2050 il target di emissioni zero considerato che le abitazioni sono responsabili per il 35% dei consumi energetici e per il 39% delle emissioni? Obiettivi che non ci impone l’Europa, ce lo chiedono i nostri figli.  

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