Economia: Italia verso crescita zero, Meloni-Giorgetti scoprono l’austerità

Il costo del debito pubblico aumenta e tra due anni la spesa per interessi raggiungerà quella per la sanità.

“Sul debito pubblico è suonata la sveglia” è stato l’ennesimo monito del ministro dell’Economia Giorgetti alla Giornata mondiale del risparmio. L’esponente leghista è ormai a suo agio con i riferimenti alla prudenza e all’austerità fiscale. Con l’avallo della premier ha impresso una svolta a 180 gradi a una maggioranza di governo che ha vinto le elezioni poco più di un anno fa facendo promesse da marinaio su pensioni e tasse.

Non perde occasione, l’inquilino di Via XX Settembre, di bacchettare le forze politiche e sociali, colpevoli di non vedere la pericolosità del debito pubblico, miopi davanti ai rischi che corre l’Italia sui mercati finanziari dove l’anno prossimo Giorgetti dovrà collocare oltre 400 miliardi di euro di titoli di Stato.

Il tandem Meloni-Giorgetti per fortuna ha riposto nel cassetto i propositi bellicosi di scardinare l’Europa e le sue regole fiscali. Una specie di folgorazione sulla via di Damasco per forze politiche che soltanto cinque anni fa consideravano l’euro la madre di tutti i mali dell’Italia e annunciavano la probabile uscita dalla gabbia infernale della moneta unica. Uno dei principali ingredienti del sovranismo in salsa italiana è stato cancellato. E’ un bene per il paese che il governo agisca con senso di responsabilità, senza vendere illusioni che poi pagano i cittadini più vulnerabili. Tra qualche giorno cadrà anche l’ultimo simbolo dell’antieuropeismo monetario della maggioranza di destra centro con la ratifica del parlamento del MES, il trattato che Meloni e la Lega avevano promesso solennemente di non firmare.

Manca una strategia ci si affida al galleggiamento

La sincerità del ministro Giorgetti sullo stato di salute dei conti pubblici e il realismo politico scoperto dalla premier sarebbero buone notizie ma in realtà trasmettono la sensazione di un governo che si muove su un terreno sconosciuto. Manca una strategia, ci si affida al galleggiamento, al giorno per giorno. Sul MES ad esempio l’esecutivo ha cambiato idea. Non è più in discussione il se ratificarlo ma il come. Palazzo Chigi invoca una modifica del patto di stabilità europeo ma non ha presentato alcuna proposta organica. Si è limitato a riproporre l’idea di Tremonti ministro del 2011, escludere la spesa pubblica per investimenti dal calcolo del deficit.

La proposta presentata dalla Commissione UE è sostanzialmente quella tedesca e fortuna per l’Italia e il resto dell’area euro che il socialdemocratico Olaf Scholz non abbia dato ascolto ai falchi tedeschi. La pandemia e poi la guerra in Ucraina hanno evidenziato che quelle regole non funzionano, così invece di sospenderle nelle emergenze è molto meglio disegnarne di nuove, flessibili e adattabili alle specifiche esigenze di ogni paese partner.

Il governo gode ancora di un rilevante consenso, grazie anche a un’opposizione frastagliata che vive alla giornata, capace di compattarsi solo sul salario minimo, e di andare in ordine sparso e con idee spesso confuse su tutto il resto a partire dalla guerra in Ucraina e dalla tragedia a Gaza.

L’economia in costante peggioramento

E tuttavia sul piano interno il posizionamento e il senso di marcia della maggioranza fanno più fatica. L’economia è in costante peggioramento ma il sincero Giorgetti non ne fa menzione. Dall’inizio del 2020 al primo trimestre dell’anno in corso l’Italia ha registrato una performance del Pil sempre migliore rispetto a Germania e Francia. Dal secondo trimestre il vento è cambiato ma soprattutto la frenata italiana è piuttosto brusca. L’unico a non vederla è proprio Giorgetti che ha scritto una legge di bilancio indicando una crescita del Pil all’1,2% per il 2024, mentre nella Nadef a settembre scriveva 1%. Nel terzo trimestre il Pil è stato invariato (in crescita in Germania, Francia e Spagna) mentre il governo contava su una accelerazione grazie al turismo estivo e al rimbalzo del manifatturiero.

L’esecutivo sfoggia ottimismo, ma l’1,2% di crescita appare lontano. La Commissione europea nelle ultime previsioni ha tagliato le stime di tutta l’area euro e per l’Italia indica un +0,7%. Tasso di crescita allo 0,7-0,8% è anche la previsione della Banca d’Italia e del Fondo Monetario Internazionale. Anche l’Ufficio Parlamentare di Bilancio stima un Pil allo 0,8% per l’anno prossimo sull’assunto che verranno spese in modo efficiente e tempestivamente le risorse del Pnrr, e che Germania e Cina torneranno a ritmi di crescita vicini al potenziale.

Più pessimisti in Confindustria con una stima di appena lo 0,5% e con rischi al ribasso a causa del quadro internazionale. I prezzi energetici non sono destinati a scendere in modo consistente, i tassi di interesse resteranno elevati e per l’Italia è una pessima notizia. Gli effetti sono ben evidenti, c’è un crollo dei prestiti bancari a imprese e famiglie, il costo del debito pubblici aumenta e tra due anni la spesa per interessi raggiungerà quella per la sanità.

La legge di bilancio è stata blindata umiliando le prerogative del Parlamento ma senza offrire risposte per ridurre il debito e per favorire la crescita. È un governo che incarna l’aforisma di Alcide De Gasperi: “Gli statistici pensano alle prossime generazioni, i politici alle prossime elezioni”.

 

 

 

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