Anche in questa campagna elettorale il fisco si conferma uno dei capitoli con propositi poco realistici rispettando il detto che “promettere non costa nulla”. In tutti i programmi elettorali ad esempio figura la cancellazione integrale dell’Irap, ma nessuno indica come finanziare la misura che finanzia parte del servizio sanitario e costa quasi 14 miliardi di euro l’anno.
Con l’eccezione del M5S tutti prospettano una riduzione della tassazione Irpef ma con diverse modalità. La più dettagliata è quella di Azione di Carlo Calenda e quella più costosa è della Lega che tuttavia è diversa rispetto alla proposta della coalizione di centrodestra. La Lega propone la flat tax in tre fasi. La prima è innalzare a 100mila euro da 65mila il tetto per il regime forfettario, poi estenderla anche ai lavori dipendenti e infine regime di tassazione proporzionale a tutti i redditi.
La proposta della Lega non indica come finanziare la riduzione dell’Irpef
La proposta della Lega tuttavia non indica come finanziare la riforma e come superare il vincolo costituzionale della progressività dell’imposta sul reddito. Non è chiaro se la flat tax porterebbe a cancellare la no tax area che oggi è fino a 12mila euro per i dipendenti e pensionati e 5mila per gli autonomi. Il partito di Salvini propone inoltre l’abbattimento dell’Iva sui beni di prima necessità che deve essere ben coordinato con la direttiva comunitaria dell’imposta sul valore aggiunto che prevede un elenco dettagliato di beni e servizi sui quali intervenire, al massimo, con due aliquote ridotte. Compare puntuale la pace fiscale che per i proponenti del centrodestra non è un condono. Ma per non essere un condono le ipotesi di saldo e stralcio e rottamazione cartelle dovrebbero essere strettamente agganciate alla oggettiva situazione di difficoltà dell’impresa, esercizio piuttosto complicato da realizzare.
Per il PD detassare gli oneri di valenza sociale dalla sanità alle spese scolastiche
Il PD di Enrico Letta indica la necessità di ridurre il carico dell’Irpef a partire dai redditi medi e bassi ma senza entrare nei dettagli. Interessante invece la proposta di trasformare le detrazioni fiscali per oneri di valenza sociale (spese sanitarie, scolastiche, ecc.) in erogazioni dirette ai contribuenti. Questa operazione metterebbe sullo stesso piano anche i contribuenti incapienti di qualsiasi categoria, dipendenti, autonomi e pensionati. Nel programma del PD c’è anche la lotta all’evasione fiscale attraverso la riforma della riscossione, l’incrocio delle banche dati, estensione della tracciabilità dei pagamenti. Molto facile a parole ma l’esperienza recente ha dimostrato la difficoltà a realizzarlo in concreto.
M5S punta sul taglio del cuneo fiscale, da Calenda detassazione totale per i giovani
Il M5S punta sul taglio del cuneo fiscale per aumentare il netto in busta paga dei lavoratori senza aumentare gli oneri a carico delle imprese. Anche in questo caso non è specificata l’entità della misura e come finanziarla. Un taglio del cuneo intorno ai 10 punti costerebbe oltre 20 miliardi di euro. Il movimento guidato da Giuseppe Conte non propone sanatorie e condoni ma indica la necessità di una maxi-rateizzazione dei debiti fiscali accumulati da imprese in difficoltà. Inoltre Conte propone il cashback fiscale, un meccanismo che permetta l’immediato accredito su conto corrente delle spese detraibili sostenute con strumenti elettronici.
Calenda e Renzi invece hanno presentato una proposta molto dettagliata di riforma dell’Irpef anche se sorgono alcuni interrogativi senza risposta. Ad esempio come coniugare la maxi deduzione per individuare un minimo di reddito esente con l’idea di unificare le detrazioni fiscali da lavoro (12mila per i dipendenti e 5mila per gli autonomi). Nella proposta una detassazione straordinaria per il solo 2022 di una mensilità extra (fino a 2.200 euro) che le imprese potranno erogare ai propri dipendenti. Calenda inoltre propone la detassazione totale del reddito per i giovani sotto i 25 anni e del 50% fino a 29 anni.
Piani ambiziosi da un minimo di 30 miliardi a un massimo di 80, ma nessuna proposta per un fisco più equo e semplice
Nel complesso tutti i principali candidati alle elezioni annunciano programmi di riforma del fisco e consistenti tagli alle tasse. Come finanziarli non è dato sapere anche se in ogni caso si tratta di piani ambiziosi, da un minimo di 35 miliardi fino a oltre 80 miliardi. Cifre incompatibili con il bilancio pubblico tanto più se chi andrà al governo dovrà prorogare per almeno 5-6 mesi le misure per contenere il caro-bollette (da 14 a 16 miliardi a trimestre). Ma non c’è campagna elettorale senza grandi promesse di tagliare le tasse. Una riduzione del carico fiscale è sempre auspicabile ma nel caso italiano prima di ridurre il peso del fisco sarebbe opportuno procedere ad affermare alcuni principi di equità. Ancora oggi la tassazione non è in funzione dell’ammontare del reddito ma della natura del contribuente. A parità di imponibile lavoratore dipendente, autonomo e pensionato sono soggetti a tassazione diverse. Sui redditi bassi sono favoriti gli autonomi e su quelli medio alti i dipendenti. Nei programmi c’è un generico riferimento alla semplificazione ma la realtà è che il fisco continua ad essere complesse e complicato, le banche dati della pubblica amministrazione non dialogano tra loro, la stabilità delle norme è spesso una chimera. E forse i cittadini sarebbero già soddisfatti di avere a che fare con un fisco almeno equo e semplice.