Governo Meloni: critiche a Banca d’Italia e Bce, ma senza screditarle

L’esecutivo innervosito dai rilievi sulla legge di bilancio e dalla politica monetaria per contenere l’inflazione che colpisce l’Italia. Tuttavia le due istituzioni rappresentano poteri autonomi che non devono rispondere ai governi.

Nelle ultime settimane autorevoli esponenti del governo di destra-centro hanno preso di mira la Banca d’Italia e la BCE rinnovando una evidente allergia delle destre occidentali nei confronti dei guardiani della moneta.

Anche se la premier Giorgia Meloni indossa i panni del pompiere, le critiche a Via Nazionale e all’Eurotower sono piuttosto pesanti. I rilievi di Bankitalia alla legge di bilancio hanno innervosito l’esecutivo e i leader della maggioranza, mentre gli orientamenti di politica monetaria della BCE hanno fatto riemergere schemi da complotto per colpire l’Italia.

La questione non è nuova ma non per questo è meno allarmante. E’ fisiologico che tra governi e banche centrali ci siano frizioni e una certa dialettica. La ragione è che non perseguono necessariamente gli stessi obiettivi, anzi spesso sono su sponde opposte. Accade negli Stati Uniti (George Bush lamentò di aver perso contro Bill Clinton a causa del rialzo dei tassi da parte della Federal Reserve), in Francia e negli altri principali paesi europei. Soltanto in Germania la Bundesbank gode di assoluto prestigio presso la politica e l’opinione pubblica.

Le banche centrali non sono infallibili, anzi la storia degli ultimi 15 anni dimostra che gli errori sono stati molteplici. Ma mettere in discussione il ruolo, la funzione e soprattutto l’autonomia delle istituzioni monetarie significa in qualche modo picconare l’architettura costituzionali delle democrazie occidentali.

Funzione della Banche Centrali è vigilare sulla stabilità dei prezzi

Anche nel combattere l’impennata dell’inflazione, la BCE di Madame Lagarde non ha brillato per efficacia e tempestività delle decisioni. Eppure i livelli record dell’inflazione, sconosciuti alle ultime due generazioni, hanno fatto riscoprire la funzione primaria delle banche centrali. Il mandato della BCE o della Federal Reserve è perseguire la stabilità dei prezzi, disponendo di vari strumenti. Il principale è la leva dei tassi di interesse.

Le banche centrali governano l’economia variando i tassi di interesse. Sono come il guidatore che manovra la propria auto utilizzando in modo sapiente acceleratore e freno.  Se arriva troppo veloce nei pressi di una curva dovrà fare una frenata più pesante per non andare fuori strada. Alla Banca Centrale Europea è accaduto qualcosa di simile. Ha alzato in ritardo i tassi e pertanto ha dovuto procedere con una stretta più vigorosa.

Si può osservare che gli aumenti del costo del denaro non hanno raffreddato i prezzi. La spiegazione è che in genere le variazioni dei tassi si riflettono pienamente sull’economia dopo circa nove mesi. E qui le cose si fanno più complicate rispetto alla guida dell’auto, anche fosse una Formula 1, perché quando accelera o frena l’effetto è immediato.

Un’altra difficoltà per le banche centrali è che l’inflazione tende a essere molto persistente. Un po’ come i virus che non uccidono ma sono difficili da eliminare. Quando l’inflazione si alza per sua natura tende a restare alta. La ragione è che l’inflazione si alimenta di due fattori, salari e aspettative, che non sono sotto il controllo delle banche centrali.

A livello teorico il compito delle banche centrali non sembra poi così difficile come guidare un bolide di Formula 1. Il pilota deve vincere andando il più veloce possibile e superare tutti i concorrenti. La banca centrale invece deve preoccuparsi soltanto di non mandare l’economia fuori strada. Ma per combattere l’inflazione non deve frenare troppo altrimenti l’economia si ferma ed entra in recessione (un virus aggressivo ma facile da curare) oppure, nello scenario peggiore, scivola nella stagflazione (recessione più inflazione, un virus letale e molto resistente alle cure).

Difficile modulare il livello dei tassi d’interesse senza frenare l’economia

La soluzione è quella che gli economisti chiamano “tasso di neutralità”. La banca centrale deve cioè calcolare un livello dei tassi di interesse tale che non provoca la frenata dell’economia e al tempo stesso non alimenta la crescita dei prezzi al consumo. Il problema è che nessuno oggi è in grado di dire quale sia il tasso neutrale. E’ come l’ago in un pagliaio, sappiamo che è lì ma trovarlo è praticamente impossibile.

Tuttavia se alle oggettive difficoltà dell’economia, le banche centrali ci mettono anche del loro con decisioni bizzarre allora è come se il pilota di Formula 1 guidasse bendato.

E la Banca centrale europea ha adottato un approccio cosiddetto discrezionale. In sostanza ha annunciato che combatterà l’inflazione ma volutamente non ha detto quanto intensa sarà la frenata e per quanto tempo. Usando ancora le quattroruote come metafora, la Banca centrale europea si sta comportando come quel guidatore che chiede soccorso ma si rifiuta di indicare la sua posizione. Con buona pace delle regole della buona politica monetaria.

Criticare la BCE pertanto è legittimo. Ma le critiche che arrivano dal Governo Meloni non riguardano la sostanza della politica monetaria, mirano a screditare l’istituzione. La BCE ha un mandato da rispettare che è stato approvato da tutti i parlamenti dei paesi che aderiscono all’euro. E’ pericoloso criticare la BCE o la Banca d’Italia motivando che sono istituzioni autoreferenziali che non hanno mandato popolare. E’ qui la vera diversità della destra. Ignora che nelle democrazie moderne esistono poteri autonomi che non devono rispondere al governo. La Corte costituzionale, le autorità di regolazione indipendenti, le istituzioni monetarie e la magistratura servono ad evitare le derive sudamericane degli anni ’70. Vincere le elezioni legittima a governare il Paese, ma democrazia e potere assoluto non sono compatibili.

© StudioColosseo s.r.l. - studiocolosseo@pec.it
Il Sito è iscritto nel Registro della Stampa del Tribunale di Roma n.10/2014 del 13/02/2014