Governo: su migranti e inverno demografico incivile propaganda

Riguardo a immigrazione, lavoro, sicurezza, natalità, scongiurare la sostituzione etnica, annunciare misure spot per rivitalizzare il tasso di natalità, sono solo strumenti di distrazione di massa.

Se la lotta contro i cambiamenti climatici si gioca a livello globale, l’inverno demografico interessa soltanto alcuni paesi europei e l’Italia è tra i più esposti. Il nostro Paese è chiamato pertanto ad affrontare un fenomenosenza poter contare su una strategia sovranazionale, ma mettendo in campo politiche mirate di lungo termine. Ed è qui che emergono tutti i limiti e le contraddizioni della politica italiana. Passano i governi e le maggioranze ma non trova soluzione l’equazione i cui termini sono immigrazione, lavoro, sicurezza, natalità.

Gli orientamenti politici non sono determinati da analisi e scelte responsabili ma sono il riflesso di una propaganda spicciola, che nelle ultime settimane sta toccando vette insospettabili. Scongiurare la sostituzione etnica, decretare lo stato di emergenza, annunciare misure spot per rivitalizzare il tasso di natalità, nella migliore delle ipotesi sono strumenti di distrazione di massa.

 

Lo slogan ‘’è colpa degli altri’’ non regge

 

Il Governo Meloni è arrivato da pochi mesi, ma lo slogan è colpa degli altri che c’erano prima non regge. I flussi migratori sono ancora regolati da una legge che porta il nome Bossi-Fini e che si avvia a compiere i 30 anni senza essere mai stata modificata, adeguata a un contesto che si è trasformato rapidamente. Basti pensare che a metà degli anni ’90 la popolazione straniera in Italia oscillava intorno a 1,5 milioni e oggi supera i 5 milioni. Non solo, ma sono stati due governi di centrodestra a guida Berlusconi, e quello tecnico di Mario Monti a fare tre sanatorie per un totale di oltre un milione di persone immigrate, di cui circa 700mila badanti. La parte di elettorato più intransigente sull’immigrazione al tempo stesso è quella che più beneficia del lavoro extracomunitario, dalle colf agli operai nelle fabbriche del Nord-Est.

La ragione è che la politica (soprattutto a destra ma anche la sinistra non è innocente) ha sempre mescolato immigrazione e sicurezza. I flussi migratori si gestiscono con politiche specifiche e auspicabilmente condivise a livello europeo, la sicurezza riguarda esclusivamente il tema dell’ordine pubblico, quindi forze dell’ordine e magistratura. Gli immigrati che bivaccano sul lungomare di Sanremo, le baraccopoli abusive dei braccianti irregolari nel Sud chiamano in causa la capacità dello Stato di far rispettare norme e leggi. Così come la stretta sui flussi fa lievitare l’immigrazione clandestina e scoraggia quella regolare.

 

Le politiche migratorie dovrebbero essere ispirate a pragmatismo. Favorire la natalità richiede tempi lunghi.

 

Le responsabilità delle istituzioni europee sono gravi e macroscopiche ma negli ultimi 20 anni tutti i governi italiani hanno sistematicamente ignorato le norme sui riconoscimenti con l’unico effetto di far lievitare i clandestini. Le politiche migratorie dovrebbero essere ispirate a un sano pragmatismo e invece continua a prevalere l’approccio ideologico e propagandistico. Gli interessi del Paese sotto il profilo economico e demografico sono puntualmente calpestati e trascurati.

L’ultima fotografia dell’Italia dovrebbe far scattare l’allarme. L’anno scorso meno di 400mila nascite e oltre 600mila decessi. Il 23% della popolazione è over 65 e senza interventi nel 2050 arriverà al 45%.

Favorire la natalità è una priorità ma richiede tempi lungi e politiche adeguate. Non è tagliando l’Irpef a chi mette al mondo almeno due figli che risolve l’emergenza demografica. Così come non si stimola l’occupazione con gli sgravi fiscali a termine.

E una nascita oggi diventa forza lavoro tra almeno un ventennio. E’ evidente che l’Italia abbia bisogno rapidamente di aumentare la popolazione residente. Al click day del 27 marzo (uno strumento mutuato dalla lotteria) a fronte degli 82mila ingressi consentiti le domande presentate dagli imprenditori hanno superato 250mila. Il meccanismo risale addirittura alla legge Turco-Napolitano, precedente la Bossi-Fini. Gli unici criteri sono quello cronologico della domanda e una burocrazia opprimente. Inoltre la domanda viene presentata da un’impresa che non ha mai visto il lavoratore. Di fatto una sanatoria mascherata.

 

Il sistema produttivo necessita di un milione di posti di lavoro, ma non basta rivolgersi all’universo femminile

Il sistema produttivo italiano lamenta oltre un milione di posti di lavoro che non riesce a coprire. La premier ha corretto la sua ministra del lavoro Marina Calderone che ha parlato di nuovi decreti flussi. La carenza di personale non ha bisogno di nuovi immigrati, è sufficiente sfruttare quell’immenso serbatoio rappresentato dall’universo femminile. Dal 2010 a oggi il tasso di occupazione femminile è salito di appena un punto e mezzo percentuale al 51,9%. Per rispondere alle esigenze delle imprese l’occupazione delle donne in un anno dovrebbe salire di 10 punti percentuali. Più che improbabile è impossibile, nonostante la disoccupazione femminile tra i giovani sia al 33% contro il 27% dei ragazzi.

C’è poi il tema senza risposta delle politiche attive del lavoro. La forte domanda di lavoro incide solo marginalmente sul tasso di disoccupazione che continua a oscillare intorno all’8%, ben oltre la media europea con l’aggravante che i posti vacanti in Italia (posizioni che non trovano occupati) sono percentualmente oltre il 2,5% rispetto al 2,1% della media europea. E’ una coincidenza che squilibri peggiori si registrano solo in Ungheria e Polonia, paesi con economie poco brillanti ma con politiche migratorie più rigide dell’Italia?

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