Ipab, il M5S affonda il riassetto degli istituti del Lazio

Stop della commissione alla Regione Lazio alla riorganizzazione degli enti, che dovevano essere ridotti a 13. Decisivo il no dei consiglieri grillini

Nicola Zingaretti (Foto Omniroma)

Ipab, tutto da rifare. Dopo sei sedute in commissione Affari Costituzionali alla Regione Lazio,  tramonta definitivamente la proposta di riordino delle Istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza (Ipab) avanzata dalla Giunta regionale del Lazio per ridurre il numero degli enti da 57 a 13, riorganizzando una piccola galassia proprietaria di quasi 1.500 immobili, molti dei quali anche fuori dal Lazio.

In queste settimane le opposizioni hanno fatto muro in commissione contro il provvedimento presentato dall’assessore regionale alle politiche sociali, sport e sicurezza, Rita Visini, nonostante la proposta di stralciare dal provvedimento la parte delle depubblicizzazioni e andare avanti solo con fusioni e incorporazioni.

I consiglieri del Movimento 5 stelle, Valentina Corrado e Gianluca Perilli, hanno ribadito che per loro il riordino delle Ipab può avvenire solo con una legge regionale e non con un provvedimento amministrativo. Preso atto della impossibilità di ricevere un parere ampiamente condiviso in commissione, l’assessore Visini ha quindi annunciato il ritiro dello schema di deliberazione. Del resto, l’assessore lo aveva già dichiarato nelle precedenti sedute che senza una larga maggioranza non avrebbe inteso “fare forzature contro il parere della commissione”.

Già nella scorsa seduta si era registrata una prima battuta d’arresto in commissione. La commissione Affari istituzionali del Consiglio regionale del Lazio, presieduta da Fabio Bellini, aveva infatti rinviato ancora l’esame della proposta di Giunta, dopo che i consiglieri di opposizione avevano ribadito di voler affrontare il tema solo con una legge di sistema, come già espresso nella precedente seduta.

Negli ultimi mesi alcuni Ipab, come il Sant’Alessio per i ciechi, hanno messo a gara il proprio patrimonio per affidarlo ad una sgr in grado di valorizzarlo, utilizzando poi i proventi per risanare bilanci spesso in rosso. Nel caso del Sant’Alessio, il cui mattone vale su per giù 220 milioni, il grosso del mattone è stato fatto confluire in un fondo gestito dalla romana Sorgente sgr.

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