Legge bilancio: ‘’privatizza’’ i costi dei disastri naturali ed è generoso verso le assicurazioni

Meloni e il ministro Giorgetti varano una polizza obbligatoria per le imprese (tutte senza esclusioni) contro i rischi catastrofali, ma nella norma ci sono molte zone grige

Il governo Meloni mostra una certa allergia nei confronti della transizione green. Non è apertamente contrario ma non perde occasione, in parlamento e in Europa, di rallentare il processo di decarbonizzazione. Del resto In Europa si trova in buona compagnia. Infatti le forze politiche di destra sono nettamente contrarie alla direttiva casa e stanno cercando di annacquare e rinviare nel tempo lo stop ai motori a combustione degli autoveicoli. Le motivazioni del governo italiano sono che la transizione costa molto e non si può scaricare sui cittadini. E poi il fenomeno dei cambiamenti climatici non è strettamente legato alle attività umane.

Insomma, gli allarmi quotidiani sul surriscaldamento terrestre che arrivano da scienziati e istituzioni sovranazionali non sono da prendere troppo sul serio. Anche se dal terremoto del 2009 a L’Aquila, all’alluvione delle settimane scorse in Toscana il conto dei danni delle calamità naturali ha superato i 50 miliardi di euro.

Inoltre il governo non sta brillando per efficienza e tempistiche sull’alluvione che la primavera scorsa ha colpito l’Emilia Romagna e ora ci sono i danni in Toscana. Ecco allora che Meloni e il ministro Giorgetti elaborano la grande idea: introdurre una polizza obbligatoria per le imprese (tutte senza esclusioni) contro i rischi catastrofali. La norma è nella legge di bilancio e prevede che la polizza dovrà coprire i rischi di alluvione, terremoti, frane, esondazioni e inondazioni(nelle prime bozze c’erano anche le eruzioni vulcaniche poi cancellate).

 

Chi non si assicura sarà escluso da qualsiasi contributo statale

 

Gli italiani, cittadini e imprese, sono piuttosto restii alle polizze contro le calamità naturali, forse anche per qualche responsabilità delle compagnie e di polizze piuttosto complesse e poco trasparenti. Diffondere la cultura e la pratica di assicurarsi contro le calamità è un obiettivo condivisibile sul quale coinvolgere imprese, cittadini, compagnie assicurative e autorità di settore.

Il governo invece ha preferito l’opzione decisionista inserendo l’obbligo per le imprese. Non sottoscrivere la polizza ha effetti pesanti. In caso di danneggiamenti, l’impresa non riceverà eventuali indennizzi, ma sarà esclusa anche da qualsiasi contributo, agevolazione e incentivo pubblico. Obbligo anche per le assicurazioni, in caso di rifiuto dovranno pagare una sanzione da 200mila fino a un milione di euro.

Le polizze potranno prevedere una franchigia fino al 15% (se i danni accertati ammontano a 100mila euro, 15 mila sono a carico dell’assicurato) e i premi saranno proporzionali al rischio. Schema identico all’obbligo della RC Auto.

Come spesso accade il governo fa i conti senza l’oste. A parte la questione dell’obbligatorietà, la polizza su immobili, terreni e beni strumentali delle imprese è molto più complicata rispetto all’auto oltre al fatto che oggi sul mercato non esiste una polizza di questo tipo. Tutte le coperture infatti escludono i danni provocati da frane, pertanto le compagnie dovranno inserirla con l’effetto di far salire il premio. Nei comuni più a rischio calamità le polizze arrivano a costare 1.300 euro l’anno ogni 100mila euro assicurati.

 

In cambio dell’obbligo di polizza da parte delle Compagnie lo Stato si farà carico, attraverso la Sace, del 50% degli indennizzi

 

Il mercato dei premi per questo settore vale 3,2 miliardi l’anno ma circa la metà riguardano le polizze contro gli incendi. Si può stimare che le imprese coperte contro i rischi catastrofali sfiorano il 20% del totale. Con l’obbligo il volume dei premi salirà almeno di tre volte. Per lo Stato sarebbe un bell’introito. Su ogni polizza contro le calamità naturali e incendi si paga il 22,5% di imposte (le polizze sulle abitazioni private invece non pagano tasse).

Il governo tuttavia non si tira fuori completamente. In cambio dell’obbligo di polizza lo Stato si farà carico, attraverso la Sace, del 50% degli indennizzi con un tetto di 5 miliardi l’anno per il prossimo triennio.

Questo in realtà appare come un vero e proprio regalo alle compagnie che incassano i premi delle polizze sulla base del valore assicurato e del rischio ma poi in caso di risarcimento dovranno far fronte a meno della metà del risarcimento grazie allo Stato e alla franchigia. L’intervento dello Stato invece dovrebbe scattare, al limite, per compensare eventuali perdite delle compagnie non per partecipare a pagare gli indennizzi.

Se lo Stato contribuisce agli indennizzi fino al 50%, il costo delle polizze dovrebbe essere dimezzato ma non sarà così. Altra zona grigia della norma è la mancanza di chiarezza sul valore assicurato delle imprese. I beni assicurabili sono immobili, terreni e beni strumentali, quindi macchinari. Ma le merci contenute sono assicurabili? Le auto all’interno di un’autofficina? La lista degli interrogativi è lunga. Ad esempio cosa accade al negozio danneggiato che fa parte di un edificio residenziale non assicurato? Il valore assicurato deve corrispondere al 100%? I costi per le polizze in che misura sono deducibili?

Domande che al momento non trovano risposte. A pensar male si può osservare che il governo ha deciso di privatizzare le catastrofi naturali, mentre tarda adimpegnarsi per la messa in sicurezza del territorio.

 

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