Morti sul lavoro: la guerra dimenticata dai governi

Tante le cause degli incidenti nelle fabbriche, nei cantieri e nei campi, trascurati dagli esecutivi. Fondamentali regole e comportamenti per mantenere alta l’attenzione sulla sicurezza

A livello nazionale sono 1041 (89 nel Lazio) le denunce di incidenti mortali sul posto di lavoro, nelle fabbriche, nei cantieri, nei campi, lungo le strade, arrivate all’Inail, Istituto nazionale Assicurazione Infortuni sul Lavoro, in tutto il 2023. Quasi 3 morti al giorno: come una guerra, che però nessuno riconosce, se non quando succedono tragedie.

A Firenze all’inizio della scorsa settimana un crollo nel corso della costruzione di un supermercato ha causato ben cinque vittime, che hanno suscitato la solita sequela di commenti di sindacati e di politici. Stavolta il principale colpevole viene indicato nel nuovo sistema del subappalto a cascata, per cogliere il massimo ribasso che spesso corrisponde al minimo di sicurezza. “Non ci può essere sicurezza sul lavoro se l’obbiettivo primario è la riduzione del costo del lavoro e se il lavoro deve costare il meno possibile. Le colpe? Di tutti i governi”. Rileva il filosofo e politico Massimo Cacciari.

Infatti ci sono problemi, come appunto le morti sul lavoro, che si trascinano di governo in governo senza che nessun esecutivo si decida ad affrontarli in modo efficace. Chiedete cosa è cambiato ad Antonio, Angelo, Roberto, Bruno, Rocco, Rosario, Giuseppe martoriati dal fuoco della ThyssenKrupp in un maledetto turno di notte tra il 6 e il 7 dicembre 2007… scrive Massimo Giannini su ‘’La Repubblica’’ in un forte commento dal titolo ‘’Chi a tradito il lavoro ’’. Chiedetelo – aggiunge- anche a Marco, Bobo, Filippo venuti giù da una gru a Torino, devastata dai centomila ponteggi del bonus facciate, in un’alba dannata del 18 dicembre 2021. E ancora, chiedetelo a Machael, Giò, Saverio, Beppe, Kevin maciullati da un locomotore a Brandizzo, mentre manutenevano i binari in una sera nera del 31 agosto 2023.

Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, sottolinea che la sicurezza non è un costo, ma è un dovere, e che non si fa  abbastanza. “Morire in fabbrica, nei campi – afferma nella Giornata Nazionale per le vittime del lavoro –  è uno scandalo inaccettabile per un Paese Civile, un fardello  insopportabile per le nostre coscienze”.

C’è chi sollecita più ispezioni e ispettori, che sono solo 200 per controllare tutto il territorio nazionale, nonché una stretta delle sanzioni che devono diventare penali. Facciamo mille cose – sostengono però fonti aziendali –  abbiamo incrementato le attività di formazione, abbiamo rinnovato le tecnologie delle dotazioni Dpi, Dispositivi protezione individuale, ma i risultati non arrivano.

Dopo tutte queste morti il problema di base sembra sia quello di non riuscire a incidere sui comportamenti delle persone, dalla violazione consapevole delle norme di sicurezza, talvolta anche in buona fede, alla distrazione e spesso alla eccessiva confidenza con le procedure, che incentiva ad abbassare la guardia.

Per mantenere una coscienza lucida dei pericoli che circondano il lavoro in un’azienda vengono proposti dei break formativi, ossia dei brevi appuntamenti, massimo di venti minuti, con focus specifici su determinati elementi, passaggi e attività.

Infatti la migliore arma per diminuire il trend di morti bianche è tenere sempre alta l’attenzione da parte delle aziende e dei lavoratori. Ma ciò non assolve nessun governo di ieri, e tanto meno quello di oggi, dall’introdurre nel sistema economico provvedimenti che aumentino controlli e pene da infliggere a chi non segua le regole sulla sicurezza del lavoro, che sono poi un dovere, come ricorda sempre il Presidente Mattarella.

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