Il caso / partecipate, quella riforma per Roma sparita nel nulla

Sul riassetto della pertecipate pensato dall'ex assessore Colomban è calato il silenzio. Ma il vero colpo di grazie è arrivato dal Parlamento

Il Papa arriva in Campidoglio
Campidoglio

Era e ed è l’eredità dell’ex assessore Massimo Colomban. Quella riforma delle partecipate che avrebbe dovuto far risparmiare al Campidoglio-azionista tra gli 80 e i 100 milioni all’anno, grazie alla cura dimagrante allestita da Colomban in merito alle società del Comue, quasi tutte notoriamente in perdita.

Era il settembre del 2017: da una parte le cessioni, con l’obiettivo di fare un po’ di cassa, dall’altro la messa in liquidazione degli asset. A regime le società in pancia al Comune dovrebbero scendere dalle trenta attuali a circa 11, facendo rimanere in piedi le municipalizzate considerate strategiche, con le forbici concentrate invece seconde linee. Poi, il silenzio.

L’amministrazione a Cinque Stelle sembra aver lasciato cadere  il tutto nel vuoto, facendo calare sulla riforma targata Colomban un velo grigio. Il colpo di grazia è arrivato nei giorni scorsi con la decisione della Commissione Affari costituzionali del Senato, che ha approvato un emendamento della Lega che rinvia di un anno, al 2019, il taglio delle società partecipate pubbliche.

Per l’ex ministro Pd della Funzione pubblica, Marianna Madia, la modifica affossa di fatto la riduzione delle società pubbliche in rosso o non utili sancita da una legge varata nella scorsa legislatura. L’emendamento rinvia al settembre 2019, da settembre 2018, il termine entro il quale le amministrazioni pubbliche dovranno dismettere le spa giudicate inutili o in perdita. La riforma Madia puntava a ridurre le partecipate pubbliche, stimate in circa 8.000

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