Recessione alle porte: urge taglio bollette selettivo e investimenti

Per l’anno prossimo la mano pubblica dovrà riuscire a spendere gli oltre 40 miliardi secondo la programmazione del Pnrr

I venti della recessione soffiano sull’economia mondiale.Le recenti revisioni delle stime da parte dell’Ocse e del Fondo Monetario indicano che la gelata è in arrivo, anzi in alcune zone del mondo è già realtà come gli Stati Uniti che viaggiano a un ritmo che è un terzo rispetto a quello dell’area euro e l’anno prossimo segneranno una crescita intorno allo 0,5%.

La Cina sperimenterà nel 2023 la minor crescita degli ultimi 40 anni. Caro energia e spirale inflazionistica sono le cause che stanno provocando l’arresto dell’economia e i paesi più dipendenti dal gas in Europa presentano i numeri peggiori. Maglia nera la Germania per la quale si profila un 2023 in recessione mentre sull’Italia le stime divergono. Il FMI prevede una modesta recessione dello 0,2% mentre l’Ocse mantiene il segno più (+0,4%), in linea con le stime di Bankitalia (+0,3%) e del Governo Draghi allo 0,6%.

Sullo scenario cupo pesano poi le incertezze relativamente alle politiche monetarie per contrastare livelli di inflazione che non si vedevano da 40 anni. Il rialzo dei tassi da parte della Bce era ampiamente scontato, ma quanto saliranno e per quanto tempo sono due temi cruciali sui quali la risposta della banca centrale è stata piuttosto ambigua. Il motivo è che siamo su un terreno inesplorato, confermato dalla decisione della stessa Bce di abbandonare la forward guidance(indicazioni prospettiche sulla politica della Bce) che per anni ha consentito agli operatori di comprendere gli orientamenti della politica monetaria.

 

Le ragioni che alimentano il clima recessivo sono di natura esogena

 

L’Italia affronta la nuova crisi con storiche debolezze ma anche con alcune qualità. Intanto per la prima volta da oltre 20 anni il recupero del Pil dopo una crisi è stato superiore alla media europea. Per l’anno in corso la crescita dell’Italia sarà intorno al 3,5%, quasi tre volte quella tedesca.

Il brusco rallentamento dell’anno prossimo avrà una serie di conseguenze. Le principali saranno una contrazione dei consumi, la compressione del potere d’acquisto dovuta all’inflazione, un aumento del costo del debito pubblico, possibili tensioni nel difficile equilibrio tra adeguamento delle retribuzioni e necessità competitive delle imprese.

La declinazione della congiuntura sull’Italia e l’Europa evidenzia che le ragioni che alimentano il clima recessivo sono di natura esogena. Se non si può intervenire sulle cause si devono adottare misure e strumenti per contrastarne gli effetti negativi.

Il nuovo governo dovrà agire rapidamente e la strada appare obbligata. Per contrastare le tendenze negative dell’economia è necessario attivare una serie di politiche mirate a calmierare il peso del caro bollette e stimolare gli investimenti, pubblici e privati.

 

Fondamentale anche un’azione di stimolo degli investimenti privati, ma occorre mettere ordine nel sistema degli incentivi

 

Nell’anno in corso gli interventi contro il caro energia hanno impegnato 57 miliardi ed è molto probabile che serviranno maggiori risorse per il 2023. Un intervento assolutamente necessario per non pregiudicare ulteriormente le prospettive. Sarebbe utile anche abbandonare un approccio universale e introdurre una certa selettività. Non tutte le 30 milioni di famiglie e quasi 5 milioni di imprese hanno bisogno di sussidi per non finire in povertà o per evitare il fallimento.

Per contrastare le spinte recessive è di fondamentale importanza utilizzare la leva degli investimenti. Per l’anno prossimo la mano pubblica dovrà riuscire a spendere gli oltre 40 miliardi secondo la programmazione del Pnrr. Impresa difficile ma necessaria per alimentare i consumi intermedi. Lo storico degli ultimi 30 anni mostra la stretta correlazione tra andamento del Pil e volumi di spesa pubblica per investimenti. La crescita zero tra il 2000 e il 2018 è soprattutto l’effetto del brusco taglio agli investimenti dello Stato.

Altrettanto fondamentale è l’azione di stimolo sugli investimenti privati. Il piano impresa 4.0 e gli ecobonus hanno dimostrato di essere uno strumento efficace di volano della domanda e con un notevole effetto leva. Al tempo stesso è necessario rivedere e mettere ordine ad un sistema di incentivi pletorico, spesso inefficiente e con modalità che somigliano sempre più a una lotteria (il click day ne è la massima espressione).

 

Superbonus al 70-75 % per condomini con classe energetica più bassa

 

I bonus per l’edilizia sono il principale traino alla crescita del 2022. Soltanto il Superbonus 110% ha attivato cantieri per 35 miliardi di euro tra gennaio e settembre. E’ tuttavia necessario mettervi ordine affinché sia sostenibile per le finanze pubbliche e non provochi distorsioni sul mercato.

Certezza normativa e stabilità nel tempo sono i requisiti indispensabili per l’efficacia dello strumento che deve avere una prospettiva di medio-lungo termine. In tale prospettiva uniformare l’entità degli incentivi, abbassando il 110% al 70-75%, privilegiando i condomini con classe energetica più bassa, può rappresentare il giusto equilibrio tra le esigenze di finanza pubblica e l’importanza di sostenere un settore ad elevato effetto leva (1 euro investito nelle costruzioni ne attiva altri 3).

Le priorità sono ben chiare, e soprattutto gli spazi piuttosto stretti offerti dai conti pubblici. Interventi per allentare i vincoli della Fornero sulle pensioni, tagli delle tasse sembrano impraticabili. Sarà assai complicato per la nuova maggioranza abbandonare la linea Draghi che hanno avversato.

© StudioColosseo s.r.l. - studiocolosseo@pec.it
Il Sito è iscritto nel Registro della Stampa del Tribunale di Roma n.10/2014 del 13/02/2014